L'Italia risolve il problema dei cervelli in fuga: social network

Il Ministro Giulio Terzi vuole istituire una rete globale per far lavorare assieme per l'Italia tutti i luminari che abbiamo lasciato scappare all'estero. Collaboreranno a progetti comuni che porteranno benefici al nostro Paese, ma senza farli rientrare a casa.

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a cura di Elena Re Garbagnati

Una rete globale per far lavorare insieme gli scienziati italiani affinché contribuiscano alla crescita del nostro Paese pur risiedendo all'estero. Questa è l'idea del Ministro degli Affari Esteri Giulio Terzi per porre rimedio al problema della fuga di cervelli all'estero. Tra il 1990 e il 1998 i laureati che hanno lasciato il Belpaese sono quadruplicati, più di tremila ogni anno, a fronte di una importazione di materia grigia estera praticamente assente.

Dato che non si possono far tornare i geni in Italia, si cercherà di farli lavorare per l'Italia grazie a un social network apposito che verrà progettato da Gioacchino La Vecchia, agrigentino di 41 anni che è fuggito negli Stati Uniti, dove si è affermato come uno dei pionieri del web. La Vecchia ha contribuito a realizzare il primo server di Internet e i primi browser, e dal 2008 possiede un'azienda specializzata in crowdsourcing.

I cervelli italiani in fuga lavoreranno per l'Italia, via Internet

Questo termine identifica un modello di lavoro in cui un'azienda, un'istituzione o un numero indefinito di persone lavorano allo sviluppo di uno o più progetti senza essere fisicamente in contatto e servendosi di risorse condivise attraverso la Rete. Un esempio terra terra di crowdsourcing è quello che sfruttò Facebook nel 2008 quando chiese l'aiuto di tutti suoi utenti per tradurre varie parti del suo social network.

Terzi ha affidato a La Vecchia il compito di dare vita a una sorta di rete internazionale che coinvolga il maggior numero possibile di esponenti italiani della comunità scientifica estera. Pur restando lontani dalla propria patria, potranno collaborare via Internet alla crescita economica dell'Italia. Insomma, se non si può farli tornare che almeno si sfruttino le loro competenze, perché come sostiene Terzi "la conoscenza che gli scienziati italiani producono lontano da qui può avere lo stesso apporto vitale che ebbero le rimesse degli emigranti del secolo scorso".

Alcuni italiani sono fra i più prestigiosi ricercatori a livello mondiale, ma sono all'estero

L'idea è probabilmente stata ispirata dal discorso di Carlo Ratti, direttore del SENSEable City Lab del MIT di Boston e uno dei nostri più celebri cervelli in fuga, nel corso del Festival della Scienza di Genova, quando spiegò che "il contributo di un lavoratore della conoscenza può svolgersi ovunque e contribuire al benessere di luoghi lontanissimi da quelli in cui si trova".

Interessante e sacrosanto, ma perché non impegnarsi invece per far tornare in Italia le menti di spicco della comunità internazionale, invece di proporgli di lavorare per noi a tempo perso, mentre arricchiscono il patrimonio di un altro Paese? Sfruttare Internet è un'idea apprezzabile, ma dare lavoro in Italia ai giovani di talento sarebbe l'inizio della ripresa non solo scientifica.