Miti tecnologici alla prova: gli hacker dei film

Al cinema gli esperti fanno cose incredibili con i computer, in pochissimo tempo. Sarà vero?

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a cura di Nanni Bassetti

La digital forensics, ossia quella disciplina che si occupa di cercare fonti di prova nei dispositivi digitali, è zeppa di leggende, bufale e miti, molti dei quali provengono dal cinema e dalla TV. E infatti ogni tanto i professionisti del settore si trovano di fronte a domande assurde, poste da personaggi sopra le righe convinti che siano disponibili sistemi ai limiti della fantascienza; fatti straordinari che alcuni considerano verosimili, salvo poi insinuare una possibile ignoranza da parte del proprio interlocutore – vale a dire l'esperto che è stato consultato.

La TV e Hollywood ci hanno bombardato di acquisizioni o copie di hard disk effettuate in pochi minuti, agganciando l'hard disk a cavi che ricordavano quelli per le batterie delle automobili e mostrando il flusso dei dati come cascate di zeri e uno stile Matrix, recuperi di file ed informazioni nascoste tramite coloratissimi software in pochi minuti, cracking di password complesse con la semplice pressione compulsiva di tasti;  addirittura in un famoso (e bruttino) film l'operatore agiva mentre aveva una pistola puntata alla tempia e una gentil signorina che si prodigava in pratiche abbastanza distraenti nei bassifondi del povero hacker.

Codice Swordfish, 2001

E ancora, in film e telefilm abbiamo visto come recuperare file cancellati con velocità inimmaginabili, riconoscimenti facciali, accessi a tutte le reti e database del mondo, scambio d'immagini ovunque, analisi di qualsiasi telefonino, contenuti decriptati al volo, ecc. ecc. Insomma di miti da sfatare ce n'è a bizzeffe, a cominciare da quelli elencati nelle prossime pagine.