I soldi girano come dice l’AI, dalla borsa ai conti pubblici

Intervista ad Antonio Simeone, CEO di StonePrime US, sul ruolo crescente dell’intelligenza artificiale nella finanza: dai mercati automatizzati al calcolo del PIL.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

L’intelligenza artificiale guida sempre più le decisioni nei mercati finanziari e nei modelli economici. In questa intervista, Antonio Simeone, CEO di StonePrime US, racconta come gli algoritmi abbiano preso il posto di molte attività umane, dal trading alla previsione della crescita economica. Con oltre dieci anni di esperienza nell’applicazione dell’AI alla finanza, Simeone ha contribuito a costruire sistemi che non si limitano a eseguire ordini, ma analizzano segnali complessi per anticipare l’andamento del mercato e degli indicatori macroeconomici.

Un livello di conoscenza ed elaborazioni dei dati che modifica lo scenario alla radice, offrendo un vantaggio forse incolmabile a chi può effettivamente accedere a strumenti di questo tipo. L’accesso a previsioni più tempestive consente una pianificazione industriale più reattiva, una gestione dinamica degli investimenti e un uso più efficace dei dati. Chi produce, distribuisce o gestisce servizi finanziari è chiamato ad adattarsi a una realtà in cui la velocità di calcolo e la capacità di interpretare segnali deboli possono determinare vantaggi strategici rilevanti.

La finanza non è più fatta di persone: il dominio degli algoritmi

«La maggior parte delle volte sono algoritmi velocissimi», dice Simeone. Già nel 2012, lavorando con un laboratorio LUISS dedicato alle criptovalute, ha osservato come l’automazione potesse anticipare le mosse dei mercati. Da allora, è diventato evidente che «non puoi essere più veloce delle macchine nel vendere nel comprare». Oggi, in molti mercati maturi, è stimato che circa il 65% delle operazioni sia generato da algoritmi, soprattutto nei fondi sistematici e nell’high-frequency trading.

Gli operatori umani non sono del tutto scomparsi, ma il loro ruolo è sempre più subordinato. In molte banche di investimento, il portfolio manager chiede conferma all’algoritmo prima di entrare in posizione. Altri fondi, come quelli di tipo quantitativo, agiscono invece in completa autonomia. Questo spostamento modifica anche la struttura dei rischi: gli errori non derivano più (solo) da scelte impulsive, ma dalla logica con cui l’algoritmo è stato programmato.

Nanosecondi e colocation: come funziona davvero il trading automatico

Il vantaggio competitivo nell’high-frequency trading si misura in nanosecondi, e per ridurre il ritardo del segnale tutto è importante, compresa la distanza fisica tra la nostra macchina e la borsa dove stiamo operando. Simeone racconta che «la cosa bella è che sono nate delle società che affittano il fatto che loro stiano vicino alla borsa». Queste aziende offrono spazi server a pochi metri dal matching engine dei mercati: si chiama colocation, e serve a minimizzare la latenza.

Si può affittare uno spazio in questi luoghi, anche se alcuni fondi acquistano immobili attigui alle sedi di scambio proprio per installare lì i loro sistemi. Chi arriva anche solo con pochi millisecondi di ritardo vedrà sfumare l’opportunità che stava inseguendo. 

Sentiment analysis e dati alternativi: la nuova materia prima della finanza

In questo contesto, i dati ufficiali non bastano più. Bisogna ingegnarsi per prevedere gli andamenti e arrivare prima degli altri; oggi tra l’altro - ricorda Simeone - sono meno gli scenari in c’è effettivamente qualcuno che può accedere a informazioni prima degli altri, e quindi la capacità di fare previsioni affidabili è ancora più determinante. 

Ed ecco quindi algoritmi finanziari che si nutrono di segnali deboli: movimenti delle navi, rotte aeree, spese con carta, geolocalizzazione dei dispositivi mobili, persino le emozioni rilevate nei social network. «Il tweet di Trump viene letto prima dagli algoritmi che dagli analisti», osserva Simeone.

non puoi essere più veloce delle macchine nel vendere nel comprare

Questi segnali costituiscono la base per la sentiment analysis: sistemi di AI che classificano in tempo reale il tono delle notizie, dei post e delle conversazioni. Incrociando questi dati con flussi di spesa e mobilità, l’algoritmo è in grado di stimare la fiducia dei consumatori, la propensione all’acquisto, la probabilità di shock di mercato. Si tratta di una lettura continua e non strutturata dell’economia, che non sostituisce le statistiche ufficiali, ma le anticipa.

