Immagine di Mosaic | Recensione, il grigiore da diradare
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Mosaic | Recensione, il grigiore da diradare

Mosaic è un gioco indipendente ambientato in una distopia fin troppo realistica, dove il lavoro e il grigiore delle metropoli la fanno da padroni.

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a cura di Alessandro Palladino

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Parlare di Mosaic è un compito che potrebbe essere definito sia difficile che familiare allo stesso tempo. Un binomio assurdo, ma che ha perfettamente senso quando parliamo di una produzione indipendente che rappresenta in maniere fin troppo vicine il mondo dell’oggi: quel marasma di grattacieli, cellulari e corse al lavoro. Non c’è divertimento in Mosaic nonostante si chiami gioco, ma di fatto quello che rappresenta è tutt’altro che qualcosa che si può prendere come una semplice partita. Il lavoro di Krillbite è più speranza che altro, una chiamata alla ragione collettiva persa in una routine robotica che procede di giorno in giorno senza mai porsi dubbi su quello che si sta facendo.

Routine ormai automatica per molte persone sul pianeta, quella che inizia con la sveglia del cellulare al mattino presto. Ma noi non abbiamo un puntatore del mouse che ci trascina fuori dal letto come il protagonista del gioco, un impiegato come tanti senza alcuna caratteristica distintiva. Si veste, sistema la cravatta, i capelli e si lava i denti. Lancia un’occhiata di sdegno alle bollette sul tavolo, si rifiuta di aprire la propria casella di posta e si reca a lavoro per ottenere quel minimo indispensabile per vivere a cavallo dei debiti contratti dai beni necessari per la sopravvivenza. Per qualcuno questa storia potrebbe suonare già familiare, ma c’è di più.

Mosaic non si accontenta di tirare fuori un racconto intimo, ma fa parlare anche l’ambiente che ormai circonda gli snodi centrali del mondo. Grattacieli, cantieri, ruspe e operai tirano su megalopoli d’acciaio abbattendo spazi verdi e ingrigendo il panorama, creando l’ideale percorso privo di distrazioni che altrimenti intaccherebbero la produttività dei dipendenti. Noi siamo una delle uniche anomalie rimaste nel misterioso ingranaggio del sistema, una di quelle ancora dotate degli occhi per vedere ciò che ci circonda.

Ma anche avendo questa capacità viviamo al limite, ci accontentiamo di guardare una farfalla che svolazza tra le scintille dei trapani e vederla dissolversi nei fumi industriali. Cerchiamo ogni pretesto per evadere dalla normalità che attanaglia il mondo, nonostante ogni singola pausa fuori dalla routine venga severamente punita con dei richiami per i ritardi, trasformati nel licenziamento alla fine di countdown telematico.

Nel gioco di Krillbite non si fa altro che vivere, camminare e lavorare, dove la parte ludica è asservita alla fatturazione della corporazione in cui siamo assunti. Dobbiamo generare risorse e raggiungere gli obiettivi giornalieri prestabiliti dall’azienda, un po’ come accade in alcune realtà odierne. Per farlo però dovremo semplicemente creare una sorta di alveare di condotti dove far passare le risorse, intervallati da occasionali ostacoli e disturbi colorati che non dovrebbero esserci nella serietà dell’ufficio. In ogni caso, questa sarà l’unica occasione per il giocatore di dimostrare la propria abilità, oltre alla possibilità di cimentarsi nel clicker BlipBlop di quando in quando.

Il resto del tempo di Mosaic è tremendamente riflessivo, pesante e allegorico. I suoi messaggi più importanti sono presentati in metafore e inquadrature particolari, utilizzando i colori e i suoni per toccare le corde emotive, ma anche logiche, del giocatore. Uno dei momenti che più danno l’idea di quanto Mosaic sfrutti tutti i suoi aspetti è quando ci si mette davanti allo specchio per sistemarsi e andare a lavorare.

Un’azione semplice come lavarsi i denti diventa un momento in cui il protagonista sente tutto il peso della vita che gli sta scivolando via dalle mani, si china per sciacquarsi la faccia ma fa fatica a tornare con la schiena dritta, mentre la telecamera stringe sul suo volto e un suono cupo si fa sempre più intenso sul fondo. Momenti come questi rappresentano la duplice essenza di Mosaic, il quale calca sul negativo per esaltare equamente i momenti positivi che si incontrano in tutte le giornate, se si vuole seguire i colori.

È come se Krillbite avesse messo su un’orchestra senza strumenti, nella quale i movimenti si alternano in tutte le melodie possibili dello spettro musicale. In un momento ci troviamo in uno scenario elettrico e senza via d’uscita, così claustrofobico da poter far sembrare fragile chiunque lo abiti, fino a quando il tono non cambia e passiamo in una fenditura nella recinzione di un cantiere, trovando un uomo in un parco che suona del blues tutto solo, danzando con i colori che lo circondano allegri. Ma anche nelle migliori sinfonie c’è la possibilità di stonare una nota e Mosaic ne sbaglia decisamente qualcuna.

Il valore artistico del gioco è messo in prima posizione su tutto, dimostrandosi a volte radicalmente ermetico nel voler concentrarsi più sull’immagine che nelle loro spiegazioni. La forza allegorica funziona fino a un certo punto, ovvero quando nelle fasi finali del gioco sembra come se quest’ultimo volesse raccontare molto di più e non potesse farlo per evitare di esplicitarsi troppo, risultando in una conclusione sicuramente d’impatto, ma eccessivamente veloce nell’esecuzione. Lo stesso può essere detto dei vari elementi che si incontrano lungo il viaggio: sempre messi da parte, come contorni che non inficeranno mai e poi mai l’andatura della storia o lo stile di vita del protagonista.

Mosaic quindi perde un po’ di occasioni per dire ancora di più ed essere tendenzialmente più gradevole da giocare, sacrificando il fattore rigiocabilità e la longevità per dare al giocatore concisi messaggi dall’enorme espressione socio-culturale. La cronaca di una vita sul baratro in una distopia del lavoro tremendamente plausibile è però il punto per cui Mosaic deve essere giocato almeno una volta, giusto per ricordarci che ogni tanto dovremmo prenderci una pausa e pensare a noi stessi, al mondo che ci circonda e alle passioni più umane, accettando i rischi dell’esclusione dal sistema. Del resto non siamo fatti di numeri, traguardi e pagamenti, nonostante ogni giorno diamo il massimo per convertirci a mere percentuali.

Voto Recensione di Mosaic - PC


7

Voto Finale

Il Verdetto di Tom's Hardware

Pro

  • - Estremamente d'impatto

  • - Visionario sia nella gestione del suono che negli scenari

  • - Trama molto intima, riflessiva

Contro

  • - Decisamente corto

  • - Ludicamente carente

Commento

Mosaic è un gioco profondo e visionario, come un buon quadro in una mostra d’arte virtuale. Questo significa che la giocabilità è ridotta all’osso e dove c’è non è sempre piacevole, ma del resto la parte ludica è legata al lavoro e non deve per forza essere gradevole. Il lavoro di Krillbite è estremamente concentrato e diretto, il che è una divisione tra amore e odio a seconda della propria soggettività e immedesimazione nel contesto del gioco. A prescindere da tutto però, il valore morale e sociale di Mosaic merita da solo l’acquisto, anche solo per fermarsi a riflettere su dove sta andando la vita umana.

Informazioni sul prodotto

Immagine di Mosaic - PC

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