The Witcher 2: Assassins of Kings continua a rappresentare uno degli esperimenti narrativi più coraggiosi nella storia dei giochi di ruolo occidentali, nonostante sia stato ampiamente eclissato dal successo planetario del suo successore. A distanza di oltre un decennio dalla sua uscita, l'RPG di CD Projekt Red mantiene una caratteristica che nemmeno The Witcher 3: Wild Hunt (acquistabile qui) ha osato replicare con la stessa intensità: una scelta capace di dividere letteralmente il gioco in due percorsi narrativi quasi completamente distinti. È Adam Badowski, attuale head of studio di CD Projekt Red, a tornare su questo aspetto cruciale della trilogia videoludica dedicata allo strigo Geralt di Rivia.
La decisione al centro del secondo atto di The Witcher 2 resta un caso di studio nel game design narrativo. Scegliendo quale personaggio aiutare in un momento cruciale della trama, i giocatori sbloccavano due versioni completamente diverse del secondo capitolo, con circa il 90% dei contenuti unici per ciascun percorso. Non si trattava di semplici variazioni cosmetiche o dialoghi alternativi, ma di location completamente diverse, personaggi chiave esclusivi e quest line parallele che raccontavano la stessa storia da prospettive opposte.
Questa ambizione narrativa rappresentava un investimento produttivo massiccio, che essenzialmente richiedeva di sviluppare due giochi in uno. Una scelta coraggiosa per uno studio ancora relativamente piccolo come CD Projekt Red dell'epoca, ma che dimostrava una visione autoriale forte sul concetto di scelte significative nei giochi di ruolo. The Witcher 3 avrebbe poi preso una direzione differente, privilegiando la scala e la qualità narrativa costante rispetto alla frammentazione strutturale.
Badowski ha spiegato come lo sviluppo di Wild Hunt si sia concentrato su una sfida completamente diversa: dimostrare che un mondo aperto potesse ospitare una narrativa complessa e ramificata senza sacrificare la coerenza. All'epoca, il punto di riferimento dominante per gli open world fantasy era The Elder Scrolls V: Skyrim di Bethesda, un titolo celebrato per la libertà esplorativa ma tradizionalmente debole sul fronte della scrittura e della caratterizzazione dei personaggi.
La vera scommessa di CD Projekt Red era proprio questa: combinare la libertà sistematica degli RPG di Bethesda con la profondità narrativa che aveva contraddistinto i primi due capitoli della saga. "C'erano molti dubbi all'epoca" ha rivelato Badowski, ricordando come il confronto con Skyrim fosse inevitabile e spesso sfavorevole. Alcuni osservatori dell'industria ritenevano che l'ambizione dello studio polacco fosse irrealizzabile, che il progetto non avrebbe mai funzionato mantenendo quella scala.
La storia ha poi dato ragione a CD Projekt Red, con The Witcher 3: Wild Hunt che è diventato uno degli RPG più acclamati e venduti di sempre, stabilendo un nuovo standard per il genere open world. Tuttavia, la riflessione di Badowski su The Witcher 2 evidenzia una verità spesso trascurata: l'innovazione nel game design non si misura solo in dimensioni della mappa o numero di ore di gioco, ma nella volontà di sperimentare strutture narrative radicalmente diverse.