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a cura di Dario D'Elia

Almeno 26 fra i più noti 115 servizi VPN archiviano informazioni personali degli utenti, invece che memorizzarli per il tempo necessario di specifiche operazioni. Questa è la scoperta compiuta da The Best Vpn, un sito specializzato nelle recensioni di settore. Una doccia fredda per milioni di utenti che nella migliore delle ipotesi subiscono una violazione della privacy, considerato che spesso nei contratti dei termini d'uso non vi sono riferimenti espliciti alla raccolta.

Il tema è balzato agli onori della cronaca quando recentemente un ragazzo di 24 anni, Ryan Lin, è stato incriminato dall'FBI per cyberstalking nei confronti del suo compagno di stanza. Supponeva che Anonymizer proteggesse la sua identità online, ma PureVPN in verità aveva archiviato il suo nome, l'indirizzo mail, il numero di telefono, l'indirizzo Ip e i dati sul tipo di connessione. Gli inquirenti grazie a un mandato nei confronti del servizio sono riusciti a smascherarlo.

vpn

Ora, la questione non è tanto se sia legittimo per gli anonymizer tenere negli archivi questi dati bensì domandarsi per quale motivo non lo esplicitino nei contratti. Di fatto pubblicizzano un totale anonimato online, ma in verità sono poco zelanti sulla privacy.

Dopodiché è bene ricordare che le VPN non vanno considerate solo come uno strumento per commettere reati bensì anche come strumenti per proteggere legittimamente la propria attività online, iscriversi a servizi presenti all'estero, rendere più sicura la navigazione online, aggirare censure e altre attività.

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La lista dei 26 comprende PureVPN, HideMyAss, HotSpot Shield, VPN Unlimited, VyprVPN, Astrill, ZoogVPN, Buffered, TigerVPN, Boleh VPN, Anonymizer, IPinator, Seed4.me, AnonVPN, FlyVPN, SunVPN, iPredator, HideIP VPN, VPN Gate, HolaVPN, Faceless.me, Betternet, Ace VPN e Flow VPN.

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Almeno Anonymizer è esplicito (archivia tutto)

L'indagine di The Best VPN ha rivelato che considerato tutti i 115 servizi analizzati il 92% archivia informazioni di pagamento, il 57% la tempistica di connessione e banda impiegata, il 51% il tipo di dispositivo usato, il 29% i dati personali, il 24% l'indirizzo IP e il 9% l'elenco dei siti visitati.

Insomma, brutte notizie per truffatori inesperti, delinquenti e paladini della privacy. E detta tutta bisognerebbe preoccuparsi più degli ultimi, traditi da contratti spesso incomprensibili nei dettagli e soprattutto traditi nella trasparenza contrattuale.