Amazon, se l'ottimizzazione del lavoro diventa controllo

Amazon ha brevettato un braccialetto elettronico che dovrebbe servire a ottimizzare l'attività dei propri magazzinieri, indicando loro dove andare. Potrebbe anche essere utilizzato per sapere sempre esattamente se sono in attività o no.

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a cura di Alessandro Crea

Il magazziniere Amazon riceve l'ordine sul proprio palmare e inizia a correre perché spesso non ha più di poche decine di secondi per recuperare i prodotti dagli scaffali e inscatolarli prima di passare all'incarico successivo. Un giovane commesso britannico, proprio pochi giorni fa, ha dichiarato a The Guardian di non avere più di 15 secondi di tempo per individuare un prodotto e inserirlo nel carrello durante i suoi turni di notte in un magazzino Amazon del Regno Unito. Forse per migliorare questa situazione o rendere ancora più efficiente e produttiva la giornata dei propri magazzinieri, Amazon ha brevettato un braccialetto elettronico che vibra indicando al personale la giusta direzione in cui andare per trovare il prodotto cercato, conducendoli così più velocemente alla meta.

Il sistema funziona tramite emettitori di ultrasuoni sistemati ai quattro angoli di ogni scaffale. Muovendo il braccio col braccialetto ricevitore lungo la griglia formata da questi ultrasuoni, l'intensità delle vibrazioni prodotte dal motore aptico integrato guiderebbe la mano a destinazione più velocemente di quanto possano fare gli occhi.

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Schema di funzionamento del braccialetto

L'idea potrebbe sembrare un aiuto per l'ottimizzazione del flusso produttivo, ma a parte le ovvie considerazioni sui carichi di lavoro e l'impossibilità per gli uomini di comportarsi come robot, l'eventuale implementazione del braccialetto solleverebbe altri problemi, almeno qui in Italia, legati alla privacy.

Già, perché teoricamente il braccialetto potrebbe anche essere facilmente utilizzato per conoscere l'esatta posizione di ciascun commesso in ogni istante e rilevare in tempo reale la sua attività. Un tracciamento inaccettabile che avvicinerebbe il lavoratore a un robot, termine che non a caso è stato ricavato dalla parola ceca robota che significa lavoro pesante, a propria volta derivata dall'antico slavo ecclesiastico rabota, ossia servitù.

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Questo non significa ovviamente che sia lecito sul posto di lavoro perdere tempo anziché lavorare, ma il concetto di lavoro non dovrebbe mai perdere di vista l'essere umano che ne è principale attore, sia per quanto riguarda i bisogni che le capacità.

Non siamo robot e i robot non sono esseri umani, come hanno scoperto a proprie spese i proprietari di un supermercato scozzese che hanno dovuto "licenziare" il robot che avevano messo in negozio perché incapace di interagire in maniera soddisfacente con i clienti.

Magari, più che far indossare braccialetti ai propri dipendenti, sarebbe meglio, ove possibile, impiegare veri robot e utilizzare gli esseri umani in altri ambiti, dove la loro natura e le loro capacità, oltre che rispettate, potrebbero anche fruttare di più, non trovate?