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Coursera sbarca in Italia: una nuova era per la formazione digitale

Coursera lancia ufficialmente la sua piattaforma tradotta in italiano, con nuovi corsi e partnership accademiche e aziendali in Italia.

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Avatar di Valerio Porcu

a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Pubblicato il 24/06/2024 alle 13:25

Coursera (https://www.coursera.org/), prima pioniere e poi colosso dell’istruzione digitale, arriva “ufficialmente” in Italia, con la traduzione totale della piattaforma, dai contenuti dei corsi all’interfaccia, e nuove partnership con realtà accademiche e aziendali nel nostro Paese. 

Fondata nel 2012 da due professori di informatica di Stanford, Andrew Ng e Daphne Koller, Coursera è cresciuta fino a diventare una delle più grandi piattaforme di apprendimento online al mondo, con 148 milioni di studenti registrati a livello globale. Offre un'ampia gamma di corsi, specializzazioni, certificati professionali e diplomi in collaborazione con oltre 325 partner universitari e di settore

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Coursera è disponibile in Italia praticamente dal primo giorno, e conta già su oltre un milione di utenti attivi, ma era tutto in inglese. Con la traduzione in Italiano - che riguarda sia i materiali sia l’interfaccia - il numero di learners dovrebbe aumentare ulteriormente. 

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"Il nostro obiettivo è quello di rendere disponibile un'istruzione di alta qualità a tutti, indipendentemente dalla lingua parlata e oggi possiamo affermare di aver compiuto un importante passo in questa direzione avendo utilizzato la potenza dell'AI per tradurre oltre 4.700 corsi in italiano offrendo agli studenti un accesso e una flessibilità senza precedenti per sviluppare competenze per il futuro digitale”, ha commentato Jeff Maggioncalda, CEO di Coursera.

GenAI, ci aiuta a imparare e dobbiamo impararla

le aziende potrebbe risparmiare oltre 5 miliardi di ore-lavoro

Durante la presentazione a Milano Maggioncalda ha parlato molto di Intelligenza Artificiale (IA), sottolineando come stia cambiando profondamente il panorama. In particolare, ricorda il CEO, è notevole come l’IA stia andando a impattare - e impatterà sempre di più - proprio su quei lavori che fino a poco tempo fa si potevano ritenere “sicuri” perché qualificati. 

Confrontando il 2016 e il 2023, infatti, un recente studio evidenzia come molti lavori considerati al riparo dai rischi dell’automazione siano diventati i più esposti. Un cambiamento impressionante al cui centro troviamo proprio la GenAI. 

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L’IA rappresenta un’enorme opportunità per le aziende, e nel nostro Paese si stima che il PIL potrebbe aumentare di molti punti percentuali con la diffusione degli strumenti IA presso le aziende, e allo stesso tempo le aziende potrebbe risparmiare oltre 5 miliardi di ore-lavoro. 

Da una parte ciò significa che molte mansioni, forse persino interi mestieri, diventeranno obsolete molto in fretta. Dall’altra l’esigenza di una formazione continua diventa ancora più urgente e pressante, e Maggioncalda ricorda come “Tutti devono imparare cose nuove per restare rilevanti nel mercato del lavoro”. 

Milioni di ruoli avranno bisogno di reskilling

Un’esigenza che riguarda il singolo individuo ma anche e soprattutto il mondo aziendale. Le imprese italiane infatti si trovano a dover considerare una profonda riqualificazione del personale, con i termini upskilling e reskilling che dovranno necessariamente entrare nel linguaggio ordinario della divisione HR (e non solo). “Milioni di ruoli avranno bisogno di reskilling”, è infatti una delle frasi di maggiore impatto viste durante la presentazione di Coursera. 

In questo scenario Coursera si presenta anche e soprattutto come un nuovo partner per le aziende italiane impegnate in questo percorso. Grazie a collaborazioni di alto profilo come quelle con il Politecnico di Milano, Università Bocconi, Università La Sapienza, Google, Amazon e altri. 

Se l’IA è la nuova belva dobbiamo imparare a esserne domatori

Entro il 2027, si prevede che il 48% delle competenze lavorative in Italia cambierà radicalmente, con settori come l'educazione, il business, la tecnologia e le vendite che subiranno i maggiori impatti. 

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Allo stesso tempo, già oggi molti dirigenti affermano che le competenze specifiche sono una qualità fondamentali; molti dicono già oggi che preferirebbero un candidato con meno esperienza ma con competenze in AI, e ben il 66% afferma che non assumerebbe mai qualcuno senza competenze nel campo AI.

In altre parole o si impara a usare gli strumenti AI o ci si trova esclusi dal percorso professionale. Anche se magari fino a ieri ci si sentiva sulla cresta dell’onda. Anche (forse soprattutto) i dirigenti. 

“L’AI non sostituirà i manager, ma i manager che usano l’AI sostituiranno quelli che non la usano” - Rob Thomas (IBM). 

