Trovato un modo per creare il raggio congelante

L'Aeronautica Militare USA lo vuole a tutti i costi un raggio congelante e gli scienziati sono già al lavoro

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Quando dici “raggio congelante” si pensa a certa fantascienza o a prodotti per bambini tipo Cattivissimo Me, o magari ti viene in mente Han Solo “congelato nella grafite”. Invece l’esercito americano ne vuole uno che si possa usare come dissipatore, per raffreddare dispositivi ad alta quota.

La nota curiosa è che il punto di partenza è il plasma, uno stato della materia associato, in genere, a temperature molto alte. Secondo la ricerca, però, il plasma a base di elio può raffreddare una superficie facendo esplodere uno strato ultrasottile di carbonio e molecole d'acqua.

L’altra nota curiosa è che l’idea è di usare questo “raggio congelante” dove fa già parecchio freddo, molto in alto nell’atmosfera o persino fuori da essa. Il fatto è che i dispositivi elettronici producono comunque calore; se sei nello spazio in verità può essere un problema, perché siccome non c’è aria ti manca un mezzo per trasportare il calore lontano. “E non si può portare a bordo un carico di refrigerante perché questo aumenta il peso e si perde efficienza”, aggiunge il professore dell'UVA Patrick Hopkins in un comunicato

La soluzione sarebbe appunto sparare questo raggio congelante, a base di plasma di elio, per raffreddare i componenti in questione. L’Aviazione USA (US Air Force) crede nel progetto e ha concesso un finanziamento di 750.000 dollari al laboratorio della Hopkins (Experiments and Simulations in Thermal Engineering (ExSiTE)).

Come funziona? 

Aerei, satelliti e stazioni spaziali come la ISS ad oggi usano tutte più o meno lo stesso meccanismo: piastre metalliche e tubi di metallo (heatpipe) per allontanare il calore dal punto in cui viene generato. Funziona, ma aggiunge molto peso e, soprattutto, ci si aspetta che l’elettronica del futuro scaldi di più rendendo queste soluzioni insufficienti.

Sparare del plasma molto caldo, curiosamente, può portare al raffreddamento della superficie; è quanto suggeriscono i primi esperimenti del prof. Hopkins e del suo team, e ora la ricerca potrà proseguire con i fondi dell’Air Force.

"Quello in cui sono specializzato è fare misure di temperatura molto, molto veloci e molto, molto piccole", ha dichiarato Hopkins, “"Quando abbiamo acceso il plasma, abbiamo potuto misurare immediatamente la temperatura nel punto in cui il plasma ha colpito, e poi abbiamo potuto vedere come è cambiata la superficie. Abbiamo visto che prima la superficie si raffreddava, poi si riscaldava".

Il raffreddamento del plasma dura solo una manciata di microsecondi, ma Hopkins spera che, un giorno, un dispositivo specializzato possa “sparare” sui punti più caldi di una navicella spaziale, evitando così problemi di surriscaldamento.

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