Whatsapp e le altre app dovrebbero pagare le telco italiane?

L'indagine AGCOM "Servizi di comunicazione elettronica" lascia intendere che le app di messaggistica potrebbero essere obbligate a pagare le telco italiane per l'impiego delle reti.

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a cura di Dario D'Elia

Whatsapp, Telegram e tutti gli altri servizi di messaging dovrebbero pagare alle società di telecomunicazioni un pedaggio per l'impiego delle reti? Sì, dicono le telco italiane da anni. Sì, dice Antonio Preto, membro anziano del Consiglio dell'AGCOM, nella sua indagine "Servizi di comunicazione elettronica".

Oggi Aldo Fontanarosa su La Repubblica anticipa quel che il Garante delle Comunicazioni sembrerebbe intenzionato a fare nel prossimo futuro: imporre alle app di comunicazione di negoziare con TIM, Vodafone e gli altri operatori accordi commerciali di servizio. In pratica dovrebbe pagare una tariffa "equa, proporzionata e non dicriminatoria".

"L'ipotesi di interconnessione tra over-the-top e TLC non implica costi diretti per l'utente e la possibilità per i fornitori di servizi di messaggistisca istantanea di poter attingere al credito telefonico", ha puntualizzato Presto.

whatsapp

Le app riceverebbero in cambio non solo la possibilità di continuare a svolgere la propria attività ma anche poter accedere al credito telefonico degli utenti per eventuali servizi a pagamento. L'indagine di Preto suggerisce anche l'obbligo per le app di rispettare le norme sulla privacy italiane – più rigide rispetto al mondo anglosassone, attivare call center per la clientela e abilitare  la chiamata gratuita ai numeri d’emergenza.

Un cambio di paradigma che lascia perplessi anche perché il modello di business delle app gratuite è basato sulla profilazione della clientela e la vendita dei dati. Le app di messaging - Messenger di Facebook, Telegram e Whatsapp le più usate – ormai vengono usate quotidianamente da 46,7 milioni di italiani. Il volume di affari generato è gigantesco, mentre quello dei vecchi SMS è crollato. Le telco nel 2011 gestivano 90 miliardi di messaggini, nel 2015 meno di 32 miliardi.

In sintesi la posizione di Preto è quella di rimescolare le carte nel settore e sposare la causa delle società di telecomunicazioni che da anni chiedono di essere rimborsate per l'impiego delle loro reti. A questo punto, verrebbe da pensare, che il trattamento riservato a queste app potrebbe essere replicato nell'ambito streaming, in quello delle mail e ogni altro settore che implichi il trasferimento dati su una rete TLC, con tanti saluti ai principi di neutralità della rete. D'altronde chi decidesse di non voler pagare i balzelli sarebbe escluso.

Verrebbe da chiedere alle telco e all'AGCOM se il ritardo accumulato dallo sviluppo delle nostre infrastrutture sia da imputarsi agli sviluppatori dei servizi oppure a qualcun altro. Nelle risposte forse si scoprirebbe che è la mancanza di impegno nello sviluppo di servizi innovativi capaci di alimentare la domanda il tallone d'Achille dell'industria di settore. 

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