Scindere le potenzialità dell'intelligenza artificiale generativa da un suo uso sconsiderato, quasi obbligato, alla fine alienante. Da alcune delle principali compagnie tech e fintech al mondo arriva un messaggio chiaro: i ragazzi, nuovi candidati per svolgere le mansioni di oggi e di domani, devono sapere maneggiare gli strumenti di IA ma senza usarli durante i colloqui di lavoro.
Può sembrare un paradosso ma, in fondo, la questione è molto più complessa e, in un certo senso, condivisibile. Senza voler rinunciare all'idea di tool che sono già adesso imprescindibili per svolgere varie attività, le organizzazioni che hanno già abbracciato la GenAI lanciano un monito: fateci vedere di saper sfruttare le nuove piattaforme in comunione con le vostre capacità, così che i due ingredienti formino un unicum che dia un valore aggiunto al vostro essere. I detrattori obietteranno: "Quindi rinunciamo all'auto perché non ci fa più camminare a piedi"?. No, l'esatto contrario: "Non smettiamo di camminare a piedi perché abbiamo l'auto".
I casi concreti
Anysphere, l'azienda che ha sviluppato Cursor, uno degli assistenti di programmazione basati su intelligenza artificiale più apprezzati al mondo, vieta categoricamente l'uso dell'IA durante i propri colloqui di selezione. Questa scelta, lungi dall'essere una contraddizione casuale, rappresenta una strategia calibrata che riflette una comprensione profonda delle competenze necessarie per innovare nel campo dell'intelligenza artificiale. Il divieto imposto da Michael Truell, cofondatore e CEO di Anysphere, non nasce da pregiudizi tecnofobici ma da una valutazione pragmatica delle dinamiche di selezione. Durante un episodio del podcast di Y Combinator, Truell ha illustrato come la programmazione tradizionale rimanga il benchmark più efficace per misurare le capacità cognitive e tecniche dei candidati. L'unica eccezione tecnologica ammessa è l'autocompletamento del codice, ormai considerato uno standard negli ambienti di sviluppo contemporanei.
La filosofia della "beginner's mind" costituisce uno degli elementi centrali di questa strategia di reclutamento. Anysphere preferisce identificare programmatori talentuosi che non abbiano ancora familiarità con gli strumenti di IA, per poi formarli internamente sulle nuove tecnologie. Questa mentalità da principiante, secondo Truell, può trasformarsi in un vantaggio competitivo significativo, offrendo prospettive autentiche e non condizionate da abitudini consolidate nell'uso dell'intelligenza artificiale.
Il principio dell'equità permea l'intero processo selettivo. Molti sviluppatori eccellenti potrebbero essere penalizzati da una valutazione basata sulla familiarità con strumenti IA, quando le loro competenze fondamentali potrebbero essere superiori. Questa logica consente all'azienda di attingere a un bacino di talenti più ampio, evitando di escludere candidati validi per ragioni puramente tecnologiche.
L'immersione totale come filtro definitivo
La fase conclusiva del processo di selezione abbandona completamente i paradigmi tradizionali del recruiting tecnologico. I candidati che superano gli screening iniziali vengono invitati per un'esperienza immersiva di due giorni negli uffici dell'azienda. Durante questo periodo, lavorano su progetti concreti insieme al team, condividono momenti conviviali e concludono presentando una demo delle soluzioni sviluppate. Questa metodologia non convenzionale serve a identificare candidati genuinamente motivati e appassionati del settore.
L'approccio consente di distinguere tra professionisti vocazionalmente orientati e chi sta semplicemente esplorando multiple opzioni nel mercato del lavoro tecnologico. L'enfasi sulla sperimentazione dal basso caratterizza profondamente la cultura aziendale di Anysphere. L'organizzazione incoraggia attivamente i propri ingegneri a dedicare tempo a progetti esplorativi, arrivando a isolare team specifici per permettere loro di sviluppare iniziative in totale autonomia. Questa filosofia riflette la convinzione che l'innovazione più significativa possa emergere da qualsiasi livello dell'organizzazione.
