"Goodbye Telecom", dalla privatizzazione a Open Fiber

"Goodbye Telecom, dalla privatizzazione a una Public Company" è un libro che fa chiarezza sulla storia di Telecom Italia degli ultimi 20 anni. Dall'OPA di Colaninno a quella di Tronchetti, fino alla competizione con Open Fiber.

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a cura di Dario D'Elia

"Goodbye Telecom, dalla privatizzazione a una Public Company" è un libro che tutti gli italiani, che tribolano per la scarsa qualità delle connessioni Internet, dovrebbero leggere.L'autore Maurizio Matteo Décina, oggi consulente TLC e in passato manager dell'ex-monopolista e responsabile del Centro Studi ASATI (Associazione piccoli azionisti Telecom), ha tentato di ricostruire ciò che è successo tra il 1997 e il 2017.

good bye telecom

In pratica un agile reportage che svela i segreti della privatizzazione di Telecom Italia, le mancate occasioni, la mala gestione, gli abusi finanziari e i tentativi di resurrezione che hanno contraddistinto la storia di una delle aziende più strategiche in Italia.

Quella di Décina è una dichiarazione di amore tradito. La stessa che covano migliaia di italiani,  dipendenti, ingegneri, specialisti che hanno assistito inermi a una delle più grandi operazioni di depredazione ai danni di una società che un tempo era all'avanguardia mondiale - senza grandi debiti. E oggi è vista con un misto di rancore e speranza, poiché in fondo detiene e gestisce l'intera rete nazionale.

Maurizio Matteo Décina
Maurizio Matteo Décina

Prima di avventurarci nella cronistoria di questa odissea è bene sapere che la documentazione raccolta da Décina si basa su fonti attendibili e interviste ai protagonisti di questi 20 anni. La prefazione di Angelo Marcello Cardani, Presidente dell'AGCOM, ricorda che il lavoro è stato svolto con "criteri rigorosi". E non si può neanche dimenticare che la prosa sciolta, lo snocciolamento dei fatti, le rispettive interpretazioni e le voci dei protagonisti aiutano il lettore a farsi un'opinione precisa di quanto è avvenuto. Vito Gamberale, Alessandro Fogliati, Silvio Sircana, Massimo D'Alema, Elio Lannutti, Luigi Zanda, Franco Bernabé e Marco Patuano raccontano la loro versione. Al lettore l'ardua sentenza.

La privatizzazione non governata

"Analizzando i bilanci negli anni è evidente che ci sono state operazioni che hanno caricato di debiti l'azienda. L'OPA di Colaninno a quella di Tronchetti Provera hanno generato circa 30 miliardi di euro di debiti. Colaninno aveva scalato l'azienda a debito con 16 miliardi, creando un sistema di scatole che aveva fatto gravare il tutto al di fuori di Telecom, su Olivetti", spiega Maurizio Matteo Décina.

roberto colaninno
Roberto Colaninno

"Olivetti era una scatola vuota da 1 miliardo di fatturato che vendeva computer e stampanti. È vero che la cessione di Infostrada e Omnitel aveva portato la metà dei capitali, ma il resto era debito. Poi ci sono stati altri debiti per operazioni fallimentari, da Pagine Gialle al portale Globo, senza contare alcune partecipate".

Nel 2001 con l'arrivo di Marco Tronchetti Provera avviene un'altra scalata a debito: rileva le quote di Olivetti ormai fortemente indebitata, e poi procede con l'OPA su TIM. L'intera operazione indebita ulteriormente l'azienda di altri 15 miliardi di euro. Da ricordare che il controllo passava attraverso il 53% di Olivetti e il 45% da azionariato diffuso.

marco tronchetti provera
Marco Tronchetti Provera

Silvio Sircana nel suo intervento ricorda che l'azienda, nel momento topico dell'OPA di Colaninno, si è persino difesa male. "Non ricorre al TAR contro le decisioni della CONSOB", spiega l'ex collaboratore di Prodi. "Viene convocata l'assemblea dei soci per le misure antiscalata (bastava la presenza del 30% delle azioni). Ma iniziava la moral suasion governativa affinché l'assemblea non risultasse validamente costituita, e così avvenne".

