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Immagine di Towa and the Guardians of the Sacred Tree: tra emozione e caos | Recensione
RECENSIONE

Towa and the Guardians of the Sacred Tree: tra emozione e caos | Recensione

Towa and the Guardians of the Sacred Tree è un titolo ambizioso, visivamente splendido e animato da idee sincere, che non si limita a copiare Hades.

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Avatar di Andrea Maiellano

a cura di Andrea Maiellano

Author @Tom's Hardware Italia

Pubblicato il 12/10/2025 alle 13:15
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In questo articolo
  • Un inizio lento per una storia intrigante
  • Tattica, caos e sperimentazione
  • Troppa roba, poca sostanza
  • Quando il combattimento prende il sopravvento
  • Cooperativa… a metà
  • Una difficoltà senza pietà
  • Bellezza e sacrificio
In questo articolo
  • Un inizio lento per una storia intrigante
  • Tattica, caos e sperimentazione
  • Troppa roba, poca sostanza
  • Quando il combattimento prende il sopravvento
  • Cooperativa… a metà
  • Una difficoltà senza pietà
  • Bellezza e sacrificio
  • Un inizio lento per una storia intrigante
  • Tattica, caos e sperimentazione
  • Troppa roba, poca sostanza
  • Quando il combattimento prende il sopravvento
  • Cooperativa… a metà
  • Una difficoltà senza pietà
  • Bellezza e sacrificio
  • Pro
    • Sistema di combattimento fluido e gratificante
    • Direzione artistica e design dei personaggi eccezionali
    • Meccanica del sacrificio originale e toccante
    • Ampia varietà di combinazioni e build
  • Contro
    • Interfaccia e menu confusi
    • Dialoghi troppo lunghi e spesso inutili
    • Co-op limitata e poco coinvolgente
    • Difficoltà sbilanciata in alcune sezioni

Il verdetto di Tom's Hardware

7.5
Towa and the Guardians of the Sacred Tree è un titolo ambizioso, visivamente splendido e animato da idee sincere. Quando combatte, emoziona; quando parla, stanca. È un roguelite che vuole essere tutto (profondo, narrativo, tecnico, commovente) ma finisce col disperdere la propria energia in troppe direzioni. Tuttavia, le sue trovate più audaci, come il sistema di coppie e il sacrificio dei compagni, bastano a renderlo un’esperienza degna di essere vissuta, soprattutto per chi cerca qualcosa di diverso dal solito clone di Hades. Non è perfetto, ma è coraggioso. E nel mare di produzioni che si limitano a copiare, Towa merita rispetto per aver provato davvero a innovare.
 

Informazioni sul prodotto

Negli ultimi anni, il genere dei roguelite isometrici ha conosciuto una saturazione tale da rischiare la stasi creativa. Da Hades in poi, è come se il mercato avesse trovato la formula magica per conquistare critica e pubblico, ma l’avesse poi replicata fino allo sfinimento.

Struttura a stanze, scelte multiple, potenziamenti graduali, narrativa spezzata tra una run e l’altra… insomma, sappiamo tutti cosa aspettarci. È per questo che Towa and the Guardians of the Sacred Tree tenta di rompere lo schema, cercando di introdurre nuove dinamiche e un’identità propria in un panorama sempre più affollato.

Il risultato è un’esperienza tanto affascinante quanto contraddittoria: brillante nelle intenzioni, a tratti frustrante nella realizzazione.

Un inizio lento per una storia intrigante

La storia di Towa and the Guardians of the Sacred Tree si apre con una sequenza introduttiva interminabile, narrativamente densa ma priva di ritmo. Scopriamo che Towa, una sacerdotessa di Shinju, è stata scelta per affrontare Magatsu, un’entità demoniaca che minaccia di corrompere il mondo. A supportarla ci sono otto Guardiani, i cosiddetti Prayer Children, figure spirituali legate a lei da un vincolo sacro. È proprio qui che si trova la prima vera innovazione del gioco: invece di impersonare un unico eroe, il giocatore controlla una coppia legata da una sorta di “guinzaglio magico”, con il personaggio principale in prima linea e il compagno di supporto pronto a fornire magie difensive e offensive.

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L’idea funziona sorprendentemente bene sul piano tattico. La possibilità di combinare liberamente i membri del team apre a un’infinità di combinazioni e stili di gioco, ciascuno con punti di forza e debolezze uniche. E non manca una sana dose di follia nella caratterizzazione: tra un possente pesce Koi antropomorfo e un enorme gatto guerriero-cuoco chiamato Bampuku, Towa si concede momenti di puro estro nipponico, in bilico tra l’assurdo e il poetico.

Tattica, caos e sperimentazione

Ogni run diventa una tela su cui sperimentare. La varietà di armi, incantesimi e combinazioni tra i personaggi porta a un livello di personalizzazione quasi eccessivo. Il rovescio della medaglia è che la complessità rischia di travolgere il giocatore. Le schermate dei menu, poco leggibili e mal organizzate, rendono difficile anche solo capire come potenziare una singola abilità. In più, l’interfaccia tende a sommergere l’utente di statistiche e sottosistemi che spesso non hanno un impatto percepibile sull’azione.

