Diego Piacentini e il problem solving per l'Italia digitale

Diego Piacentini, dopo un anno di mandato come Commissario Straordinario per l'attuazione dell'Agenda Digitale, fa il punto della situazione in un'intervista.

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a cura di Dario D'Elia

Diego Piacentini è da un anno che svolge l'incarico di Commissario Straordinario per l'attuazione dell'Agenda Digitale, quindi ha deciso di approfittare dell'intervista con Il Foglio per fare il punto della situazione.Ieri in un lungo articolo, Piacentini ha confermato l'alto profilo del suo approccio al problema Italia perché "per cambiare le regole, non puoi essere abituato alle cose che non funzionano, non puoi pensare che siano inamovibili e non possano cambiare".

Diego Piacentini
Diego Piacentini

Il suo più grande risultato - fortunatamente ha ancora 1 anno di lavoro - è stato lo sviluppo di un Piano Triennale in collaborazione con l'Agid per la trasformazione digitale della PA. Un documento programmatico in continua evoluzione che chiavi-in-mano consentirà a chi lo sostituirà di proseguire il lavoro. "Comunque vada c'è bisogno di un'Agenzia digitale centrale, forte, competente, con budget, con capacità d'intervento. L'Italia ne ha bisogno", ha sottolineato lo specialista.

Oggi il lavoro è concentrato sui "componenti della costruzione della casa che sono assolutamente necessarie perché la casa funzioni ma non sono immediatamente visibili da chi ci abita". Insomma, creare piattaforme abilitanti "che restino, per cambiare le norme, le regole".

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Uno fra gli esempi più eclatanti è PagoPa, che consente di pagare tutti i servizi della Pubblica amministrazione (tasse, imposte, bollette) tramite un unico sistema, sia online sia fisico. Esisteva già, ma è stato semplificato, reso più usabile e soprattutto più moderno con il supporto anche a PayPal.

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Non meno importante l'Anagrafe nazionale della popolazione residente, Anpr, che quando sarà completata azzererà il rischio che "tre uffici diversi richiedano i dati anagrafici allo stesso utente per tre volte". E poi lo Spid, il sistema di identità digitale - già esistente ma lasciato a frollare nella polvere - che non è altro che un set unico di credenziali per accedere a tutti i siti della PA.

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A distanza di un anno Piacentini è riuscito a mettere ben a fuoco e senza pregiudizi gli ostacoli che si manifestano nel nostro paese. "Prima di venire in questo ruolo non avevo considerato, perché semplicemente non le conoscevo, le complessità derivate dal procurement, quindi dall'acquisto delle soluzioni tecnologiche - che non è un problema dell'Amministrazione italiana ma di tutte le PA del mondo", ha sottolineato Piacentini.

"Come compri? Non solo devi rifinire la tecnologia e disegnare l'architettura, ma si aggiunge la complessità di fare l'acquisto. Questo è uno degli ostacoli più grossi".

Il primo scoglio è rappresentato dall'Anac, l'anticorruzione. In Italia, rispetto ad altri Paesi, non possiamo farne a meno probabilmente ma questo rallenta ogni operazione. Poi c'è il meccanismo dei "punti funzione", ovvero un sistema che prevede che un progetto raggiunga obiettivi stabiliti entro un anno, due anni, tre anni e così via.

"Ma non è così che funziona l'innovazione tecnologica", ricorda Piacentini. "Già è complicato stabilire gli obiettivi di un progetto quando si costruisce un'autostrada, figuriamoci in una realtà tecnologica in cui tutto cambia nel giro di pochi mesi".

E anche in questo caso la criticità sembra essere legata al fatto che in questo Paese, se si molla il freno sui controlli, qualcuno potrebbe approfittarne.

"Per valutare la riuscita di un progetto in Italia non si valuta il risultato, ma l'aderenza ai 'punti funzione'. Prendiamo l'esempio di Anpr. L'azienda che aveva avuto l'incarico di crearla, Sogei, dopo aver creato il prodotto e aver soddisfatto tutti i requisiti del contratto ha considerato il lavoro completo. Avevano ragione. Ma nessun comune stava usando il prodotto! Questa è la differenza tra agire in base a formalismi e valutare il risultato. Le aziende tecnologiche realizzano un prodotto e poi lo fanno crescere, c'è un'evoluzione continua. Nella PA un progetto finisce quando sono soddisfatti i requisiti del contratto, ma questo è l'anti tecnologia", ha aggiunto Piacentini.

pagopa

E che dire poi del blocco delle assunzioni nella PA? Da una parte un bene se bisogna contenere i costi, dall'altra un male se bisogna rinunciare a competenze specialistiche. Infine c'è un male diffuso e trasversale che è quello dei personalismi.

"Molta gente non ha il coraggio di concordare su un'opinione anche quando è giusta. Molti vogliono far valere le proprie idee anche quando sanno che sono sbagliate pur di affermare la propria posizione. Sono poche le persone con cui lavoriamo che dicono: ok, questa è la strada giusta, seguiamola. Molti invece devono imporre la loro presenza perché altrimenti perdono il loro ruolo, perdono il loro valore. Questa cosa è molto forte in Italia", ha ribadito Piacentini.

La questione però sembra andare oltre la classe politica "e riguarda quanto la politica in generale abbia la capacità di adeguarsi ai cambiamenti sociali e tecnologici". L'esempio dei Paesi in via di sviluppo è eclatante. Sono così concentrati sul "problem solving" che a volte mettono da parte dibattiti estenuanti sui massimi sistemi.

SPID

"La tecnologia aiuta a trovare soluzioni non complesse per risolvere problemi complessi", conclude Piacentini. "La tecnologia ti permette di eliminare i broker, i layer. Peccato che i broker e i layer esistano e non sanno cos'altro fare nella vita, ed è difficile eliminarli. Però la tecnologia ti permette di farlo", ha concluso il Commissario Straordinario.

"Noi siamo qui a risolvere problemi, ma vogliamo comunicare che bisogna uscire dalla mentalità di chi dice che in Italia non funziona niente".