Legge SOPA, Murdoch spara a zero contro Google

Non ci sarà in tempi brevi una legge che permetterà ai produttori di film di bloccare i siti pirata. La discussione sulla SOPA è infatti rinviata, e ora si cerca una norma con un ampio consenso. Le voci in campo sono però ancora molto lontane da un accordo.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Superato uno scoglio, ne restano molti

Le norme quindi non andranno al voto fino a che non ci sarà un vero consenso. Per questo - almeno per ora - è stata rimossa l'ipotesi di un filtraggio dei DNS. Tutto è rinviato a un prossimo nerd hearing, quando saranno ascoltate le voci delle aziende tecnologiche e degli oppositori della SOPA. Ed è ragionevole sperare che tra qualche tempo tutto sarà archiviato, se è vero che questa legge è diventata "tossica", e che tutti se ne vogliono tenere il più lontano possibile.

Rupert Murdoch su Twitter

L'eliminazione dei filtri DNS è certamente un passo avanti, ma nella SOPA/PIPA restano ancora diversi problemi da risolvere. Per esempio ci sono le misure "anticirconvenzione", strumenti che permetterebbero di perseguire chi dovesse inventare strumenti fatti apposta per evitare i blocchi. Il problema è che il Dipartimento di Stato sta sviluppando strumenti simili, per fornirli alla popolazione di paesi dove la Rete è bloccata, come la Cina o l'Iran - e secondo alcuni gli USA diventerebbero esattamente come questi paesi, quanto a censura, se la legge dovesse passare.

Si può quindi tirare un sospiro di sollievo, ma è ancora presto per abbassare la guardia. Lo scontro è infatti ancora nel vivo, come dimostrano due voci che si sono fatte sentire dopo il messaggio della Casa Bianca. Da una parte abbiamo infatti Rupert Murdoch, il noto magnate dei media: secondo lui "Obama si è schierato con i finanzieri della Silicon Valley che minacciano tutti i creatori di software con la pirateria, semplice furto". E poi rincara la dose con "Il capo dei pirati è Google che trasmette film gratis e ci guadagna con la pubblicità. Non sorprende che spenda milioni per il lobbying".

All'altro estremo invece abbiamo la voce di Tim O'Reilly, storico editore di testi sull'informatica, noto nel "mondo nerd" e particolarmente conosciuto in quello del software gratuito, libero e open source. O'Reilly ha scelto Google+ per dire che i danni economici dovuti alla pirateria e le perdite di posti di lavoro sono ancora tutti da dimostrare, tutti i numeri sono valutazioni senza dati reali, mentre sono certi i vantaggi che la pirateria porta ai produttori di contenuti.

Tim o'Reilly

La sfida non potrebbe quindi essere più aperta. Tutti i gruppi d'interesse coinvolti hanno i loro strumenti per influenzare i voti al Senato e al Parlamento degli Stati Uniti, e tanto Hollywood quanto la Silicon Valley sono determinate a portare a casa il risultato. Sullo sfondo c'è poi una sfida culturale più profonda, che vede le posizioni oltranziste di Murdoch fronteggiare quelle di O'Reilly, che cerca addirittura di riaprire la discussione sulla stessa definizione del problema - una scelta che secondo noi è del tutto condivisibile.

In tutto questo le aziende tecnologiche hanno gioco facile nel raccogliere il consenso del pubblico, ben espresso dai social network - basta guardare l'hashtag #blackoutSOPA su Twitter. Nessuno che non abbia un interesse specifico può desiderare una Rete meno libera, naturalmente - ma ciò non è una ragione per dimenticare che Facebook, Twitter, Google e tanti altri hanno dei conti aperti con gli utenti per quanto riguarda questioni come la privacy o la migrazione dei dati.

Insomma, lo scontro c'è, e non abbiamo difficoltà nello schierarci contro la SOPA; ma sarebbe un errore interpretarlo come buoni contro cattivi. I buoni, quando si parla di grandi multinazionali, non ci sono mai.