Equo compenso: ecco il documento che imbarazza SIAE

Franceschini ha stabilito l'aumento delle tariffe dell'equo compenso non considerando il report sul comportamento degli italiani rispetto alla copia privata. Se l'avesse fatto probabilmente la SIAE avrebbe subito un duro colpo alle sue casse.

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a cura di Dario D'Elia

Nel dicembre scorso, quando esplose il dibattito sul rincaro dell'equo compenso, il Ministro della Cultura Bray annunciò l'avvio di un'indagine sul comportamento degli italiani rispetto alla copia privata. Il dossier, realizzato dalla società Quorum di Torino, è stato consegnato al Ministero a gennaio come previsto ma da allora è passato quasi sotto traccia. Qualche mese fa è stato pubblicato in una sezione del sito della Direzione Generale per le Biblioteche, ma pare che SIAE durante gli incontri istituzionali che hanno preceduto la revisione delle tariffe sia riuscita a convincere l'attuale Ministro Franceschini a non considerarlo.

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"L'indagine tende ad ottenere un panorama complessivo sugli usi da parte dei consumatori dei nuovi device solo con riferimento alla fruizione in senso ampio e non è direzionato sull'attività di copia privata (il rapporto finale è composto da 79 slide e ne dedica solo 13 all'indagine sulla realizzazione di copie private)", si legge nella nota SIAE. "Dunque il sondaggio non fornisce quel focus necessario ad una valutazione quantitativa e qualitativa della riproduzione per uso privato".

I dispositivi usati

La verità forse è leggermente diversa. Se l'equo compenso nasce per "compensare" i detentori di diritto di copyright in relazione alle copie private che possono realizzare gli utenti, è evidente che non si possa sfuggire da un confronto con la realtà. Sennò il rischio è di imporre "l'obolo" su prodotti estranei alla copia – sempre che venga effettuata.

"Internet e la fruizione delle opere dell'ingegno" di Quorum svela ciò che SIAE non vuole ammettere: raramente gli italiani fanno copie e usano per lo più PC (69,4%) e supporti fisici (63,4%) non altri gingilli. "L'abitudine a creare, almeno sistematicamente, una seconda copia del materiale acquisito, è relativamente poco diffusa (13,5%, che sale al 20,3% tra gli utilizzatori frequenti), tanto che il 20,3% del campione dichiara di non far uso di copie private", si legge nel documento.

La frequenza

"Tendenzialmente, le copie si generano soltanto nel momento in cui ce n'è effettiva necessità (59,2%). Anche tra coloro che acquisiscono prodotti dell’ingegno via Internet in maniera più continuativa la percentuale è molto alta (48,8%)".

Le tabelle diffuse ieri con il decreto (Fonte: Sole 24 Ore) – in verità firmato da Franceschini il 20 giugno ma non ancora pubblicato in Gazzetta ufficiale – prevedono rincari importanti su tutti i prodotti. Gli smartphone e tablet, che nel report quasi non sono calcolati, saranno soggetti a una "tassa" compresa tra i 3 euro (fino a 8 GB) e i 5,20 euro (oltre 32 GB). Ciò vuol dire che ad esempio un Kindle Fire HDX con 32 GB sarà soggetto a un aumento del 20%.

Una memoria o hard disk integrata su video-recorder o decoder costa 6,44 euro fino a 40 GB; da 120 GB a 160 GB si raggiungo i 16,10 euro. Su PC viene applicato un compenso fisso di 5,2 euro. L'hard disk con uscita video o audio è gravato da 4,51 euro fino a 80 GB, mentre 10,42 tra 160 GB e 250 GB. A quota 2 TB scattano i 20 euro.

La modalità

Per quanto riguarda i supporti ottici si parla di 0,22 euro per ora di registrazione di CD-RW, 0,10 euro ogni 700 MB di dati di CD-R o CD-RW, 0,20 euro ogni 4,7 GB di DVD RAM, DVD Dual Layer, DVD-R/+R, 0,20 euro ogni 25 GB di Blu-Ray. E così via.

"Il vero motivo di questi aumenti è che la SIAE ha bisogno di soldi per i suoi disastrati bilanci (il debito netto al 31 dicembre 2013 era di 686 milioni di euro), la copia privata non c'entra nulla", ha commentato Fabio Fulvio, responsabile delle politiche per lo sviluppo di Confcommercio. "In un mondo in cui i prezzi dei dispositivi digitali scendono, le memorie si ampliano, aumentare di 3-4 euro il costo delle chiavette vuol dire incidere in modo significativo. Con il risultato che gli utenti più svegli se le compreranno in Belgio". Confindustria digitale stima che il rincaro consentirà a SIAE di passare dagli attuali 63 milioni di euro ad oltre 150 milioni annui.

Il compenso minimo di fatto sta per triplicare. E dire che in questi ultimi tre anni, ovvero dall'ultima revisione, ben poco è cambiato.

"L'atteggiamento nei confronti delle copie private non è mutato sensibilmente nel corso degli ultimi tre anni: l’opzione di gran lunga primaria è sempre rimasta il salvataggio sul supporto fisico, seguita da un eventuale nuovo download del materiale perso. In espansione negli ultimi anni è l’utilizzo di servizi di archiviazione in remoto (cloud)", puntualizza l'indagine.

L'equo compenso dovrebbero pagarlo le aziende, non i consumatori finali, sostiene il presidente SIAE Gino Paoli. Già, ma così non sarà e quindi Altroconsumo ha già deciso di rivolgersi al TAR. "Senza fine".