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Immagine di Metroid Prime 4: Beyond è un ritorno che merita? | Recensione
Recensione

Metroid Prime 4: Beyond è un ritorno che merita? | Recensione

Metroid Prime 4: Beyond segna, finalmente, il ritorno della serie dopo ben otto anni dal primo annuncio: ecco la nostra recensione.

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Avatar di Giulia Serena

a cura di Giulia Serena

Editor @Tom's Hardware Italia

Pubblicato il 02/12/2025 alle 16:00
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In questo articolo
  • Un nuovo mondo, una vecchia ossessione
  • Viewros: un deserto che non mantiene le promesse
  • Un finale che tira un po’ troppo la corda
  • Una Samus più accessibile, ma meno spietata
  • Tra due console, con stile
  • Un grande Prime con qualche granello di sabbia di troppo
In questo articolo
  • Un nuovo mondo, una vecchia ossessione
  • Viewros: un deserto che non mantiene le promesse
  • Un finale che tira un po’ troppo la corda
  • Una Samus più accessibile, ma meno spietata
  • Tra due console, con stile
  • Un grande Prime con qualche granello di sabbia di troppo
  • Un nuovo mondo, una vecchia ossessione
  • Viewros: un deserto che non mantiene le promesse
  • Un finale che tira un po’ troppo la corda
  • Una Samus più accessibile, ma meno spietata
  • Tra due console, con stile
  • Un grande Prime con qualche granello di sabbia di troppo
  • Pro
    • Esplorazione, enigmi e combattimento perfettamente integrati
    • Dungeon eccellenti: i migliori mai progettati da Retro Studios, ricchi di idee e sorprese
    • Nuovi poteri psichici riusciti
    • Performance solide su Switch 2
  • Contro
    • Hub desertico poco ispirato
    • Backtracking appesantito dall’assenza del viaggio rapido
    • Finale diluito oltre il necessario
    • Difficoltà meno severa rispetto ai precedenti Prime

Il verdetto di Tom's Hardware

8.5
Dopo un’attesa quasi ventennale e uno sviluppo travagliato, Metroid Prime 4: Beyond segna il ritorno di Samus Aran nel formato che l’ha resa un’icona: il metroidvania in prima persona. Retro Studios riprende gli elementi che hanno definito la trilogia originale e li affina con nuove idee — dai poteri psichici Lamorn ai dungeon più ambiziosi mai realizzati dal team — senza snaturare il DNA della serie. 

Il risultato è un gioco profondo, elegante e fedele alla tradizione, capace di alternare esplorazione, puzzle ambientali e combattimenti ragionati con un ritmo quasi sempre eccellente. I problemi emergono solo quando l’avventura si apre al deserto di Viewros: un hub vasto ma vuoto, appesantito da lunghi spostamenti con Vi.O.La. e da un backtracking meno fluido del previsto. Anche l’ultimo atto si dilunga più del necessario. 

Tolti questi granelli di sabbia, Beyond è un Metroid Prime in piena regola: atmosferico, intenso, ripagante. Non rivoluziona, ma riafferma con forza perché la saga è rimasta nel cuore dei giocatori per quasi quarant’anni.

Informazioni sul prodotto

Quando si parla di attese infinite, Metroid Prime 4: Beyond ha riscritto il manuale. Diciotto anni trascorsi dall’ultimo capitolo numerato della serie Prime, otto anni dal primo annuncio e una produzione che ha cambiato squadra in corsa, con un passaggio di consegne poco elegante da Bandai Namco a Retro Studios, di nuovo al timone dopo la trilogia originale. Tutto lasciava presagire il classico “sviluppo infernale” destinato a chiudersi in un mezzo disastro.

