Vogatori USA con tute antibatteriche alle Olimpiadi di Rio

La paranoia per le precarie condizioni sanitarie durante le Olimpiadi di Rio sta ormai dilagando tra gli atleti delle varie nazioni, tra velisti tedeschi che si avvolgeranno nella plastica e vogatori statunitensi che useranno tute antibatteriche, ma queste precauzioni saranno davvero efficaci?

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a cura di Alessandro Crea

In Brasile, e in particolare nelle inquinatissime acque di Rio, le condizioni igienico-sanitarie sono lontane dagli standard considerati accettabili qui in Occidente. Dopo l'allarme per la possibilità di contrarre la Zika, la paranoia si sta diffondendo rapidamente tra gli atleti, che stanno pensando a tutte le soluzioni nella speranza di non ammalarsi durante le competizioni.

La notizia più recente riguarda l'Università di Philadelphia, che ha messo a punto particolari divise antibatteriche per i vogatori della squadra statunitense, che si troveranno a dover remare in acque inquinate dagli scarichi fognari e con livelli di presenze virali che eccedono di 1,7 milioni di volte il livello che noi consideriamo normalmente pericoloso.

tute antibatteriche

Le tute sono composte di materiali come metalli, composti fenolici, sali o polimeri particolari, con funzioni antibatteriche, ma purtroppo la misura sarà lo stesso largamente insufficiente. Anzitutto infatti gli atleti resteranno esposti agli schizzi d'acqua in molte parti del corpo, senza contare il viso. I materiali antibatterici inoltre non è detto che riescano a essere efficaci contro tutti i tipi di batteri e molti virus presenti in quelle acque. Per una protezione effettiva infatti gli atleti dovrebbero indossare tute integrali sigillate e maschere.

Così, mentre il National Institute of Health ha annunciato che monitorerà gli atleti statunitensi per verificare precocemente eventuali infezioni da Zika, il velista tedesco Erik Heil ha dichiarato che si avvolgerà nella plastica, dopo la brutta esperienza dello scorso agosto, durante un test nelle acque di Rio, in cui la sua gamba è stata infettata da un batterio che consuma la carne.

RioOlympics

Alcuni atleti pensano invece di arrivare parecchio prima dell'inizio dei giochi, nella speranza di avere più tempo per acclimatarsi agli alti livelli di inquinamento, altri assumeranno inutili antibiotici o semplicemente cercheranno di lavarsi con acqua pulita subito dopo le gare, mentre la maggior parte semplicemente arriverà all'ultimo momento a Rio e andrà via il prima possibile, per ridurre il proprio tempo di esposizione.

L'unica speranza di questi atleti in realtà, come spiegato Katherine Mena, ricercatrice che lavora quotidianamente sui patogeni acquatici presso la UT-Houston School of Public Health, risiede nel proprio sistema immunitario, uno dei migliori al mondo, dato che essi sono in realtà esposti quotidianamente a questo tipo di attacchi, anche se non a questo livello di concentrazione.

Insomma, tute o no, i vogatori statunitensi (ma anche gli atleti acquatici delle altre federazioni) sono pronti a gareggiare. È lo spirito olimpico.