Cinesi obbligati per legge a identificarsi per andare online

Una nuova legge obbliga i cittadini cinesi a registrare i propri dati prima di pubblicare informazioni online. Ufficialmente serve a proteggere la privacy e arginare gli abusi, ma in molti temono un irrigidimento della censura.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

La Cina ha approvato una legge che obbliga all'uso di dati reali per l'accesso a Internet. Ufficialmente la nuova norma ha lo scopo di proteggere la privacy degli utenti e di ostacolare la diffusione di gioco d'azzardo e pedopornografia, ma sono in molti a temere che Pechino userà questo strumento per intensificare il controllo politico e identificare i dissidenti.

La nuova legge "impone agli utenti Internet di identificarsi presso i provider quando firmano l'accordo per l'accesso al Web".  Un obbligo che riguarderà i circa 538 milioni di internauti presenti in Cina - un numero che è destinato a crescere ancora molto nei prossimi anni. Agli ISP anche l'obbligo di identificare un utente prima di permettere la pubblicazione online.

Questa legge fa seguito a pressioni esistenti già da tempo, e che vedono i governanti cinesi lottare a spada tratta contro l'anonimato online, ma soprattutto impegnarsi affinché l'informazione che compare online sia sottoposta allo stesso stretto controllo riservato alla stampa su carta.

Il Web infatti è diventato strumento per "diffondere dissenso, indiscrezioni e notizie di corruzione non tollerate sulla carta stampata", scrive Lulu Yilun Chen su Bloomberg. "L'immagine del partito è stata danneggiata dopo che "attivisti online" hanno pubblicato informazioni che discreditavano molti funzionari pubblici.

"Le campagne anti-corruzione online hanno danneggiato l'immagine del partito e del governo, e le discussioni sui social media hanno aumentato l'instabilità di alcune regioni", ha spiegato un professore dell'Università di Guangzhoud. "Obbligare gli utenti web a usare il nome reale li renderà più prudenti".

Si teme quindi che molti cinesi smetteranno di denunciare la corruzione dei funzionari pubblici e il loro operato. Un timore che, secondo i rappresentanti di Pechino, è infondato perché la legge dà ai cittadini cinesi il diritto di criticare e appellarsi a uffici appositi. Una rassicurazione che difficilmente tranquillizzerà chi ora si sente intimorito.

La scelta di Pechino è di quelle che fanno gridare allo scandalo, ma identificare in modo univoco chi sta usando un computer collegato alla Rete è complesso, persino in Cina. Vedremo se davvero le voci critiche saranno messe a tacere, o se continueranno a farsi sentire. Saranno in molti a osservare con attenzione l'esperimento cinese, perché sono in tanti a sentirsi coinvolti in questo dibattito, tra chi vede Internet come uno strumento di libertà, e chi come un problema da risolvere.