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Così un vecchio tunnel ferroviario diventerà una pista di prova top secret

Nello Northamptonshire, in Inghilterra, è stato convertito un vecchio tunnel ferroviario in un misterioso sito dedicato al test e all'analisi dei flussi aerodinamici delle vetture; sarà pronto entro fine anno e accessibile a tutti.

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Avatar di Luca Rocchi

a cura di Luca Rocchi

Managing Editor

Pubblicato il 19/09/2021 alle 21:00

Le prime gallerie del vento furono costruite per scopi di ricerca nel XIX secolo, ma fu l'arrivo degli aerei a creare l'urgente necessità di studiare gli effetti del flusso d'aria in movimento. Nel 1903 i fratelli Wright hanno utilizzato una rudimentale galleria del vento per sviluppare il loro rivoluzionario Flyer, ma solo diversi decenni dopo l’industria automobilistica beneficiò di tale tecnologia. La prime auto, infatti, erano troppo lente per poter trarre beneficio dallo studio dei flussi d’aria e solo 1938, il tedesco Wunibald Kamm, riuscì a dimostrarne i vantaggi su una BMW 328 Kamm Coupé ideando la prima galleria a grandezza naturale, in uso ancora ad oggi. Decenni dopo, quando gli sport motoristici entrarono nell'era della deportanza aerodinamica, l'importanza delle gallerie del vento divenne più importante, sebbene le velocità coinvolte abbiano fatto sì che quasi tutte fossero costruiti su scale più piccole e utilizzate con modellini in scala.

Le gallerie del vento sono diventate strumenti vitali per lo sviluppo sia delle auto da corsa sia di quelle stradali, soprattutto ora che l’efficienza rappresenta un aspetto ancora più importante nelle nuove vetture elettriche. Nonostante questo, le gallerie del vento sono estremamente costose da costruire e progettare; alcuni stabilimenti richiedono un esborso di più di 100mila euro al giorno per funzionare. Le soluzioni migliori arrivano spesso dal pensiero laterale e per ovviare ai costi stratosferici, l’azienda britannica Totalsim ha deciso di convertire un tunnel ferroviario da 2,57 km in disuso in un nuovo sito per studiare i flussi aerodinamici. Naturalmente sono stati necessari una serie di interventi prima di poter ipotizzare e pianificare l'opera; il tunnel negli anni, infatti, ha subito diverse inondazioni che hanno compromesso la struttura. Nonostante la lunghezza limitata, le vetture possono mantenere una velocità costante di 160 km/h per circa 40 secondi prima di iniziare a rallentare.

catesby-tunnel-186495.jpg

Nelle tradizionali gallerie del vento il soggetto rimane immobile ed è l’aria che viene spinta su di esso per calcolarne l’efficienza; l’alternativa più ovvia e naturalmente economica è quella opposta, ossia muovere il soggetto all’interno di un ambiente severamente monitorato. Il tunnel Catesby è pertanto il luogo adatto: si tratta di un vecchio tunnel ferroviario (per i più curiosi ecco il link su Google Maps) quasi perfettamente in piano e facilmente isolabile dalla presenza di elementi esterni che potrebbero compromettere i test. Per consentire il regolare svolgimento delle prove, saranno introdotte una serie di barriere di protezione e verrà installato un nuovo asfalto per garantire un grip migliore e rimuovere eventuali pendenze.

L'idea di utilizzare un tunnel esistente non è nuova; negli Stati Uniti, Chip Ganassi Racing ne ha rilevato uno abbandonato in Pennsylvania nel 2003, e da allora è stato ampiamente utilizzato per lo sviluppo di vetture impiegate nel motorsport. Nonostante la conformazione architettonica, il tunnel non aggiunge alcun eco ai rombi dei motori; in altre parole, sarà possibile per i team sfrecciare praticamente 24 ore su 24 senza disturbare la quiete pubblica. Il tunnel di Catesby aprirà ai clienti dal prossimo mese e, sebbene Subaru abbia investito nel progetto, è possibile che il sito sia disponibile a chiunque sia disposto a pagare. Nei giorni festivi c’è la volontà di renderlo aperto al pubblico gratuitamente, così da consentire anche ai ciclisti di poterlo utilizzare. In futuro, la società britannica, non esclude di installare ventilatori laterali, migliorare il reparto di comunicazione e renderlo ancora più all’avanguardia.

Fonte dell'articolo: www.autocar.co.uk

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