Privacy UE: in Italia c'è chi difende scocciatori e ficcanaso

Il nuovo regolamento UE sulla protezione dei dati appare un po' rigido anche al nostro Garante della privacy. Ma le associazioni di categoria si spingono oltre e denunciano rischi per il commercio elettronico. Stranamente dimenticano che il Registro delle Opposizioni è stato un flop.

Avatar di Dario D'Elia

a cura di Dario D'Elia

Il nuovo regolamento europeo in materia di protezione dei dati non piace alle associazioni di categoria, a dimostrazione che potrebbe essere la soluzione perfetta per i consumatori. Assocomunicazione, Fcp (federazione delle concessionarie pubblicitarie), Iab Italia (Internet advertising bureau) sono preoccupate per la riforma UE che mercoledì scorso è stata presentata Bruxelles.  

Sebbene il recepimento sia previsto entro il 2014, hanno già iniziato a pestare i piedi approfittando di un recente intervento del garante per la Privacy Francesco Pizzetti. "È una normativa molto dettagliata che fa tesoro dell'esperienza accumulata. Attualmente, però, conta molto il contesto internazionale: da questo punto di vista una normativa così dettagliata può rappresentare un potenziale ostacolo a forme di accordo internazionali", ha dichiarato il Garante alla testata EurActiv.

Privacy

"Sono presenti norme specifiche che vietano di usare i cookies senza il consenso specifico dell'utente, qualora essi vengano utilizzati per profilare i comportamenti in rete a fini di marketing. Ad esempio, Google non potrà memorizzare legittimamente i miei movimenti in rete per conoscere i miei gusti e comportamenti senza richiedere preventivamente il mio consenso". Una novità sostanziale rispetto ad esempio agli Stati Uniti dove gli utenti hanno diritto di rifiutare l'uso dei cookies per il marketing, non il diritto di dare il consenso preventivo. 

Il tema più delicato comunque è quello della privacy basata sul consenso opt-in e opt-out. Come ben sappiamo in Italia, ad esempio, il registro delle opposizioni basato su opt-out si è dimostrato un flop clamoroso. Non solo lo pensano le associazioni dei consumatori, ma lo stesso Pizzetti - e basterebbe andare a rileggere le sue dichiarazioni dello scorso autunno. Quindi è evidente che la decisione della UE di obbligare tutti i paesi all'opt-in stia preoccupando non poco gli operatori.

"Introdurre in Italia l'opt-in porrebbe inevitabilmente il nostro Paese in una posizione di svantaggio rispetto ai molti Paesi europei che hanno scelto la strada dell'opt-out, lasciando agli utenti la piena libertà e consapevolezza della gestione della propria navigazione", sostengono le associazioni di categoria. 

"Ci si troverebbe infatti di fronte ad un'Europa con uno sviluppo digitale a due velocità: da una parte l'Europa che investe nel digitale e nelle infrastrutture di banda larga, con delle regole per la gestione della Rete non rigide ma sicure e flessibili e dall'altra, un'Europa  -  quella di cui farebbe parte l'Italia - che di fatto rallenta la crescita del digitale come fattore abilitante per la ripresa economica. Una scelta di questo tipo rappresenterebbe un grosso freno per il nostro Paese, soprattutto per quanto riguarda gli investimenti dei grandi player, che prediligerebbero indubbiamente Paesi con regimi meno duri".

Insomma, con l'opt-in pubblicità e e-commerce potrebbero risentirne poiché sarebbe permesso solo l'utilizzo dei dati di navigazione che l'utente approva. Con l'opt-out varrebbe solo quello non escluso.

C'è veramente da perdere la testa dietro a queste opzioni. L'unico dato certo è che il pubblico registro da noi non ha funzionato. Non resta che l'altra possibilità.