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a cura di Dario D'Elia

La Casa Bianca ieri ha confermato che a breve attiverà dazi del 25% sulle importazioni cinesi di più di 1300 categorie di beni, fra cui TV, dispositivi medicali, batterie, etc. Il settore tecnologico sarà probabilmente il più tartassato, con gravi effetti collaterali per le stesse aziende statunitensi.Già, il cortocircuito dei dazi, in un mercato globale come quello di oggi, è che da una parte sfavorisce le produzioni straniere ma dall'altra indebolisce anche chi industrialmente non può farne a meno. Con evidenti conseguenze sui costi e successivamente sui prezzi di listino. 

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Si pensi ad esempio ai colossi hi-tech californiani, che grazie alle produzioni cinesi hanno costruito le loro leadership mondiali. Non meno importante il fatto che la stessa Cina reagisce con dazi che danneggiano le esportazioni straniere. E considerata la vorace domanda del mercato orientale, è comprensibile il motivo per le lobby a Washington stiano rendendo incandescenti i telefoni di deputati e senatori.

L'Amministrazione Trump, in linea con quanto promesso dal presidente durante la campagna elettorale, dall'inizio dell'anno ha stabilito dazi sulle importazioni di pannelli solari, acciaio e alluminio. La Cina ha reagito annunciando lo stesso trattamento su 128 prodotti Made in USA.

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Adesso però è giunto il momento del settore tecnologico, sia dispositivi che componenti (fra cui semiconduttori), e si stima che possa impattare su beni per un valore annuale di 50 miliardi di dollari. L'eventuale reazione cinese potrebbe farsi sentire sul comparto aerospaziale stelle e strisce, che con 16 miliardi di dollari è il principale esportatore.

L'annuncio dovrebbe avvenire a giorni, anche perché la Casa Bianca ha fissato per il 15 maggio un incontro pubblico a cui potranno partecipare le parti in causa. E ci sarà poi tempo fino al 22 maggio per sottoporre obiezioni. Insomma, le imprese statunitense, dopo la pubblicazione dell'elenco di prodotti potranno cercare di motivarne l'eventuale esclusione.

China USA trade

Business Roundtable, l'associazione industriale che raccoglie gli amministratori delegati delle principali aziende, sostiene che "imporre unilateralmente 50 miliardi di nuovi dazi senza una strategia a lungo termine che porti a riforme economiche in Cina danneggi solo le attività economiche statunitensi". La strategia ideale - a loro parere - invece sarebbe quella di collaborare con gli alleati per individuare un modo che stimoli riforme sensate in Cina senza danni all'economia americana.

È pur vero che il presidente della National Association of Manufacturers ha manifestato preoccupazione per le relazioni commerciali con la Cina, soprattutto in relazione al furto di proprietà intellettuale, beni contraffatti e sussidi irregolari. Ma anche in questo caso ha espresso parere contrario ai dazi.

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Trump è sempre stato duro nei confronti delle pratiche commerciali cinesi e soprattutto ha cavalcato l'onda di proteste degli operai delle storiche imprese statunitensi. L'accusa alla Cina è di aver beneficiato del lassismo delle regole del WTO per violarne i principi a proprio uso e consumo.

Stando a quanto riporta il New York Times, la Casa Bianca starebbe preparando anche un'altra mossa: ridurre la possibilità di investimenti cinesi sui settori tecnologici statunitensi per dare il via a una battaglia anche in sede WTO.

Un bailamme senza precedenti insomma. Se persino dalle fattorie dell'Iowa giungono le proteste degli allevatori di maiali. Hanno esportato in Cina per 1 miliardo di dollari l'anno scorso e hanno timore nelle reazioni di Pechino. Il senatore Joni Ernst, un repubblicano dell'Iowa, spera che si possano favorire politiche competitive, piuttosto che ridurre l'accesso ai mercati stranieri.