Vito Gamberale ricorda nel suo intervento che la genesi della privatizzazione avviene con la transizione alla Seconda Repubblica. Uno scenario dove i politici sono più liberali, non c'è più il Partito Comunista e la Destra sociale. Lo spirito è di lasciar fare al mercato, più che in passato. Quindi di fatto con le scelte di Prodi e D'Alema si configura un approccio laissez-faire. Una privatizzazione non governata.

vito gamberale
Vito Gamberale

Non c'è bisogno di scomodare la retorica complottista che denuncia accordi sotto-banco. Tutto è avvenuto alla luce del sole. Massimo D'Alema ai tempi, come conferma nell'intervista, decide di non intervenire. La politica si è sottratta a un dovere di vigilanza e controllo quasi come se dovesse togliersi di dosso la polvere di vecchi idealismi. "Hanno privatizzato senza controlli e senza norme adeguate", puntualizza Décina. "Privatizzi per renderla più efficiente e oggi tocca rimetterci denaro per renderla sostenibile".

"Riutilizzando il rame gli costa molto poco lo sviluppo della rete. Ce la potrebbero fare ad andare avanti. Il problema è che devono tagliare ancora i costi, forse il personale. 50mila gli costano 3 miliardi di euro, quando il debito è a 25,5 miliardi. Serve a poco. La voce è morta quindi puntano sulla fibra. Realizzavano 30 miliardi di fatturato di cui 20/25 erano voce fisso e mobile. Adesso devono compensarli con la fibra. Il margine va a compensare i vecchi ricavi".

La battaglia della banda ultralarga

L'autore spiega che nel 2014 con l'azienda controllata dagli spagnoli e i francesi che stanno arrivando, Franco Bernabè viene messo alla porta. La situazione è in stallo, perché i debiti sono a 27 miliardi euro, si annunciano licenziamenti e gli investimenti sulla fibra sono pochi.

Il Governo Renzi avvia quindi una trattativa per creare un'unica società della rete procedendo con lo scorporo. Telecom Italia però vorrebbe mantenerne maggioranza e controllo. Il dibattitto sul costo economico sembra quasi in secondo piano. A quel punto Renzi rompe gli indugi e decide di favorire il progetto di Enel di abbinare alla sostituzione dei contatori elettronici lo sviluppo della rete in fibra. Da allora il progetto è mutato con la nascita di Open Fiber, la partecipazione di Cassa Depositi e Prestiti, e l'acquisizione di Metroweb.

franco bernabè
Franco Bernabé

"Il governo ha creato un concorrente per la fibra. Questa fase è giusta, poiché Telecom poi ha reagito e adesso sta accelerando sullo sviluppo. Però nuovamente lo scenario andrebbe gestito perché con un operatore elettrico che cabla si rischiano criticità", sostiene Décina. "La soluzione sarebbe scorporare la rete Telecom pagandola 10/15 miliardi di euro, consentire inizialmente la maggioranza Telecom, scrivere un nuovo statuto e avere una buona partecipazione dello Stato. Open Fiber dovrebbe poi confluirvi dentro. Nel tempo la presenza dell'ex-monopolista andrebbe diluita e poi consentire l'ingresso degli altri operatori".

Per altro Rocco Casale, uno dei massimi esperti TLC, sostiene che Enel avrebbe sottostimato gli investimenti del progetto Open Fiber e che l'eventuale duplicazione della rete, se Telecom dovesse mantenere la promessa di cablare nelle aree bianche, avrebbe conseguenze negative per il paese.

"Una rete scorporata consentirebbe di incrementare la sicurezza del paese e a Telecom di concentrarsi su un'economia di scopo basata sulla vendita di servizi e prodotti diversi", conclude l'autore. "Il futuro è in una Public Company". In sintesi una società ad azionariato diffuso dove la proprietà e il governo sono separate, quindi la gestione manageriale risponde davvero a tutti gli azionisti.