Il Partito Pirata italiano vuole cancellare la SIAE

Il Partito Pirata italiano ha forma di associazione, ma farà strada: esprime visioni sofisticate e condivise potenzialmente da una buona parte dell'utenza online. Non vogliono l'abolizione del copyright, brevetti e trademark ma spazzare via intermediari come la SIAE.

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a cura di Dario D'Elia

Il Partito Pirata italiano esiste, manca di fondi ma ha idee chiare che sarebbero condivise da una buona parte degli utenti online. Il problema come sempre è che tra il dire e il fare c'è di mezzo l'Italia. "Il Partito pirata italiano non è ancora decollato per via della legge elettorale. Pensa che in Svezia basta andare all'anagrafe in quattro per registrarsi come partito e poi avere spazi e visibilità", ha confidato il segretario Alessandro Bottoni al quotidiano La Repubblica. "Qui da noi devi raccogliere prima 50 mila firme per presentarti come partito".

E dire che di tentativi ne sono stati fatti. Il presidente Athos Gualazzi ha giocato la carta della lista civica (Più democrazia per Rovereto) alle Comunali del 2010; Bottoni invece si è presentato alle europee come indipendente di Sinistra e Libertà senza essere eletto. In ogni caso non è escluso che alle prossime elezioni facciano una sorpresa agli italiani; nel frattempo cercano finanziamenti perché "senza è difficile affermarsi".

Ma quali sono i temi, per cosa si battono i "pirati italiani"? 

"In Germania il Partito Pirata è stato visto come elemento di forte innovazione del panorama politico, ma il nostro progetto politico è più raffinato di quello dei tedeschi e ci pone inevitabilmente a sinistra", ha dichiarato Bottoni. "È difficile mettersi a destra se difendi i diritti dei consumatori, degli immigrati e dei giovani precari".

Partito Pirata

E per quanto riguarda le posizioni estreme? "Intanto noi non vogliamo l'abolizione del copyright ma una riforma radicale di copyright, brevetti e trademark, elementi di forte rigidità del mercato che é diventato anche un problema di democrazia", continua Bottoni.

"La cosiddetta proprietà intellettuale è centrale, ma noi vogliamo maggiore attenzione all'innovazione tecnologica, al lavoro e al sapere, perciò non vogliamo l'abolizione del diritto d'autore che sarebbe un passo indietro rispetto ai diritti dei lavoratori della conoscenza, vogliamo che gli autori controllino le loro opere e guadagnino il giusto senza la mediazione di enti parassiti come la SIAE [...] Ma questo vale per tutti, giornalisti, grafici, informatici". 

Il sogno è comunque quello di trasformare Internet in un diritto. "Internet è un'infrastruttura fondamentale, come le strade e gli acquedotti, un bene pubblico da garantire, come la raccolta dei rifiuti e il pronto soccorso". 

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"Mettere un biglietto d'ingresso al mercato è una sciocchezza vero? Lo stesso vale per Internet che non dovrebbe essere pagata dai fruitori ma da quelli che la usano per vendere e acquistare servizi, come gli over the top, Amazon, Google, Apple". 

Belle parole ma come convincere mercato e istituzioni a cambiare strada? "Bene troviamo una via di mezzo, discutiamone, siamo qui per questo, sblocchiamo questo paese insieme [...] Ma prima liberiamoci di Berlusconi, altrimenti non sarà possibile, lui è l'uomo della tv, e non farà mai niente per sviluppare Internet in questo paese".