Leggere i pensieri, c'è ancora molto da fare

Intervista ad Andrea Stocco, ricercatore italiano negli Stati Uniti che insieme ad altri colleghi è riuscito a inviare un segnale cerebrale via Internet permettendo a una persona di controllare la mano di un altro individuo a distanza.

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a cura di Manolo De Agostini

TH: Muovere le dita di una mano a distanza è già strabiliante. Quanto siamo lontani dal controllo di movimenti più complessi, come camminare?

AS: Conosciamo abbastanza bene il modo in cui i neuroni della corteccia motoria codificano alcuni movimenti complessi. Con animali, come ratti o scimmie, si sono avuti alcuni successi nel "forzare" movimenti attraverso la stimolazione elettrica controllata.  Però tutti questi esperimenti sono stati "invasivi", nel senso che i ricercatori hanno impiantato degli elettrodi (dozzine di elettrodi) nel cervello dell'animale. Per ovvie ragioni, questo non si può fare con gli essere umani.

La TMS si può usare con gli esseri umani, ma sfortunatamente non è precisa quanto gli elettrodi. Nei nostri esperimenti, sono riuscito a usare la TMS per muovere indipendentemente ciascuna delle dita della mano destra. Si tratta di movimenti semplici, sono "click", ma non siamo mai riusciti a raggiungere una risoluzione migliore. Quindi, prima di arrivare a movimenti "seri", bisognare fare dei passi in avanti con la tecnologia di stimolazione non-invasiva.

C'è da dire che, su questo versante, ci sono molte ma molte possibilità. Da oltre vent'anni gli scienziati usano la TMS, ma questo non è assolutamente l'unico di modo di stimolare i neuroni. Invece di usare un solo campo magnetico forte e localizzato, si potrebbero usare diversi campi magnetici deboli, orientati in modo da sommarsi in specifiche parti del cervello. Oppure, si potrebbe usare sollecitazione meccaniche, come gli ultrasuoni (una tecnologia di stimolazione che era stata provata con successo negli anni '70, ma poi abbandonata). Insomma, ci sono molte strade ancora da percorrere.

TH: Questa vostra ricerca potrebbe applicarsi in campo medico? In che modo?

AS: Penso di sì.  Né io né Rajesh siamo medici, e quindi le nostre speculazioni sono po' campate in aria, ma abbiamo immaginato diversi scenari. Il più interessante è questo: quando una persona subisce una lesione cerebrale (ad esempio, un ictus o un trauma), le funzioni che erano controllate dai neuroni che sono andati distrutti vanno perdute. Poiché il cervello è, entro un certo limite, plastico, molte funzioni si possono recuperare con la riabilitazione. La riabilitazione però richiede molto tempo, spesso mesi, perché il cervello dei pazienti deve imparare tutto di nuovo. In teoria, sarebbe possibile facilitare il recupero delle funzioni motorie trasferendo le informazioni direttamente da un cervello "modello", per esempio quello di un altro paziente che ha subito una lesione simile ma che ha già completato con successo il processo riabilitativo.  Il problema, anche in questo caso, è costituito dai limiti tecnologici che ancora esistono per le procedure di stimolazione cerebrale.