E invece no: contro ogni pronostico, Metroid Prime 4: Beyond non è solo un ritorno dignitoso, ma un nuovo episodio all’altezza del mito. Non perfetto, non rivoluzionario, ma capace di riportare Samus Aran al centro della scena con una sicurezza che pochi avrebbero osato pronosticare. La domanda vera, però, è un’altra: un “semplice” grande Metroid Prime può ancora dire la sua in un panorama dominato da open world giganteschi e da FPS iper-cinetici? Ragioniamoci nel corso di questa recensione.

Un nuovo mondo, una vecchia ossessione

La buona notizia è che non serve essere "laureati" in lore di Metroid per seguire la trama di Beyond: conoscere la trilogia precedente aiuta a cogliere rimandi e citazioni, ma Retro Studios costruisce un canovaccio abbastanza autonomo da reggere sulle proprie gambe.

Al centro della storia troviamo Sylux, figura che i fan più attenti conoscono da tempo ma che solo ora assume un ruolo davvero centrale. Comparso prima in Metroid Prime: Hunters e poi in qualche scena segreta, è sempre rimasto sospeso tra mito e retroscena. Beyond finalmente lo mette in primo piano: un cacciatore di taglie ossessionato da Samus e dalla Federazione, deciso a mettere le mani su un antico manufatto custodito in una base federale.

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L’attacco alla struttura, il tentativo di Samus di fermarlo e l’inevitabile incidente portano tutti su un pianeta nuovo di zecca, Viewros, un luogo ostile e segnato da un passato misterioso. Tradizione vuole che, a seguito del disastro, la tuta della protagonista subisca danni pesanti, costringendola a ricostruire il proprio arsenale da zero. Questa volta, però, non è del tutto sola: sopravvissuti della Federazione e membri della popolazione Lamorn diventano alleati chiave.

Proprio i Lamorn introducono la novità più interessante a livello di fiction e di gameplay: poteri psichici che permettono a Samus di interagire con la loro antica tecnologia, manipolare oggetti a distanza, svelare glifi invisibili e “sentire” il pianeta in modi inediti. È un elemento che dà colore al worldbuilding e si intreccia con naturalezza alla struttura da metroidvania della serie Prime.

Narrativamente, Beyond segue una costruzione classica: prologo introduttivo corposo, lunga parte centrale di esplorazione e approfondimento dei personaggi, finale che alza il tiro e prova a mettere un punto a una trama in sospeso da anni. Il problema non è tanto ciò che viene raccontato, quanto come viene distribuito nel tempo: a un certo punto, il ritmo subisce un calo evidente, e la colpa è da imputare a una scelta strutturale ben precisa.

Viewros: un deserto che non mantiene le promesse

Prima o poi, qualcuno in Retro Studios ha deciso che era arrivato il momento di “aprire” Metroid Prime. Non trasformandolo in un open world, ma inserendo una grande area centrale esplorabile liberamente, da cui si diramano le zone principali – i “dungeon”, per capirci. Sulla carta, un’ottima idea: un hub che offre libertà di approccio, segreti nascosti tra le dune, percorsi alternativi per raggiungere i biomi più ostili.

Nella pratica, il deserto di Viewros è il punto più debole dell’intero gioco. È ampio, sì, ma è anche estremamente vuoto: pochi nemici non particolarmente minacciosi, una manciata di segreti che, per altro, finiscono quasi tutti per essere obbligatori ai fini della progressione, e lunghi tratti in cui non succede praticamente nulla.

A movimentare gli spostamenti c’è Vi.O.La., la moto di Samus, introdotta dopo le prime ore di gioco. La sensazione alla guida è piacevole, alcune sequenze scriptate legate al mezzo sono spettacolari e danno quel sapore da “space western” che calza benissimo al personaggio... ma tutto ciò non basta a mascherare il fatto che il deserto funzioni più da corridoio allungato che da vero campo di gioco.

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Il problema esplode quando si somma questa struttura alla natura stessa della serie Prime. Perché Metroid Prime 4: Beyond è ancora, prima di tutto, un metroidvania. Ci sono porte che si aprono solo dopo aver ottenuto un potenziamento specifico, passaggi da rivisitare una volta sbloccata la giusta abilità, aree che nascondono upgrade fondamentali. Il backtracking è parte integrante del DNA della saga.

