Dal 4 giugno 2025, siti come Pornhub, YouPorn e RedTube hanno sospeso volontariamente l’accesso dalla Francia, il motivo è l’entrata in vigore di una legge che obbliga i gestori di siti per adulti a verificare l’età degli utenti con un sistema pensato per impedire ai minori di accedere a contenuti pornografici.
Una misura che, almeno nelle intenzioni, dovrebbe tutelare i più giovani, ma che ha scatenato molte polemiche legate alla privacy degli utenti adulti.
In particolare, le piattaforme del gruppo Aylo hanno considerato il nuovo meccanismo di verifica troppo invasivo, anche se il sistema prevede un cosiddetto “doppio anonimato”, cioè il sito non conosce l’identità dell’utente e nemmeno il fornitore del servizio di verifica sa cosa viene visualizzato, il sospetto diffuso è che si tratti comunque di un modo per introdurre una forma di tracciamento dell’attività online in un ambito molto delicato.
La reazione degli utenti è stata immediata. Molti si sono rivolti ai servizi VPN (Virtual Private Network), che permettono di simulare una connessione da un altro Paese, aggirando il blocco geografico. Una delle aziende del settore racconta di aver registrato un aumento del 1000% nelle nuove iscrizioni nei minuti successivi al blocco. Un dato che la dice lunga su quanto gli utenti siano disposti a eludere le regole per difendere la propria riservatezza, o anche solo per non rinunciare all’accesso.
Anche l’Italia si prepara a introdurre una verifica dell’età
Nel nostro Paese, l’AGCOM ha annunciato che testerà a breve un sistema simile a quello francese, con l’obiettivo di arrivare entro l’estate 2025 a una soluzione condivisa a livello europeo. Il modello prevede anche qui un sistema a doppio anonimato, probabilmente tramite un’app o un servizio esterno, che certifichi l’età dell’utente senza rivelarne l’identità ai siti web.
La direzione presa è quindi molto chiara: impedire ai minori di accedere a contenuti per adulti, ma evitando al tempo stesso di creare archivi o liste di utenti registrati; il rischio, tuttavia, è che i cittadini non si fidino delle soluzioni proposte e finiscano per aggirarle, come già accaduto in Francia.
L’uso delle VPN: lecito o no?
Dal punto di vista giuridico, usare una VPN non è vietato; si tratta di uno strumento perfettamente legittimo, spesso utilizzato anche per motivi di sicurezza o per accedere a contenuti non disponibili nel proprio Paese. Tuttavia, quando viene usato per aggirare un blocco imposto da una legge nazionale, può configurare una forma di elusione.
Non si tratta di un reato in sé, ma se l’utilizzo della VPN è collegato ad altri comportamenti illeciti (per esempio, un minore che finge di essere maggiorenne), allora le conseguenze possono esserci.
È importante anche sottolineare che non tutte le VPN offrono lo stesso livello di protezione. Alcuni fornitori conservano i log delle connessioni e potrebbero essere obbligati a fornirli alle autorità in caso di indagini. Altri dichiarano di non tenere traccia di nulla, ma è difficile verificarlo. La percezione di anonimato che molti utenti hanno quando usano una VPN è spesso esagerata. Inoltre, se in futuro venisse introdotta una responsabilità oggettiva per chi gestisce siti accessibili ai minori senza verifiche, anche l’uso delle VPN potrebbe entrare nel mirino del legislatore.
Tra diritti e doveri: la sfida della regolazione online
Il caso francese e la risposta degli utenti mostrano chiaramente quanto sia difficile regolamentare l’accesso a certi contenuti online. Da un lato c’è l’esigenza, più che legittima, di tutelare i minori anche limitando loro l’accesso ad alcune informazioni. Dall’altro c’è il diritto alla riservatezza degli adulti, che riguarda non solo la libertà di visione ma anche il timore che certi dati – per quanto anonimi – possano essere comunque tracciati, venduti o utilizzati in modi poco trasparenti.
Accanto c’è il diritto delle aziende in gioco: sanno benissimo che i loro utenti preferiscono restare in un anonimato assoluto, essere certi che nessuno sappia delle loro abitudini (con poche eccezioni). E temono - non senza ragione - che questo tipo di legge avrà un impatto negativo sugli affari.
L’equilibrio è complicato, affidarsi solo a sistemi tecnologici senza un’adeguata informazione agli utenti rischia di alimentare la sfiducia, spingendo le persone verso strumenti alternativi come le VPN, che sfuggono al controllo del legislatore e indeboliscono l’efficacia delle misure pensate per tutelare i minori.
Il vero problema è che spesso si cerca di risolvere tutto con divieti e blocchi, senza affrontare il nodo più profondo: la necessità di una maggiore consapevolezza digitale. Parlare ai giovani, investire nell’educazione all’uso consapevole di Internet, coinvolgere le famiglie e favorire un dibattito pubblico sereno sono strategie forse meno immediate, ma più efficaci nel lungo periodo.
Il futuro dei siti a luci rosse in Italia
In Italia, la verifica dell’età per accedere ai siti pornografici è ormai alle porte. Sarà fondamentale monitorare come verrà accolta dagli utenti, quanto sarà effettivamente rispettosa della privacy e se riuscirà davvero a ridurre l’accesso dei minori ai contenuti inappropriati. Il rischio che si ripeta quanto accaduto in Francia è concreto: se la misura verrà percepita come invasiva, molti cercheranno di aggirarla, rendendola inefficace.
Il compito del legislatore è difficile ma centrale: proteggere i più fragili senza violare i diritti degli adulti. Non si può pensare di risolvere il problema con un’app o con un blocco. Serve una visione più ampia, che tenga conto della tecnologia, dei diritti e dei comportamenti reali delle persone.
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