L'Europa si trova oggi di fronte a una realtà che nessuno voleva ammettere: la rivoluzione elettrica tanto promessa sta incontrando ostacoli più profondi del previsto. I dati raccolti dal nuovo tracker interattivo dell'ACEA (European Automobile Manufacturers' Association) dipingono un quadro in cui gli obiettivi ambiziosi della transizione verde si scontrano con una realtà di mercato che fatica a seguire il ritmo imposto dalle istituzioni. Per la prima volta dalla nascita del settore, la quota di mercato delle vetture completamente elettriche ha registrato un calo significativo, scendendo dal 14,6% del 2023 al 13,6% del 2024.
Questo strumento di monitoraggio, pensato inizialmente per operatori del settore e analisti, rivela come il divario tra aspettative politiche e dinamiche commerciali stia diventando sempre più evidente. La piattaforma raccoglie e aggiorna costantemente tutti gli indicatori chiave del processo di elettrificazione: dalle immatricolazioni alle infrastrutture (non wallbox, però), dai prezzi di ricarica alla diffusione effettiva dei veicoli a zero emissioni. Quello che emerge è un panorama europeo caratterizzato da profonde disparità geografiche e da sfide strutturali che richiedono soluzioni immediate.
Il nodo più critico riguarda senza dubbio le infrastrutture di supporto. Mentre Bruxelles punta a raggiungere 8,8 milioni di punti di ricarica pubblici entro il 2030, la rete attuale conta appena 880.000 colonnine. Questo significa che nei prossimi cinque anni dovrebbe essere realizzato un incremento di dieci volte superiore all'esistente, un obiettivo che appare sempre più irrealistico considerando i tempi burocratici e i costi di implementazione.
Attualmente, il rapporto è di una colonnina pubblica ogni cinque auto elettriche, ma la situazione si complica ulteriormente se si considerano anche le ibride plug-in e i veicoli commerciali elettrici che competono per le stesse risorse.
Un paradosso particolarmente stridente emerge dall'analisi dei prezzi: in numerosi paesi europei, ricaricare un'auto elettrica presso le reti pubbliche costa oggi più che rifornire un veicolo tradizionale. Questa inversione di tendenza mina alle radici uno dei principali argomenti a favore della mobilità sostenibile, quello del risparmio economico a lungo termine. La competitività delle soluzioni a zero emissioni risulta così compromessa proprio nel momento in cui dovrebbe rappresentare l'alternativa più conveniente.
Durante la presentazione ufficiale del tracker, Sigrid de Vries, Direttrice Generale dell'ACEA, ha sottolineato come i costruttori non possano sostenere da soli il peso di questa transizione. Le sue parole evidenziano una carenza sistemica di incentivi stabili e procedure autorizzative che procedono con lentezza eccessiva, accompagnate da costi di realizzazione sempre più elevati. Questa situazione genera un circolo vizioso in cui la mancanza di infrastrutture adeguate scoraggia l'acquisto di veicoli elettrici, mentre la domanda limitata non giustifica investimenti massicci nella rete di ricarica.
La situazione diventa ancora più preoccupante quando si analizza il comparto del trasporto commerciale e industriale. I veicoli pesanti a zero emissioni rappresentano attualmente solo il 3,5% delle nuove immatricolazioni, una percentuale che dovrebbe balzare al 35% entro il 2030 per rispettare gli impegni climatici europei. Questo salto quantico appare oggi quasi impossibile da realizzare, considerando la scarsità di infrastrutture dedicate ai mezzi pesanti.
L'intera Unione Europea dispone oggi di poche centinaia di colonnine adatte alla ricarica di camion elettrici, mentre le stime dell'ACEA indicano la necessità di almeno 35.000 punti di ricarica specializzati nei prossimi cinque anni. A questi si dovrebbero aggiungere circa 2.000 stazioni di rifornimento per l'idrogeno con capacità industriale. I calcoli sono impietosi: servirebbe installare una media di 500 colonnine per camion ogni mese da qui al 2030, un ritmo che nessun paese europeo ha mai nemmeno avvicinato.
L'Italia non fa eccezione in questo panorama di difficoltà. Il nostro paese mantiene una quota di mercato per i veicoli elettrici ancora inferiore alla media europea, mentre la rete di ricarica pubblica, pur in espansione, rimane distante dagli standard dei paesi più avanzati. Particolarmente penalizzanti sono i costi della ricarica in corrente continua, che collocano l'Italia tra i mercati più cari d'Europa, vanificando uno dei principali vantaggi economici della mobilità elettrica.
Questo quadro complessivo suggerisce che la transizione verso la mobilità elettrica richiede un ripensamento strategico profondo. Non bastano più gli annunci e gli obiettivi ambiziosi: servono politiche concrete, investimenti coordinati e una visione realistica dei tempi necessari per trasformare completamente un settore che per oltre un secolo ha funzionato secondo logiche completamente diverse.