Ora immaginate di dover tornare più volte negli stessi luoghi, attraversando ogni volta chilometri di sabbia con pochissimo da fare lungo il tragitto, senza un sistema vero di viaggio rapido e con alcune zone della piana rese artificiosamente più lunghe da rilievi insormontabili per Vi.O.La., che costringono a deviazioni inutili. Il risultato è che, proprio quando la curva di potenziamento di Samus dovrebbe spingere il giocatore a sperimentare, il ritmo si affloscia in scampagnate desertiche che danno poco in cambio del tempo speso.

A questo si aggiungono le brevi sequenze di raccordo ogni volta che si entra o si esce da un bioma principale: piccole cinematiche pensate per mascherare i caricamenti, comprensibili in ottica cross-gen, ma che, sommate al resto, contribuiscono a spezzare la fluidità dell’esperienza.

Un finale che tira un po’ troppo la corda

Il deserto non è l’unico punto in cui l’equilibrio complessivo scricchiola: anche l’ultimo atto della campagna soffre di un’estensione eccessiva, come se Retro Studios avesse avuto il terrore di consegnare un gioco troppo “breve” per gli standard moderni.

La parte conclusiva introduce una serie di sezioni aggiuntive che, pur non essendo inutili, danno spesso l’impressione di allungare una storia che avrebbe potuto chiudersi in maniera più compatta e incisiva. L’epilogo vero e proprio, paradossalmente, arriva fin troppo in fretta rispetto a quanto lo precede.

"Beyond non si piega alle regole degli shooter moderni"

Non siamo di fronte a un disastro, è bene sottolinearlo: chi ama Metroid Prime avrà comunque pane per i suoi denti. Ma resta la sensazione che qualche taglio mirato avrebbe giovato alla tensione narrativa e al coinvolgimento emotivo.

Tolti di mezzo i problemi di ritmo, quello che resta è un Metroid Prime nel senso più puro del termine. Beyond non si piega alle regole degli shooter moderni: non è un FPS classico, ma un metroidvania in prima persona in cui esplorazione, enigmi e combattimenti hanno peso paritario.

Lo scanner della tuta di Samus è ancora il vostro migliore amico: ogni stanza, ogni struttura aliena, ogni creatura rappresentano un potenziale tassello di lore o un indizio per capire come procedere. Retro Studios ribadisce la filosofia dell’“ambiente che racconta”, in cui testi e descrizioni completano ciò che il level design suggerisce visivamente.

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I dungeon veri e propri sono poi il punto in cui Beyond brilla senza riserve: strutture complesse, backtracking interno intelligente, puzzle che sfruttano la fisica, l’uso creativo degli elementi e la sinergia tra armi e poteri. I nuovi poteri psichici concessi dai Lamorn sono perfettamente integrati: permettono di muovere piattaforme, attivare meccanismi a distanza, interagire con elementi invisibili a occhio nudo. In battaglia, lo stesso “lasso” di energia utile a manipolare oggetti diventa un modo per strappare scudi ai nemici o controllare brevemente alcuni dispositivi a proprio vantaggio.

I boss sono, in gran parte, riusciti: scontri che richiedono di osservare pattern, identificare punti deboli con lo scanner e capire quale combinazione di armamenti e poteri usare per aprirsi uno spiraglio. Niente bullet sponge senza cervello, ma duelli costruiti intorno alle regole specifiche del mondo di Metroid.

Una Samus più accessibile, ma meno spietata

C’è, però, un aspetto che potrebbe dividere i fan storici: il livello di difficoltà e il grado di “smarrimento” consentito al giocatore. La trilogia originale di Prime non aveva paura di lasciarvi vagare senza indicazioni troppo esplicite, costringendovi a rileggere la mappa e interpretare gli indizi raccolti. Beyond, complice anche la presenza di comprimari più presenti, è più indulgente.