Il punto centrale è diventare capaci di usare la GenAI per sfruttarla al massimo e farne davvero quello strumento miracoloso in grado di aumentare l’efficienza di tutti i processi aziendali. Affinché ciò sia possibile, servono persone che sappiano come usare le moderne IA e che siano in grado di far sì che l’Intelligenza Artificiale faccia quello che vogliamo. Non dobbiamo certo essere noi professionisti ad adeguarci all’output dell'algoritmo. 

Invece a volte è ancora ciò che accade. Così come alcuni studenti non sanno far altro che copia/incolla dell’ouput, così anche in alcuni ambiti lavorativi ci sono persone che non sanno migliorare ciò che l’algoritmo ha generato. 

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E questo è un problema enorme, perché per restare rilevanti bisogna restare davanti all’algoritmo. Come giornalista, non posso pensare di continuare il mio cammino professionale se non so scrivere articoli che siano nettamente migliori di quelli generati. E per farlo userò senza dubbio la GenAI, ma poi sarò in grado di migliorare la bozza creata. Se sono un programmatore, vale lo stesso discorso.

Ma se come giornalista, programmatore, copywriter, analista di dati o altro, non sono in grado di migliorare il lavoro raffazzonato dell’IA, allora ho bisogno di riqualificarmi; e ne ha bisogno la mia azienda, che potrebbe però decidere di lasciarmi indietro e prendere qualcuno che invece è già un domatore di algoritmi, anche se magari è inesperto nel campo principale. 

In altre parole, essere un vero professionista oggi - e ancora di più domani - significa saper vedere i problemi del prodotto della GenAI, ed essere in grado di correggerli. Si tratta di competenze molto avanzate, sicuramente complesse, difficili da ottenere. Sicuramente investire sulla formazione, con strumenti come Coursera, è la cosa giusta da fare per tenersi al passo e restare rilevanti. 

Coursera in Italia, come è stata possibile una svolta epocale 

Coursera porta in Italia oltre 4.700 corsi tradotti nella nostra lingua, e in alcuni casi persino i video sono doppiati in Italiano. Uno sforzo immane reso possibile proprio dall’Intelligenza Artificiale applicata alla traduzione. 

Ebbene sì, i corsi tradotti in Italiano sono traduzioni automatiche senza revisione umana. In questo modo Coursera ha abbassato il costo da 13mila dollari per corso a 20-25 dollari per corso. Gli studenti possono guardare i video in inglese con sottotitoli in Italiano, e accedere a tutte le trascrizioni, ai quiz e alle valutazioni. Gli insegnanti tuttavia mantengono il ruolo centrale e imprescindibile, con la responsabilità di validare il materiale in ogni passaggio.

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Alla presentazione ho visto qualche breve testo, e chiunque può vederli anche su Coursera. Siamo ben lontani dalla perfezione, e sono testi con un certo “sapore artificiale”; ma funzionano e raggiungono l’obiettivo (magari in modo imperfetto); e tanto basta. 

Arriva anche Coursera Coach, un chatbot che - all’interno di ogni singolo corso - elabora i materiali disponibili e aiuta lo studente a consolidare il proprio percorso di formazione. Può fornire feedback personalizzati, riassumere i video e molto altro. In tutto questo, gli studenti possono segnalare errori di traduzione, e allora ci sarà un intervento umano per correggere gli errori riscontrati. 

VIVA EXAM, lo strumento per evitare che gli studenti copino da chatGPT. 

Parlando di formazione e di valutazioni, non si può certo trascurare l’elefante nella stanza: c’è il rischio che gli studenti cerchino di imbrogliare, soprattutto se c’è di mezzo una certificazione che potrebbe impattare la vita professionale. E nel 2024 “imbrogliare” significa farsi fare i compiti da ChatGPT o simili. 

Essere un professionista significa saper vedere i problemi del prodotto della GenAI, ed essere in grado di correggerli

E come si affronta il problema? Maggioncalda è molto chiaro: non ci proviamo nemmeno a usare un software che riconosca i testi generati, perché quella è una battaglia persa in partenza. Invece Coursera prova a fare l’unica cosa sensata da fare, cioè assicurarsi che la studentessa abbia imparato veramente ciò che ha messo nel suo compito scritto. 

Sì ma non si tratta nemmeno di fare un esame orale con un’insegnante in carne e ossa, altrimenti crolla tutto il tentativo di espandere la portata di Coursera con costi sotto controllo. Invece, Coursera ha sviluppato VIVA EXAM, un bot che elabora il testo consegnato dallo studente, insieme ai materiali del corso (più eventualmente qualche extra). Il bot genera poi una serie di domande a cui lo studente deve rispondere. L’elaborazione delle risposte porta poi a una valutazione della “vera comprensione”. Se il bot ha il sospetto che l’alunno non abbia fatto le cose per bene, passerà il testimone al titolare del corso, che farà i controlli in carne ed ossa. 

In altre parole, si usa la GenAI per verificare se lo studente ha davvero capito. Il che appare un po’ surreale, visto che un’IA per definizione non può capire proprio nulla. Maggioncalda, insieme al Vice Presidente Arunav Sinha, non nega lo scenario incredibile. Eppure il sistema funziona e riesce effettivamente a distinguere gli studenti competenti da quelli che consegnano un testo generato senza padroneggiarne i contenuti e gli argomenti generali.

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