Videogiochi Horror: Resident Evil e gli altri sono un’evoluzione del cinema dell'orrore?

I videogiochi Horror: un filone da sempre molto popolare e ricco di sfumature. Un'evoluzione dell'esperienza cinematografica, no?

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a cura di Michele Pintaudi

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Sin dai suoi albori il mondo dei videogiochi è stato in grado di stupire per l’enorme varietà che, passo dopo passo, è stato sempre più in grado di offrire al suo pubblico. Se agli inizi il medium videoludico era perlopiù una questione accademica, con tanti esperimenti e tentativi ben lontani da ciò che conosciamo oggi, con il passare dei decenni le cose sono assolutamente cambiate. E non di poco.
Lo scenario odierno ci mette di fronte a una situazione dove chiunque può, in ogni singolo momento, attingere da una scelta di titoli ed esperienze di tanti, tantissimi generi diversi. Un processo questo che non ha fatto che accrescere ancora e ancora l’importanza del videogioco come parte (sempre più) integrante della vita di tutti i giorni, ma anche di quella che possiamo chiamare cultura popolare.

Tra i tanti filoni toccati, l’Horror è forse uno di quelli che presenta una maggior densità a livello di materiale. Pensiamo a saghe come Resident Evil, Silent Hill e Alone in the Dark, ma anche ai più recenti The Evil Within e Little Nightmares. Esperienze diverse tra loro ma unite da un filo comune, che possiamo ritrovare in una forte ispirazione nei confronti del cinema di genere… Con qualcosa in più. Che cosa? È proprio ciò di cui vogliamo parlare oggi, cominciando con un salto indietro di qualche decennio.

Videogiochi Horror: un percorso lungo e spaventoso.

Partiamo da un presupposto: oggi non ci soffermeremo sulla differenza tra i vari sottogeneri Horror, in quanto l’obiettivo di questo pezzo è tutt’altro. Quel che vogliamo fare è analizzare e capire come e in che misura i videogiochi Horror possano, da molti punti di vista, risultare come una vera e propria evoluzione delle pellicole che hanno scritto la storia del cinema.

I primi esempi di videogiochi Horror li troviamo a inizio anni Ottanta con opere come 3D Monster Maze o diversi titoli giapponesi, questi ultimi fortemente ispirati a film dell’orrore che spaziavano da Alien a pellicole asiatiche di diversi anni prima. L’approdo nel mainstream avviene a metà decennio con prodotti come Castlevania e Sweet Home, il quale tempo dopo influenzerà una serie fondamentale come Resident Evil.

Gli anni Novanta vedranno poi la definitiva esplosione del filone Horror all’interno del medium videoludico: basta infatti pensare alla quantità (e alla qualità) dei franchise nati proprio in questo periodo. È qui che i videogiochi Horror iniziano a svilupparsi come naturale evoluzione del cinema di genere, con tanti piccoli elementi ereditati proprio dalla cosiddetta fabbrica dei sogni. Inquadrature, sceneggiature, effetti sonori e situazioni che fino a poco prima ritrovavamo solo nei film, venivano riproposte all’interno dei vari Resident Evil e Silent Hill in modo sempre più naturale e automatico.

I grandi autori di allora, come ad esempio Shinji Mikami e Keita Amemiya, erano riusciti ad alzare ulteriormente l’asticella raggiungendo un obiettivo chiaro e definito: questo tipo di videogioco riusciva non solo a intrattenere, ma a suscitare un nuovo tipo di emozione all’interno del giocatore. Un’emozione che risponde al nome di terrore. Trasmettere una qualunque sensazione non è sempre cosa facile, ma in questi anni assistiamo a una vera svolta da questo punto di vista. Una piccola grande rivoluzione nata proprio dal cinema, se ci pensiamo: adottando infatti linguaggi e formati dalle pellicole più note, il videogioco ne raccolse un’influenza fondamentale riuscendo però a crearsi un’identità propria.

Con il passare degli anni, insomma, Silent Hill non era più concepito e ricevuto come un’opera influenzata dal cinema dell’orrore, ma come un capolavoro capace esso stesso di (ri)definire un genere così ricco e pieno di sfaccettature. Il videogioco era dunque riuscito, ancora una volta, ad affermare il proprio valore come esperienza indipendente e slegata da tutto ciò che significa cultura pop.

Videogiochi Horror e cinema: il valore dell’interazione.

