I droni militari parleranno tra loro, il Pentagono investe milioni

Le armi intelligenti dovranno comunicare tra loro con un linguaggio apposito per rendere possibile un nuovo tipo di operazioni, secondo il Pentagono.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

I droni sono ormai una parte consolidata di ogni operazione militare, e uno degli obiettivi è ridurre al minimo l’intervento di operatori umani. Non si tratta solo di decidere se e quando colpire un bersaglio, o di stabilire chi è un bersaglio - quelle anzi sono questioni etiche complesse che per ora nessuno vuole affidare alle macchine.

Ma secondo il Pentagono c’è ancora molto da fare per l’avanzamento delle armi intelligenti, come per esempio sviluppare un sistema di interazione tra macchine. Per questo sta investendo decine di milioni di dollari per rendere i droni più avanzati e più autonomi.

Per esempio, una ricerca punta allo sviluppo di un linguaggio apposito, che volendo potremmo chiamare droidiano. Il problema è presto detto: i droni militari, come quelli civili, sono prodotti da aziende diverse e usano diversi sistemi di comunicazione. Un problema che la Difesa USA vuole risolvere, appunto, sviluppando un linguaggio comune a tutte le macchine - lo hanno chiamato Droidish, che appunto potremmo tradurre con droidiano.

"Permette a R2D2 di parlare con C3P0", ha spiegato a Forbes Keven Gambold, mente di Droidish e amministratore delegato dell'azienda appaltatrice Unmanned Experts, ricordando l'iconico duo di robot di Star Wars.

Insieme all'Università del North Texas, Gambold sta lavorando al progetto dal 2020 e finora ha già incassato oltre 7 milioni di dollari solo dall’Aviazione. Similmente, la società BlueHalo ha raccolto 21,5 milioni di dollari in finanziamenti per realizzare uno sciame di droni. Shield AI, similmente a BlueHalo, ha ricevuto altri generosi finanziamenti per sviluppare “squadre di droni”.

Una volta raggiunti gli obiettivi, i droni saranno in grado di decidere autonomamente come agire per raggiungere l’obiettivo prefissato (entro i parametri stabiliti).

Come molte applicazioni militari, anche questa un giorno potrebbe trovare un’applicazione civile: Gambold spera infatti che in futuro il droidish possa servire per far comunicare tra loro i veicoli su strada, ma potrebbero servire anche in agricoltura e in molti altri settori.

Chiaramente i problemi etici restano irrisolti: sviluppare armi intelligenti in grado di prendere decisioni, infatti, rende poi possibile affidare alle macchine decisioni eticamente complesse. E poi ci sono i possibili errori, ciò che in ambito militare viene spesso descritto come effetti collaterali. “Cosa succede”, ha detto l'esperta di droni militari Lucy Suchman, “se i sistemi autonomi prendono di mira persone che non sono legalmente autorizzati a uccidere, come i civili?” Per ora, infatti, l'Air Force è attenta a posizionare l'IA come strumento, non come un'arma.

Non tutti, comunque, condividono l’idea che questo futuro sia a breve termine: diversi esperti, infatti, ritengo che queste tecnologie a oggi siano adatte solo alle dimostrazioni, ma che non siano pronte per funzionare veramente sul campo.

Tuttavia le Forze Armate di tutto il pianeta si stanno muovendo nella stessa direzione, e stiamo assistendo a una vera e propria corsa agli armamenti intelligenti. I primi che ci arriveranno otterranno un notevole vantaggio strategico, e senza dubbio tenteranno di ritardare gli altri corridori.

"Non stiamo cercando di entrare in guerra”, ha dichiarato la vice segretaria alla Difesa Kathleen Hicks, “ma dobbiamo essere in grado di far muovere questo dipartimento con lo stesso tipo di urgenza perché [la Cina] non sta aspettando". Le fa eco Gambold, secondo cui la cinese DJI e i suoi 15 anni di esperienza offre al paese asiatico un vantaggio strategico. "Siamo in una competizione globale e non abbiamo vinto gli ultimi due round", ha dichiarato Gambold. "Quindi non c'è motivo di credere che vinceremo il prossimo se non ci diamo una mossa".