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Immagine di Google Gemini 3 e la carica degli Agenti, faranno di tutto (meglio di noi?)
Business

Google Gemini 3 e la carica degli Agenti, faranno di tutto (meglio di noi?)

Google Gemini 3 potenzia gli Agenti AI, ma i dati McKinsey e Upwork frenano l'hype: l'autonomia totale fallisce senza una precisa supervisione e regia umana.

Avatar di Pasquale Viscanti e Giacinto Fiore

a cura di Pasquale Viscanti e Giacinto Fiore

IA Spiegata Semplice @Tom's Hardware Italia

Pubblicato il 21/11/2025 alle 14:56
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In questo articolo
  • Google presenta Gemini 3
  • The state of AI in 2025
    • Upwork guarda il film dalla parte opposta
  • Sipario e Conclusioni
  • Ascolti Podcast?
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  • Google presenta Gemini 3
  • The state of AI in 2025
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IA Spiegata Semplice

Negli ultimi mesi sembra che ci sia una sola parola magica: Agent. Ogni keynote, ogni annuncio, ogni demo delle big tech è una gara a chi presenta l’ultimo agente più intelligente, più performante, più autonomo: c’è quello che ti fa la spesa, quello che scrive codice, quello che organizza il lavoro del team mentre tu – teoricamente – ti limiti a guardare. In mezzo a questa corsa all’agente perfetto, la domanda più onesta è semplice: noi che fine facciamo? Siamo ancora necessari, o siamo solo un passaggio intermedio prima che questi “elfi digitali” si prendano il nostro posto – sul lavoro, nelle decisioni, perfino nella scelta dei regali di Natale?

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La spinta AI in Lombardia è potente: con Giovanna Mavellia (Segretario Generale di Confcommercio Lombardia) analizziamo i dati del report sul terziario (commercio, turismo, servizi). Quasi nove aziende su dieci conoscono l'AI, una su due la utilizza. Gli investimenti in innovazione legati all'AI sono pari al 35% del totale, con un ritorno spesso in meno di un anno.

Ascolta la puntata

Ascolta l'episodio podcast da qui.

Google presenta Gemini 3

Negli ultimi giorni tre news hanno raccontato benissimo la direzione in cui si sta muovendo il mondo degli AI agent.

Da una parte c’è Google, che per la stagione natalizia sta spingendo su un assistente capace di accompagnarti nello shopping dalla A alla Z. Tu descrivi cosa ti serve, imposti un budget e qualche preferenza, e l’AI tiene d’occhio il prodotto, segue l’andamento dei prezzi, ti avvisa quando scendono e – con alcuni partner – può arrivare a completare direttamente l’acquisto tramite Google Pay. Non è più solo “ti suggerisco dove comprare”, è “ci penso io, ti avviso quando conviene e lo compro al momento giusto”.

Sempre da Mountain View, Google gioca una doppia carta. Da un lato presenta Gemini 3, il nuovo modello di punta pensato per dare agli agent più “testa” e più autonomia sui task lunghi e complessi: non solo rispondere a una domanda al volo, ma gestire una inbox piena, organizzare un viaggio, seguire i passi di un progetto attraverso app e servizi diversi. Dall’altro lancia Google Antigravity, una sorta di “ambiente di lavoro” per sviluppatori in cui più agent possono scrivere, testare e controllare codice muovendosi tra editor, terminale e browser quasi da soli. Con Gemini Agent, l’obiettivo è far sì che l’AI non sia più solo “quella cosa a cui fai una domanda”, ma un collaboratore digitale che prende in carico pezzi di lavoro, usa strumenti, consulta dati, passa da un’app all’altra e ti riconsegna il risultato.

Sul fronte ufficio entra in scena Microsoft, che sta portando gli agent direttamente nel cuore del lavoro d’ufficio: Word, Excel, PowerPoint. Con il nuovo Agent Mode in Copilot non ti limiti a chiedere “fammi un riassunto di questo documento”, ma puoi delegare cose tipo: “prendi questo file di vendite, trova i trend principali e prepara una tabella e un grafico per il board”. L’agente decide quali formule usare, crea fogli, controlla i risultati, li corregge e rifà i calcoli se qualcosa non torna. In chat, l’Office Agent trasforma un prompt generico – “preparami una presentazione per raccontare i risultati del trimestre” – in una bozza strutturata di slide o di documento lungo, con ricerca, testo e struttura già pronti, e tu arrivi a fare l’editing finale.

Letto così, sembra davvero che siamo circondati da agent che comprano i regali, preparano i report e orchestrano i flussi di lavoro in azienda. Ma che cosa succede quando andiamo oltre le pagine dei blog ufficiali e guardiamo cosa dicono i numeri, quelli veri?

Gemini 3

Google ha lanciato la versione 3.0 del suo assistente virtuale basato sull’intelligenza artificiale generativa Gemini, che a quanto pare rappresenta un grosso passo avanti rispetto al modello precedente. Qui la nota di del CEO di Google e Alphabet, Sundar Pichai.

The state of AI in 2025

Per avere numeri reali da commentare con voi, cari lettori, abbiamo analizzato due report sul tema. Il primo, è stato realizzato da McKinsey & Company, una delle principali società di consulenza al mondo. È una società che governi e multinazionali chiamano quando devono decidere dove investire, dove tagliare, come ristrutturare un’intera divisione. I suoi report non sono sondaggi da social: sono il distillato di quello che pensano e fanno le persone che gestiscono budget miliardari.