Poco fa abbiamo citato alcuni elementi che i videogiochi Horror hanno ereditato dalle pellicole che tutti noi conosciamo, dal comparto sonoro a una particolare scelta di inquadrature. Si tratta di fattori determinanti nel trasmettere una particolare sensazione di paura, e che se curati a dovere possono realmente cambiare le carte in tavola: avete mai realizzato, tanto per fare un esempio, quanto conta la musica giusta al momento giusto?

Prendiamo due casi reali, giusto per comprendere realmente l’importanza del tutto. Il primo capitolo di Silent Hill è datato 1999 e, come tutti sappiamo, occupa una pagina fondamentale della storia dei videogiochi Horror e non solo. È però con il sequel, arrivato appena un paio d’anni dopo, che la saga riesce definitivamente a esplodere con tutto il suo potenziale: Silent Hill 2 è considerato ancora oggi una delle migliori esperienze mai concepite, e buona parte del merito va anche a una colonna sonora realizzata ad hoc. Le note di Akira Yamaoka non fanno da semplice accompagnamento, ma contribuiscono a costruire per ogni secondo di gioco un’atmosfera davvero unica: il giocatore si trova immerso in sensazioni ed emozioni che solo la musica può comunicare a dovere, specie se unita in modo così perfetto a tutti gli altri elementi di contorno.

Un altro esempio è rappresentato da Resident Evil 7, con tutta probabilità la vera rinascita della saga targata Capcom. Rispetto ai predecessori troviamo qui un cambio di rotta non da poco, con una scelta coraggiosa che ha ridefinito la serie per come il pubblico la conosceva: passare dalla terza persona a una prospettiva in prima persona, risultato alla mano, ha permesso agli sviluppatori di rendere il tutto un’esperienza ancor più spaventosa. Il giocatore si trova infatti coinvolto in maniera sempre più marcata nel terrore, nell’angoscia e in tutte quelle componenti che hanno reso Resident Evil il franchise che tutto il mondo ha imparato ad apprezzare. Un brand che, con un “semplice” cambio di prospettiva, è riuscito a (ri)costruirsi un’identità tutta sua pur prendendo spunto da alcuni titoli molto apprezzati degli anni precedenti.

Due situazioni diverse ma che ci riportano al nocciolo del discorso: il videogioco Horror è un’evoluzione del cinema di genere? In questi casi sì, si tratta a tutti gli effetti del passo immediatamente successivo. Se in un capolavoro come The Shining la colonna sonora è centrale nel costruire l’esperienza della visione, in Silent Hill il concetto è esattamente il medesimo. Così come le inquadrature rendono Psyco e Resident Evil delle opere capaci di terrorizzare lo spettatore, o giocatore, che si trova a viverle direttamente.

Ciò che rende il videogioco un’esperienza Horror ancora più segnante è però un fattore ben preciso: l’interazione. A differenza di una pellicola cinematografica, dove l’utente finale è di fatto ricettore passivo dell’opera, in un videogioco egli viene coinvolto e può agire e interagire in maniera attiva. Con tutto ciò che ne consegue.

Viene da sé come e quanto tutto ciò abbia avuto un impatto sull’immaginario collettivo: negli ultimi anni abbiamo quasi assistito a una sorta di “sorpasso” del medium videoludico su quello cinematografico, sempre ovviamente parlando del filone Horror. Questo perché un prodotto di questo tipo riesce in effetti a colpire in modo più profondo in quanto più coinvolgente, facendo leva sulla possibilità di richiedere all’utente finale un’azione e rendendolo dunque parte integrante del terrore che sta vivendo.

No, non stiamo assolutamente dando per morto il cinema dell’orrore: un genere che, anzi, sta rivivendo soprattutto negli ultimi anni una sorta di nuova vita con tante pellicole capaci di portare qualcosa di davvero nuovo e mai visto prima. Pensiamo ai lavori di registi come Jordan Peele e Robert Eggers, che in pochissimi anni sono riusciti a rivoluzionare la concezione di Horror che il pubblico si era costruito con anni e anni di film anche di altissimo livello. Un processo che andrà a influenzare (come già accaduto in passato) anche il mondo dei videogiochi? Probabilmente sì: del resto, e la storia insegna, uno dei punti forti di quest’epoca è la sempre più accentuata crossmedialità delle esperienze di intrattenimento. Un fattore che, da spettatori o giocatori quali siamo, non può che farci sentire fortunati di vivere in un’epoca così eccezionale.