L'ex presidente di Blizzard, Mike Ybarra, non usa mezzi termini quando si tratta di difendere i consumatori americani dall'ennesimo aumento dei prezzi delle console Xbox. In una serie di dichiarazioni sui social media che hanno fatto rapidamente il giro del web, l'ex dirigente di Microsoft ha puntato il dito contro quella che definisce una strategia aziendale discutibile, smontando le giustificazioni ufficiali della casa di Redmond. Le sue parole risuonano come un atto d'accusa verso un'industria che sembra sempre più orientata a scaricare sui giocatori i costi delle proprie inefficienze operative.
La verità dietro i numeri
Quando Microsoft ha annunciato la scorsa settimana l'aumento dei prezzi per le console Xbox negli Stati Uniti, attribuendo la decisione ai "cambiamenti nell'ambiente macroeconomico", molti hanno automaticamente pensato ai dazi commerciali come principale colpevole. Ybarra, però, ha una visione completamente diversa della situazione. "Gli aumenti dei prezzi delle console non sono legati ai dazi, sono questioni di profitto", ha dichiarato senza mezzi termini, aggiungendo che le ragioni per cui i profitti non sono dove dovrebbero essere costituiscono "un problema molto più profondo rispetto alla scusa dei dazi".
La posizione dell'ex dirigente diventa ancora più interessante se si considera il suo passato in Microsoft, dove ha ricoperto il ruolo di vicepresidente aziendale della divisione gaming fino al 2019. La sua conoscenza interna dei meccanismi aziendali rende le sue critiche particolarmente taglienti e credibili.
Un precedente che cambia tutto
Ybarra ha tracciato una distinzione fondamentale tra l'aumento di maggio scorso e quello attuale. Il primo, secondo la sua analisi, era giustificato dall'effettivo incremento dei dazi in quel periodo. Questa volta, però, la situazione è radicalmente diversa. "Una scusa per continuare ad aumentare i prezzi, senza alcun nuovo incremento dei dazi, è semplicemente un problema diverso", ha spiegato, concludendo con una frase che suona come un monito: "faranno continuare a pagare ai consumatori questi problemi".
I nuovi prezzi parlano chiaro: una Xbox Series X ora costa 649,99 dollari (599,99 per la versione digitale), mentre una Series S arriva a 399,99 dollari per il modello da 512GB e 449,99 dollari per quello da 1TB. Cifre che rappresentano un incremento sostanziale per i consumatori americani, gli unici coinvolti in questa decisione aziendale.
I conti che non tornano
Quello che rende ancora più controversa la mossa di Microsoft è il contesto economico in cui si inserisce. Nonostante i presunti "cambiamenti macroeconomici" citati come giustificazione, la società ha riportato un incremento del 18% nei ricavi durante l'ultima presentazione dei risultati trimestrali. Xbox Game Pass, il servizio di abbonamento di punta della divisione gaming, ha generato quasi 5 miliardi di dollari di fatturato annuale.
Questi dati sollevano interrogativi legittimi sulla necessità reale di aumentare i prezzi al consumo. Se i ricavi sono in crescita e i servizi digitali performano così bene, perché scaricare ulteriori costi sui giocatori? La risposta, secondo Ybarra, risiede in problematiche strutturali più profonde che l'azienda preferisce non affrontare direttamente.
Un trend di settore preoccupante
Microsoft non è sola in questa strategia di incrementi tariffari. Anche Sony ha annunciato ad agosto aumenti per le console PS5 negli Stati Uniti, con la PS5 base ora a 549,99 dollari, l'edizione digitale a 499,99 dollari e la PS5 Pro che raggiunge la cifra record di 749,99 dollari. Questo sincronismo tra i due colossi del gaming suggerisce un approccio coordinato che potrebbe preoccupare i consumatori e le associazioni di categoria.
Le dichiarazioni di Ybarra rappresentano una rara voce critica dall'interno dell'industria, capace di svelare dinamiche che spesso rimangono nascoste dietro comunicati aziendali diplomatici e giustificazioni economiche di facciata.