Nel report “The state of AI in 2025: Agents, innovation, and transformation”, basato su quasi duemila decision maker in tutto il mondo, McKinsey racconta che quasi tutte le organizzazioni usano già l’AI in almeno una funzione aziendale. L’AI, insomma, non è più un giocattolo da laboratorio: è nel marketing, nell’IT, nel customer service, nella gestione dei documenti.

Quando però si guarda all’uso degli AI Agent, il quadro diventa meno spettacolare. Molte aziende sono ancora ferme alla fase “pilota permanente”: qualche progetto di prova, qualche funzione che sperimenta, tanta curiosità ma poca trasformazione strutturale. McKinsey stima che circa il 23% delle aziende stia davvero scalando almeno un sistema agentico da qualche parte dell’organizzazione, mentre un altro 39% è in fase di test. In nessuna funzione, però, più del 10% dei rispondenti dichiara di avere agent davvero “a regime”, integrati nei processi come una componente stabile.

Dentro questo scenario emerge una piccola élite, circa il 6% di “high performer”: aziende che attribuiscono all’AI una quota significativa dei risultati economici e dichiarano miglioramenti evidenti in termini di ricavi, efficienza, innovazione. Cosa le distingue? Non il numero di tool, ma il fatto che ridisegnano processi, ruoli e responsabilità intorno all’AI, invece di inserire un agente in un’organizzazione rimasta identica.

Upwork guarda il film dalla parte opposta

Se McKinsey è la consulenza da grattacieli, Upwork è il mercato globale del lavoro digitale: una delle piattaforme più grandi al mondo dove aziende e freelance si incontrano per progetti di ogni tipo, dai testi alle campagne marketing, dallo sviluppo software al design. Ogni giorno migliaia di task vengono pubblicati, contrattualizzati, consegnati e pagati.

Con il nuovo Human+Agent Productivity Index, Upwork ha preso 322 lavori reali, semplici e ben definiti, già svolti in passato da professionisti sulla piattaforma, e li ha rimessi in scena affidandoli a degli AI agent basati su modelli di frontiera. L’idea era capire quanto riescono davvero a “reggere” il lavoro che oggi viene pagato a persone in carne e ossa.

Il risultato è molto meno magico della narrativa dell’agente onnipotente: da soli, anche su task relativamente alla loro portata, gli agent spesso non riescono a produrre un risultato che un cliente reale considererebbe accettabile. Ma quando nella stanza entra un professionista umano – qualcuno che imposta il brief, guida l’agente, controlla l’output e lo rifinisce – la musica cambia: il tasso di lavori completati sale fino a circa il 70% in più rispetto allo scenario in cui l’agente lavora completamente da solo. Stessa tecnologia, stessi task: l’unica variabile che fa davvero la differenza è la presenza di un umano in regia.

In sintesi: McKinsey ci dice che l’AI è dappertutto ma l’adozione matura degli agent è ancora limitata, e che il vero valore è concentrato in poche aziende che hanno ripensato il modo di lavorare. Upwork aggiunge che, sulla frontiera dei progetti reali, l’agente da solo non basta: è la coppia umano + agente a fare la differenza.

McKinsey report

McKinsey mostra che l'adozione dell'IA è diventata pressoché universale in tutti i settori, con l'88% delle organizzazioni che la utilizzano in almeno una funzione aziendale. Tecnologia, assicurazioni e sanità sono in testa, con tassi di adozione superiori al 95%. Qui l'articolo ufficiale.

Sipario e Conclusioni

Se mettiamo vicini i video di lancio di Google e Microsoft e i numeri di McKinsey e Upwork, la storia cambia tono. Nelle demo tutto sembra semplice: un prompt ben scritto, qualche secondo di attesa, l’agente che ti mostra il carrello perfetto, il report pronto per il board, la casella mail svuotata come per magia. È il mondo in cui l’AI sembra sempre lucida, infallibile, e non ha mai bisogno di nessuno.

Nella realtà che emerge dai dati, però, il copione è diverso. McKinsey ci mostra aziende in una lunga fase di “pilota permanente”, dove gli Agent restano confinati in angoli controllati del business e solo una piccola minoranza è riuscita a trasformarli in qualcosa che tocca davvero profitti e organizzazione. Upwork, dal basso, ci fa vedere cosa succede quando togliamo le luci di scena: l’agente lasciato da solo fatica a consegnare lavori che un cliente pagherebbe volentieri, mentre la combinazione umano + agente fa chiudere molti più progetti e con una qualità accettabile.

Il punto, allora, non è se gli Agent siano “abbastanza intelligenti”, ma chi li fa lavorare. Quello che chiamiamo hype ci vende la fantasia dell’agente che sostituisce, ma i numeri raccontano un’altra faccia della stessa medaglia: qualcuno che decide cosa delegare, misura se il risultato è buono, tiene insieme modelli, dati, processi e persone. Non è più solo “usare l’AI”: è imparare a fare il regista di Agent.

Forse la domanda del prossimo anno non sarà “l’AI mi ruberà il lavoro?”, ma “quanto sarò bravo a lavorare con una squadra di Agent al mio fianco?”. Per il momento possiamo provare a misurarci con i regali di Natale scelti dal nostro agente per noi, chissà magari i nostri cari apprezzeranno!

  • 4 dicembre, Italian Prompt Battle, Milano: un evento fighissimo dove un sacco di ragazzi si sfideranno a suon di prompt. Noi saremo in giuria. Info e iscrizioni qui: https://www.italianpromptbattle.com

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Allora ci vediamo, anzi, ci ascoltiamo su tutte le piattaforme audio con il nostro Podcast: Intelligenza Artificiale Spiegata Semplice.

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