I risultati economici di questa strategia selettiva sono concreti. Il mese scorso, Anysphere ha completato un round di finanziamento da 900 milioni di dollari, raggiungendo una valutazione di 9,9 miliardi di dollari. Questi traguardi testimoniano non solo il successo commerciale di Cursor, ma anche l'efficacia dell'approccio metodico nella costruzione del team.
Il riconoscimento del mercato enterprise
L'esempio di Anysphere illustra una verità fondamentale del settore tecnologico contemporaneo: le competenze tradizionali rimangono il fondamento su cui costruire l'innovazione futura. Escludere l'intelligenza artificiale dai colloqui per un'azienda specializzata in IA non rappresenta una contraddizione, ma una dimostrazione di come la solidità delle basi tecniche costituisca il prerequisito essenziale per sviluppare soluzioni all'avanguardia.
Questa filosofia si inserisce in un trend più ampio che coinvolge colossi come Goldman Sachs, Anthropic e Amazon, tutti uniti nel privilegiare l'autenticità delle competenze rispetto alla familiarità con strumenti di supporto.
Proprio Goldman Sachs ha recentemente inviato una comunicazione ai giovani candidati della propria accademia di investimenti privati nella regione EMEA: durante il processo di selezione è severamente proibito l'utilizzo di qualsiasi fonte esterna, inclusi ChatGPT e i motori di ricerca come Google. La banca preferisce che gli aspiranti dipendenti si preparino nel modo tradizionale, studiando i risultati finanziari dell'azienda, i principi commerciali e i valori fondamentali. La strategia di Goldman Sachs diventa ancora più interessante considerando che utilizza HireVue, una piattaforma di valutazione dei talenti alimentata proprio dall'IA. Questo sistema pone domande comportamentali progettate per rivelare le competenze dei candidati, concedendo appena 30 secondi di preparazione seguiti da due minuti per rispondere. La finestra temporale ristretta rende praticamente impossibile consultare efficacemente un chatbot, formulare una domanda appropriata e ottenere una risposta personalizzata.
IA da sapere usare ma "sleale" nei colloqui
L'ironia della situazione emerge quando si considera che circa la metà dei 46.000 dipendenti di Goldman Sachs ha accesso quotidiano alle tecnologie IA per svolgere il proprio lavoro. Questa apparente contraddizione riflette la sfida che molte aziende stanno affrontando: come integrare l'intelligenza artificiale nelle operazioni quotidiane mantenendo al contempo l'autenticità nel processo di selezione del personale. Questo perché le aziende vogliono preservare la capacità di valutare le competenze comunicative genuine e il pensiero critico individuale.
Dal canto suo, Anthropic, gigante dell'intelligenza artificiale del valore di 61,5 miliardi di dollari, ha adottato una posizione ancora più ferma. Nonostante la recente campagna di assunzioni massicce, l'azienda ha inserito un avvertimento esplicito in centinaia di annunci di lavoro. La motivazione è duplice: comprendere l'interesse personale genuino dei candidati senza la mediazione di sistemi IA e valutare le competenze comunicative naturali, non assistite dalla tecnologia. Amazon ha implementato linee guida interne ancora più severe, visto che considera l'uso di strumenti IA durante i colloqui come un "vantaggio sleale" che maschera l'analisi delle capacità autentiche dei candidati. Le conseguenze sono drastiche: chi viene scoperto è automaticamente squalificato dal processo di selezione.
Un favore più che un torto
Oltre alle considerazioni etiche, esistono ragioni pratiche per cui l'uso dell'IA nei colloqui può rivelarsi controproducente. Le risposte generate da chatbot tendono ad essere generiche e non personalizzate, potenzialmente danneggiando più che aiutando il candidato. La Generazione Z, cresciuta con la tecnologia digitale, potrebbe essere tentata a utilizzare questi strumenti, ma il rischio supera di gran lunga i potenziali benefici. Un colloquio non serve a verificare se un candidato sa trovare una risposta, ma come la costruisce. I selezionatori vogliono osservare il processo mentale nella sua forma più pura: la capacità di analizzare un problema, articolare un ragionamento, comunicare le proprie idee sotto pressione e navigare l'incertezza. Queste sono le abilità che un algoritmo non può replicare né mostrare. Almeno per il momento.