Google ha paura di Bing! Sì, certo, come no ...

Secondo il New York Post Bing ha portato il terrore in casa Google. Dubitare è legittimo.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Secondo il New York Post, Google starebbe guardando con preoccupazione a Bing, e per questo avrebbe accelerato i tempi su alcune innovazioni in scaletta. Il NYP cita nientemeno che Sergey Brin, il quale avrebbe ordinato di analizzare Bing (e il suo algoritmo), onde evitare brutte sorprese.

Non ci sarebbe nulla di strano, come fa notare Pino Bruno, in un'azienda che cerca di comprendere al meglio un concorrente. Se non fosse per due fattori: il primo è che Google, fino ad ora, non si è mai curata molto della concorrenza, e la seconda è che questa "notizia" si sta diffondendo velocemente, e con toni decisamente insoliti, quando si parla di Big G.

Fino ad una settimana fa, inoltre, la risposta ufficiale era quella di Erich Schmidt, che affermava come Bing non avrebbe cambiato di una virgola il loro modo di lavorare. Possibile che in pochi giorni Bing, ancora in Beta, abbia destato preoccupazioni a Mountain View? Per evitare confusioni, ricordiamo che "beta significa beta", per prodotti non Google.

L'immagine che accompagna l'articolo orginale del New York Post.

J. Doran, autore dell'articolo "La paura afferra Google", si basa su non specificate "fonti anonime interne all'azienda", per poi lasciarsi  andare ad affermazioni dai toni a dir poco emotivi, che vedono un Brin "terrorizzato", che mette insieme "un team che lavori ad aggiornamenti urgenti", e di come lo diriga personalmente.

Eppure chiunque può capire che il successo repentino di Bing non si deve certo al suo motore di ricerca, ma alla curiosità verso il nuovo prodotto e a un'interfaccia piuttosto gradevole (almeno per ora). Di certo lo sanno bene anche dentro al Googleplex.

A questo punto le ipotesi sono due: o questa storiella serve a spingere (ancora) il motore Microsoft, o, e cogliamo il suggerimento di Chris Matyszczyk, serve a Google per mostrarsi debole di fronte ai concorrenti.  

Come si potrebbe pensare, poi, che possa "diventare" un monopolista, se l'ultimo arrivato sulla scena lo mette in crisi? Forse vuole essere un messaggio velato, per arginare eventuali indagini antitrust nel settore della ricerca e della pubblicità online.

Ringraziamo Pino Bruno per la collaborazione.

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