In molte situazioni la permanenza delle aziende nell'ecosistema Microsoft non è dettata solo dalla qualità del software, ma dalla frizione: migrare applicazioni legacy .NET e database SQL Server verso piattaforme diverse, magari open source e meno costose, è un processo costoso, rischioso e incredibilmente lento. Questa inerzia ha generato quella che possiamo definire una "tassa operativa" implicita nei bilanci IT.
Ora, in modo del tutto inaspettato, pare che sarà Amazon Web Services a cambiare le carte in tavola.
Al re:Invent, AWS ha infatti cambiato le regole del gioco presentando la nuova evoluzione di AWS Transform. Non si tratta dell'ennesimo tool di assistenza, ma di una flotta di "Frontier Agents" basati su intelligenza artificiale. La promessa è audace: automatizzare il "lavoro sporco" della modernizzazione, riducendo i tempi di migrazione da mesi a giorni e tagliando i costi operativi fino al 70%.
Dagli Assistenti agli Agenti: il salto evolutivo
Per comprendere la portata della notizia, bisogna distinguere tra i "Copilot" (come quello di GitHub) e questi nuovi agenti. Se un Copilot è un passeggero che suggerisce la strada all'autista (lo sviluppatore), l'agente di AWS Transform prende direttamente il volante.
Il sistema non si limita a completare righe di codice: scansiona l'intero repository, mappa le dipendenze critiche, pianifica la strategia di refactoring ed esegue la conversione da framework proprietari (.NET) a tecnologie open source (.NET Core su Linux), trasformando al contempo i database proprietari in Amazon Aurora PostgreSQL.
Insomma agenti autonomi che possono lavorare da soli, per ore o giorni. Uno scenario che rimanda forzatamente al pensiero della crisi occupazionale. Se da un lato il CEO di AWS Matt Garman ha definito stupida l'idea di sostituire i dipendenti con l'IA, strumenti come questo eliminano di fatto la necessità di junior developer dedicati alla manutenzione correttiva e al porting manuale. L'obiettivo è spostare il capitale umano verso compiti a valore aggiunto, lasciando agli algoritmi quello che Amazon definisce "undifferentiated heavy lifting". Ma nell’applicare questo approccio, nobilissimo, si rischia che qualche posto di lavoro si perda per strada.
La nuova leva finanziaria: scacco al rinnovo Microsoft
La disponibilità di un'alternativa di migrazione rapida e a basso costo modifica radicalmente i rapporti di forza durante i rinnovi degli Enterprise Agreement (EA) con Microsoft.
Fino a ieri, il CIO che minacciava di abbandonare Windows al tavolo delle trattative stava spesso bluffando: il costo del "re-platforming" superava di gran lunga il risparmio sulle licenze. Oggi, quel bluff diventa una minaccia credibile.
La dinamica ricorda da vicino quanto accaduto durante la crisi dei prezzi VMware, dove l'improvviso aumento dei costi ha costretto le aziende a valutare alternative prima impensabili. Con AWS Transform, il TCO (Total Cost of Ownership) cambia: se posso migrare un cluster SQL Server su Aurora in un weekend quasi automaticamente, il premio che sono disposto a pagare a Redmond per rimanere "comodo" crolla verticalmente. Le licenze diventano così una spesa opzionale, non più una tassa fissa inevitabile.
Il rischio strategico: cambiare padrone
C'è però un'ombra in questo scenario di efficienza, ed è il paradosso del lock-in. Utilizzare un'IA proprietaria di AWS per liberarsi dalle catene di Microsoft risolve il problema delle licenze, ma rischia di legare l'azienda a doppia mandata all'infrastruttura di Jeff Bezos. Ci si troverebbe da un lock-in a un altro lock-in, tra l’altro con un fornitore che non è famoso per avere prezzi certi e stabili.
Inoltre, rimane un'incognita sulla manutenibilità futura: un'applicazione riscritta da una macchina è davvero comprensibile per il team umano che dovrà gestirla tra due anni? O stiamo barattando il vecchio debito tecnico con un nuovo "debito algoritmico" di cui non conosciamo ancora gli interessi?