Twitter bloccherà le campagne pubblicitarie politiche, mentre Facebook sostiene che non bisogna censurare

Twitter dal mese prossimo bloccherà le campagne pubblicitarie politiche, mentre Facebook sostiene che non si debba censurare nulla.

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a cura di Dario D'Elia

Ieri pomeriggio l'AD di Twitter Jack Dorsey ha annunciato che il suo social network vieterà da novembre tutte le campagne pubblicitarie politiche, comprese quelle dei candidati. Al contrario, il patron di Facebook Mark Zuckerberg, poche ore dopo durante il confronto con gli analisti sull'ultima trimestrale si è sperticato sui principi della libertà di espressione sostenendo che non bisogna censurare alcun tipo di comunicazione politica.

Due punti di vista diversi. Dorsey ha twittato infatti che "la portata del messaggio politico dovrebbe essere guadagnata, non acquistata", coagulando immediatamente il consenso degli esponenti del partito democratico e le critiche di quelli che sostengono Trump. Zuckerberg invece ha dichiarato che "in questo momento, il dibattito sui contenuti riguarda gli annunci politici. Dovremmo bloccare gli annunci politici che contengono dichiarazioni false?".

"Dovremmo bloccare tutti gli annunci politici? Google, YouTube e la maggior parte delle piattaforme Internet pubblicano questi stessi annunci, la maggior parte delle reti via cavo pubblica questi stessi annunci e, naturalmente, le emittenti nazionali sono obbligate per legge a gestirli secondo i regolamenti FCC".

Secondo il giovane fondatore di Facebook, come ha lasciato intendere altre volte, in una democrazia sarebbe ingiusto per le "aziende private censurare i politici o le notizie". Una posizione forte anche se il dibattito riguarda le campagne pubblicitarie a pagamento e non normali post.

"Un messaggio politico guadagna portata quando le persone decidono di seguire un account o ritwittare. Pagare per raggiungerla rimuove quella decisione, forzando messaggi politici altamente ottimizzati e mirati sulle persone. Crediamo che questa decisione non debba essere compromessa dal denaro", ha scritto Dorsey.

"Non si tratta di libera espressione. Si tratta di pagare per raggiungere (l'elettorato, NdR). E pagare per aumentare la portata del discorso politico ha implicazioni significative che l'infrastruttura democratica di oggi potrebbe non essere pronta a gestire. Vale la pena fare un passo indietro per affrontare la questione".