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È un peccato, perché quando il sistema funziona, e capita più spesso di quanto non si pensi, la sensazione di scoperta e crescita è appagante. Trovare quella combinazione di abilità che permette finalmente di sconfiggere un boss finora imbattibile restituisce quella scarica di soddisfazione tipica dei migliori roguelite. Tuttavia, questa gioia è continuamente bilanciata da una sensazione di spaesamento, come se il gioco chiedesse troppo in termini di gestione e concentrazione.

Troppa roba, poca sostanza

Il problema più evidente di Towa è la sua tendenza all’eccesso. Tutto sembra voler strafare: dialoghi lunghissimi, sistemi di crafting complessi, sotto-menu infiniti, minigiochi opzionali che aggiungono più confusione che profondità.

Un esempio emblematico è la forgia delle spade, che offre una personalizzazione meticolosa del design e delle statistiche dell’arma... peccato che, data la visuale isometrica, l’aspetto del risultato finale sia pressoché invisibile in combattimento. Per fortuna, è possibile delegare il processo al fabbro locale, risparmiandosi una serie di QTE e guadagnando tempo per tornare a combattere.

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Sul fronte narrativo, le cose non migliorano di molto: i dialoghi, seppur completamente doppiati, spesso si dilungano senza dire nulla di rilevante. I personaggi parlano tanto, ma comunicano poco. È un peccato, perché il worldbuilding affascina, c’è una mitologia interessante dietro il Sacro Albero e la corruzione di Magatsu, ma viene sepolta sotto montagne di testo che rallentano l’esperienza.

Quando il combattimento prende il sopravvento

Ed è proprio quando Towa and the Guardians of the Sacred Tree si libera dalle sue zavorre narrative e gestionali che riesce davvero a brillare. Il sistema di combattimento è rapido, reattivo e incredibilmente appagante. Ogni scontro si trasforma in una danza furiosa, con Towa e il suo compagno che si muovono all’unisono tra fendenti, magie e schivate. Le animazioni sono fluide, le abilità speciali esplodono in effetti visivi spettacolari e la colonna sonora accompagna il tutto con un ritmo serrato e melodie epiche.

Il combattimento alterna costantemente offensiva e gestione dello spazio. Gli avversari non sono particolarmente intelligenti, ma compensano con il numero e la capacità di accerchiare il giocatore.

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A rendere le cose più interessanti ci pensa il sistema di “deterioramento” delle armi: ogni lama perde efficacia dopo un certo numero di colpi, costringendoti a cambiare arma per mantenere alta la potenza d’attacco. Questo meccanismo introduce una cadenza naturale agli scontri, quasi ritmica, che evita la monotonia tipica del button-mashing.

Cooperativa… a metà

Il sistema di coppia, però, mostra i suoi limiti quando si prova a giocare in modalità cooperativa. Il secondo giocatore è costretto a interpretare il ruolo di supporto, relegato a lanciare incantesimi e cure, senza poter partecipare attivamente agli scontri corpo a corpo.

È una scelta di design discutibile, che penalizza una modalità che avrebbe potuto ampliare enormemente il potenziale del gioco. Un vero co-op simmetrico, con due combattenti indipendenti, avrebbe reso l’esperienza più coinvolgente e meno sbilanciata.

Una difficoltà senza pietà

Come ogni roguelite che si rispetti, Towa non fa sconti. Le boss fight sono toste, talvolta persino punitive. Alcuni nemici assorbono danni come spugne, mentre altri riescono a eliminare il giocatore in pochi colpi.

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Ciò costringe a rivedere build, equipaggiamento e strategie di continuo. Per fortuna, gli sviluppatori hanno incluso una modalità “easy” che ammorbidisce l’impatto dei picchi di difficoltà senza snaturare troppo il bilanciamento complessivo. Una scelta intelligente, che amplia la platea dei giocatori senza rinunciare alla sfida.

Bellezza e sacrificio

Dal punto di vista estetico, Towa and the Guardians of the Sacred Tree è un vero spettacolo. I personaggi sono carismatici, gli ambienti vibranti e colorati, e l’uso della luce conferisce una personalità unica a ogni scenario. La direzione artistica si muove tra fantasy e spiritualità orientale, con una cura che trasmette un senso di meraviglia costante. Ed è proprio questo legame visivo ed emotivo a rendere devastante una delle meccaniche più particolari del gioco: la perdita graduale dei propri compagni.

Durante le run, infatti, i Guardiani vengono sacrificati uno dopo l’altro per il “bene superiore”. Ogni volta che accade, non si tratta solo di una perdita strategica (meno abilità, meno sinergie) ma anche emotiva. Si crea un legame con questi personaggi, e vederli sparire uno alla volta è un colpo al cuore. È una trovata crudele ma geniale: ti costringe a reinventarti continuamente e ti ricorda che, nel mondo di Towa, il progresso ha sempre un prezzo.

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Towa and the Guardians of the Sacred Tree è un titolo ambizioso, visivamente splendido e animato da idee sincere. Quando combatte, emoziona; quando parla, stanca. È un roguelite che vuole essere tutto (profondo, narrativo, tecnico, commovente) ma finisce col disperdere la propria energia in troppe direzioni.

Tuttavia, le sue trovate più audaci, come il sistema di coppie e il sacrificio dei compagni, bastano a renderlo un’esperienza degna di essere vissuta, soprattutto per chi cerca qualcosa di diverso dal solito clone di Hades. Non è perfetto, ma è coraggioso. E nel mare di produzioni che si limitano a replicare, Towa merita rispetto per aver provato davvero a innovare.

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