Cyber-attacco contro il Parlamento giapponese

I computer dei deputati giapponesi sono stati spiati per tutta l'estate. Grazie a un cyber-attacco è stato possibile diffondere un Trojan capace di sottrarre password e informazioni. Tutti i dati poi sono stati veicolati verso un server cinese.

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a cura di Dario D'Elia

Il Giappone è sotto cyber-attacco cinese da quest'estate, ma solo in questi giorni la stampa locale ha iniziato a svelarne qualche dettaglio. Il quotidiano Asahi Shimbun ha confermato che a luglio un gruppo di pirati informatici ignoti avrebbe iniziato a bersagliare i computer dei deputati e della Camera dei Rappresentanti (Shugi-in). Si parla sopratutto di una contaminazione malware che tramite Trojan avrebbe consentito di sottrarre password e altre informazioni. Tutta la mole di dati sarebbe stata poi veicolata su server cinesi

La Camera dei Rappresentanti giapponese

Il portavoce del Governo, Osamu Fujimura, ha riferito che l'informativa sulla questione è giunta solo dopo l'estate. Il motivo è semplice: le autorità specializzate in sicurezza hanno scoperto l'accaduto solo a fine agosto. Ovviamente da allora sono state cambiate tutte le password e gli user di identificazione.

Al momento non è ancora chiaro chi si nasconda dietro all'attacco, anche perché i server cinesi potrebbero essere sotto il controllo di altri paesi. Si pensa al coinvolgimento di una nazione proprio perché il livello di sofisticazione dell'attacco è stato di alto profilo. Insomma, tutti pensano a Pechino ma non si può dire.

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Banale invece come sempre la strategia adottata per violare i sistemi: pare che un deputato abbia aperto una mail con allegato un malware. Si suppone che questo abbia dato il via alla diffusione, ma ovviamente che non si sia trattato dell'unica tecnica di intrusione.

In ogni caso è da un po' di tempo che il Giappone è finito nell'occhio del ciclone. Recentemente il contractor governativo Mitsubishi Heavy ha confermato di aver subito un cyber-attacco che potrebbe aver portato alla sottrazione di informazioni legate a un progetto di aereo militare e di impianti atomici.

La prima indiziata è sempre la Cina, ma fino ad ora non vi sono state sufficienti prove per dimostrare ogni responsabilità.