Questo approccio richiede capacità di calcolo elevate, normalizzazione cross-country e modelli adattivi. Significa poter accedere a dashboard aggiornate ogni giorno, anziché ogni trimestre, con vantaggi nei settori retail, logistica, credito al consumo e gestione dei rischi.

L’AI calcola anche il PIL: dentro l’Acceleratore economico

Uno dei progetti più recenti di Simeone è l’Acceleratore economico, un sistema che impiega machine learning e dati alternativi per stimare la crescita di un Paese. «Abbiamo visto come nei momenti di crisi, come il Covid, le banche centrali abbiano avuto differenze sostanziali tra la previsione e poi il PIL effettivo». Il nuovo modello integra informazioni da carte di pagamento, satelliti, trasporti e logistica per generare una fotografia quasi in tempo reale dell’economia.

gli errori non derivano più (solo) da scelte impulsive, ma dalla logica con cui l’algoritmo è stato programmato

A differenza dei modelli lineari tradizionali, questo sistema applica strumenti dell’econofisica: reti adattive, catene di Markov, feedback non lineari. L’obiettivo non è solo anticipare i dati, ma cogliere i segnali di variazione strutturale. Un esempio: un picco nei voli cargo seguito da un aumento della spesa in punti vendita alimentari può indicare un cambiamento nei flussi distributivi.

Il progetto, sviluppato con un team di matematici e fisici, sarà presentato ufficialmente il prossimo 6 maggio. Per ora, Simeona ci ha potuto anticipare come i primi test mostri scostamenti inferiori all’1% rispetto ai dati ufficiali. Simeone sottolinea che è possibile offrire stime mensili, trimestrali e annuali, con una frequenza molto più alta rispetto ai report tradizionali. 

Questo non significa che con questo sistema si potranno avere previsioni del PIL “perfette”, ma si avrà comunque uno strumento capace di ridurre sensibilmente il tempo di reazione delle istituzioni economiche e delle imprese. 

Oggi, infatti, la maggior parte delle decisioni di politica fiscale e monetaria si basa su dati ritardati di settimane o mesi: l’analisi arriva quando l’economia si è già spostata altrove. Con l’Acceleratore economico, il calcolo del PIL non sarebbe più solo una fotografia del passato, ma una proiezione aggiornata continuamente.

Questo permette di intercettare segnali di inversione (positiva o negativa) prima che si manifestino nei numeri consolidati. «Abbiamo visto che in alcuni casi è possibile rilevare cambiamenti anche nell’arco di pochi giorni», spiega Simeone. Ad esempio, un calo improvviso dei consumi in alcune aree urbane, combinato con dati di sentiment negativi, può segnalare un rallentamento imminente, ancora invisibile nei canali statistici ufficiali.

Trasparenza, norme e rischi: il nodo politico della finanza algoritmica

La diffusione dei sistemi automatizzati nella finanza solleva questioni che non sono solo tecniche, ma anche normative e politiche. Il regolamento europeo AI Act impone obblighi di trasparenza per l’impiego di intelligenza artificiale in settori considerati ad alto rischio, tra cui rientrano le attività finanziarie. In linea di principio, le persone devono essere informate se le loro decisioni o transazioni sono influenzate da un algoritmo.

Il vantaggio competitivo nell’high-frequency trading si misura in nanosecondi

Simeone osserva però che l’applicazione concreta di queste regole non è semplice: «la AI Act impone la trasparenza, ma molte volte qualcuno può scrivere qualcosa che non è vera e nessuno gli dice niente». In altri termini, il rischio non è solo quello di una regolazione debole, ma anche di un sistema ineguale, dove chi ha più risorse può aggirare gli obblighi più facilmente di chi inizia con strumenti limitati.

È qui che emerge un nodo strutturale per le imprese e le startup. Vincoli troppo rigidi, osserva Simeone, possono scoraggiare l’adozione di modelli innovativi e consolidare il dominio degli operatori già affermati. Il risultato è un ecosistema in cui l’asimmetria normativa diventa un vantaggio competitivo.

A questo si aggiunge il tema della responsabilità delle decisioni algoritmiche: chi risponde se un modello produce un danno economico? Non è più sufficiente fidarsi del risultato finale. Serve una governance trasparente dei processi decisionali interni ai modelli: documentare le fonti dati, spiegare le logiche di addestramento, rendere verificabili le metriche di validazione. Solo così è possibile mantenere un equilibrio tra innovazione e tutela, senza scaricare sui clienti o sugli operatori di secondo livello i costi di un errore sistemico.

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È un disastro totale. Anche la dopamina del trading ci toglie, maledetta IA!
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