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a cura di Andrea Riviera

Managing Editor

Siete soli, feriti, senza acqua né cibo; il mondo intorno a voi sta decadendo tra sofferenza e morte, voi potete decidere se morire con lui o provare a sopravvivere con le forze che vi sono rimaste. Esistono survival game che hanno provato e provano ancora oggi ad avvicinarsi ad un realismo che non sfoci nella frustrazione, State of Decay è un chiaro esempio di piena riuscita nell'intento, presentandosi come un prodotto punitivo, ma mai avvilente per il giocatore.

Eppure se ne parla poco, nonostante le più di due milioni di copie vendute. Incredibile considerando che l'ideatore è Jeff Strain, conosciuto dai più come il co-creatore di un certo World of Warcraft, quindi non sicuramente l'ultimo arrivato nel genere open world. Non tutti, perciò, conoscono questo incredibile survival che in un certo modo è riuscito a portare tanta originalità  e tanta aria fresca in un mercato che proprio in quell'anno vedeva l'arrivo di Minecraft. State of Decay nel 2011 è stata una scommessa vinta da Undead Labs e da Microsoft, la quale è stata l'unica a credere in questa proprietà intellettuale e a portarla in esclusiva su Xbox360 e PC Steam. 

L'ideatore è Jeff Strain, conosciuto dai più come il co-creatore di un certo World of Warcraft

La domanda è: cosa aveva di particolare ? Perché viene, ancora oggi, tanto apprezzato da chi lo ha giocato? Non è il solito zombie game? La risposta è semplice: no, non lo è, è molto di più.

Storia di una società

State of Decay mischiava diversi generi funzionando in maniera egregia, spaziava infatti dal gestionale, all'action, allo stealth fino addirittura a qualche elemento da gioco di ruolo. Un titolo completo che nonostante il budget ridotto, riusciva a essere più profondo di quanto si pensi. La prima cosa da tenere a mente era l'umanità, si perché non c'è maniera più bella di esprimere questo concetto: la vita è una sola, se si muore è finita per il nostro personaggio, l'unica cosa fattibile era quindi selezionare un altro membro della nostra comunità e recuperare l'equipaggiamento lasciato a terra. La morte è un concetto che nei videogiochi è atipico, non è molto approfondita o presa in considerazione in maniera decisa, se non in qualche esperienza gestionale come The Sims, dove i familiari rimanevano tristi e amareggiati per la perdita di un proprio caro. Proprio la tematica della dipartita era fondamentale in State of Decay, poiché la scomparsa di un personaggio influiva su tutto il gruppo, portando depressione, paura e alcune volte, persino la pazzia. Cresceva, di conseguenza, la possibilità di assistere a suicidi, omicidi e riflessioni di compagni pronti ad andarsene dal rifugio alla prima occasione. Spettava a noi cercare di migliorare la situazione, preparando banchetti di qualità, riempiendo l'armeria di armi e chiacchierano, quando era possibile, con i nostri compagni.

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Gli zombie non erano assolutamente l'unico pericolo da affrontare. Le malattie, ad esempio, potevano essere letali se non affrontate in tempo e in ogni caso mettevano ko i nostri elementi per lunghi periodi, impedendo di difendere il perimetro del rifugio o di cercare risorse preziose nei paraggi. Si dice che i piccoli dettagli fanno la differenza, ed è vero, ogni componente della communità aveva un background, una storia passata che indicava lo stato lavorativo prima dell'epidemia, in poche parole ognuno aveva a disposizione una caratteristica unica utile per la causa. C'era chi era medico, chi un militare adatto alle armi, chi un poliziotto e così via. Chiaro che un ex marine migliorava più velocemente nell'uso delle armi o dell'atletica, mentre un medico aveva maggior possibilità di cercare oggetti in giro e di curare più velocemente le persone.

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Anche potenziare i rifugi non era affatto semplice. Ognuno offriva la possibilità di costruire determinate stanze all'interno, ma per ovvie ragioni non erano tutte costruibili, quindi, bisognava fare una scelta su cosa poter erigere e cosa no. Più letti? Una clinica? Oppure un piccolo orto per il cibo? La scelta era solo nostra, ma avrebbe influito negativamente su certi aspetti complessivi di tutta la compagine.

La legge della sopravvivenza

Il mondo di State of Decay è un luogo costantemente insicuro, pieno di pericoli, in cui lo stealth e la calma sono le armi migliori per riuscire a uscirne vivi. Nel primo capitolo era impossibile pensare di armarsi e uccidere orde di zombie come in un normale Dead Rising, il rumore attirava più creature, costringendo il giocatore a esplorare le case e i magazzini con dovuta cautela, senza fretta, cercando di non farsi individuare. Anche andare in giro in auto, per quanto potesse essere più veloce, era un  pessimo metodo per farsi scoprire immediatamente dai nemici circostanti. In situazione critiche non si poteva fare altro che sparare, ma attenzione, cercando sempre di mirare alla testa. Le munizioni erano oro, una risorsa rara da trovare e costosissima da produrre, senza considerare il fatto che ogni arma possedeva proiettili di calibro diverso.

SOD1Come in ogni apocalisse zombie, bisogna sempre cercare di aiutarsi gli uni con gli altri. Per questo motivo, Undead Labs decise di inserire anche altri gruppi di sopravvissuti con cui poter commerciare o collaborare. Peccato solo che, a differenza del classico The Walking Dead, non potevamo eliminarli per rubargli tutto ciò che avevano faticosamente raccolto.Una scelta morale che avrebbe pessato positivamente sull'economia di gioco, rendendolo più vario e profondo di quanto già lo fosse.

Una vera esperienza survival

State of Decay è stato un prodotto incredibile, soprattutto considerando il budget risicato di Undead Labs per poterlo sviluppare. Non avremmo mai creduto di trovarci davanti a un videogioco da meccaniche survival così profonde e ben curate; il coraggio di presentare un'esperienza free roaming con permadeath è ancora oggi uno dei più grandi meriti del team di Seattle. Di una cosa siamo sicuri: il primo State of Decay è riuscito dove altri survival hanno fallito, entrando di diritto nella storia come uno dei migliori survival game di sempre, per profondità, difficoltà e realismo. Il prossimo 22 maggio uscirà sul mercato il secondo capitolo, e noi non possiamo fare altro che sperare di ritrovare l'atmosfera e le caratteristiche hanno reso grande il primo episodio, il videogioco che ha cambiato i survival game, per sempre.


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