Non è un gioco lineare, ma fornisce spesso suggerimenti chiari su dove dirigersi, riducendo i momenti in cui ci si sente davvero persi su un pianeta ostile. Allo stesso modo, la curva di difficoltà è meno aspra: alcuni scontri verso la fine pretendono attenzione e una buona gestione delle risorse, ma nel complesso siamo lontani dalla severità dei primi tre Prime.

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La presenza di alleati che affiancano Samus in alcune sezioni di combattimento contribuisce a questa sensazione: non si tratta di una rivoluzione del gameplay, dato che sono più un supporto temporaneo che altro, e possono essere rianimati senza troppi problemi, ma è un’altra spia di un gioco costruito per essere più accessibile rispetto al passato.

Tra due console, con stile

Dal punto di vista tecnico, Metroid Prime 4: Beyond porta chiaramente i segni di una produzione nata su Nintendo Switch e poi “potenziata” per Switch 2. Ed è proprio questa sua natura ibrida a permettergli di offrire oggi performance granitiche sulla nuova console.

In modalità Qualità il gioco si assesta sui 60 fotogrammi al secondo con risoluzione upscalata che arriva al 4K, mentre la modalità Prestazioni punta ai 120 fps a 1080p. Considerato il ritmo meno frenetico rispetto a uno shooter competitivo, la prima opzione è quella che rende maggiormente giustizia al lavoro di Retro Studios.

A livello puramente estetico, Beyond è quasi sempre convincente. I modelli di Samus e delle creature sono dettagliati, le animazioni curate e le ambientazioni – soprattutto gli interni dei dungeon e i biomi più estremi di Viewros – traboccano di piccoli particolari che rendono credibile l’ecosistema alieno. Il deserto centrale, al confronto, appare inevitabilmente più piatto, non solo in termini ludici ma anche visivi.

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Per nascondere i caricamenti, il gioco ricorre a vari stratagemmi: ascensori, brevi tunnel, cinematiche di passaggio tra un’area e l’altra. Non sono soluzioni eleganti quanto quelle viste in produzioni più recenti su hardware più potente, ma funzionano e non spezzano mai davvero l’immersione.

Infine, il comparto audio è all’altezza del nome Metroid: musiche che alternano minimalismo inquietante e momenti più marcatamente epici, effetti sonori chirurgici e un doppiaggio in inglese di ottima qualità, accompagnato da sottotitoli in italiano ben tradotti. L’unica scelta discutibile è quella di mantenere Samus completamente muta anche in contesti in cui è circondata da personaggi loquaci, giacché in più di una scena dà l’impressione di essere fredda o distante non per caratterizzazione, ma per un limite autoimposto.

Un grande Prime con qualche granello di sabbia di troppo

Metroid Prime 4: Beyond è, nel complesso, il ritorno che la serie meritava. È fedele alla propria identità, rifiuta di trasformarsi in qualcosa che non è e al tempo stesso introduce abbastanza novità da non sembrare un riscaldamento del passato. Quando si muove negli spazi chiusi, tra corridoi alieni, enigmi ingegnosi e boss fight studiate al millimetro, raggiunge vette che ricordano perché la saga Prime sia considerata un punto di riferimento.

Il tallone d’Achille è rappresentato da un’idea affascinante ma poco centrata: il deserto di Viewros come hub esplorabile e la moto Vi.O.La. come simbolo di una libertà che, alla prova dei fatti, non porta quasi mai a scoperte significative. A questo si sommano alcune diluizioni nel finale che allungano il brodo oltre il necessario.

Difetti reali, ma non abbastanza da oscurare il valore dell’opera. Beyond non è il Metroid che reinventa tutto, ma è quello che dimostra come, anche dopo diciotto anni di silenzio, la formula Prime sappia ancora parlare al presente. E finché Samus continuerà a esplorare mondi ostili con questo carisma e questa cura, l’attesa – per quanto lunga – continuerà a valerne la pena.

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