Un batterio mangia la plastica per battere l'inquinamento

Scoperto un batterio che può mangiare il PET, la plastica usata per le bottiglie d'acqua.

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a cura di Manolo De Agostini

Un team di ricercatori giapponese ha identificato una nuova specie di batterio, Ideonella sakaiensis 201-F6, capace di "mangiare" la plastica. Più precisamente può rompere i legami molecolari del polietilene tereftalato, meglio noto come PET. Trasforma il PET in un'altra sostanza chiamata MHET e poi usa un enzima aggiuntivo per trasformarla in componenti base del PET. Il batterio permette inoltre di trasformare MHET in un nuovo materiale PET.

È una scoperta importantissima se pensiamo che la maggior parte delle bottiglie di plastica per l'acqua in commercio nei supermercati è in PET e spesso finisce in natura, specialmente nei mari dove si sono formate vere e proprie isole di plastica. Uno scempio.

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Il gruppo di ricerca giapponese ha setacciato centinaia di campioni di inquinamenti PET prima di trovare una colonia di organismi che usa la plastica come fonte di cibo. Ulteriori indagini hanno individuato batteri che possono degradare quasi totalmente la plastica di bassa qualità entro sei settimane.

"Questo è il primo studio rigoroso - sembra essere stato svolto molto attentamente - che ho visto e che mostra della plastica idrolizzata (scomposta) dal batterio", ha affermato il dottor Tracy Mincer, ricercatore del Woods Hole Oceanographic Institution.

Le molecole che formano il PET hanno legami molto forti, ha spiegato il professor Uwe Bornscheuer. "Fino a poco tempo fa nessun organismo noto era in grado di decomporlo". L'Ideonella sakaiensis 201-F6 sembra aver sviluppato enzimi specifici capaci di scomporre il PET, una risposta della natura all'accumulo di plastica nell'ambiente negli ultimi 70 anni.

Secondo Enzo Palombo, professore di microbiologia della Swinburne University, un'evoluzione così rapida è possibile in quanto i microbi hanno la capacità straordinaria di adattarsi a ciò che li circonda. "Se mettete un batterio in una situazione dove ha solo una fonte di cibo da consumare, nel tempo si adatterà a usarla".

Il batterio ha necessitato di più tempo per "mangiare" PET altamente cristallizzato usato nelle bottiglie. Ciò significa che gli enzimi e i processi devono essere rifiniti prima che possa essere utile per il riciclo industriale o ripulire dall'inquinamento.

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"È difficile scomporre il PET altamente cristallizzato", ha affermato il professor Kenji Miyamoto della Keio University, uno degli autori dello studio. "I nostri risultati di ricerca sono solo l'inizio per l'applicazione. Dobbiamo lavorare su tante questioni per le diverse applicazioni. Ci vuole molto tempo".

Il PET rappresenta quasi un sesto dell'annuale produzione di plastica e malgrado sia tra le plastiche più comunemente riciclate il World Economic Forum (WEF) stima che solo poco più della metà è raccolta per il riciclo e molta meno finisce per essere riusata. Si stanno facendo progressi sulle plastiche biodegradabili e il riciclo, ma il professor Bornscheuer fa notare che "questo non aiuta a sbarazzarsi della plastica già nell'ambiente".

Le potenziali applicazioni di questa scoperta rimangono ancora da stabilire. L'uso più ovvio sarebbe come agente biologico in natura: i batteri potrebbero essere spruzzati sui cumuli di spazzatura galleggiante negli oceani. Questo metodo è usato soprattutto per combattere fuoriuscita di petrolio, ma non tutti sono d'accordo sull'efficacia. Inoltre scomporre la plastica potrebbe liberare nell'ambiente additivi che possono essere tossici. Il batterio potrà essere usato nel riciclo e si studia come usare gli scarti e ridurre l'uso di petrolio per la produzione di plastica.

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