Mentre l'Europa si interroga ancora sui tempi e sui modi della transizione verso la mobilità elettrica, e gli Stati Uniti oscillano tra incentivi e tagli sotto le diverse amministrazioni, la Cina ha già trasformato l'auto a batteria in una componente strutturale della propria economia. Con 11 milioni di veicoli elettrici venduti nel 2024 - quasi il 75% del mercato globale - Pechino non sta semplicemente dominando un settore emergente, ma sta ridisegnando le coordinate geopolitiche dell'intero comparto automobilistico mondiale. La vera partita, però, si gioca su un terreno molto più complesso di quello che appare dalle statistiche di vendita.
Quello che molti analisti occidentali hanno sottovalutato è che il passaggio dal motore a combustione alla propulsione elettrica non rappresenta una semplice evoluzione tecnologica, ma una rivoluzione industriale che coinvolge l'intera catena produttiva. Progettare un veicolo elettrico richiede competenze radicalmente diverse: ingegneri specializzati in elettronica di potenza, esperti di software e gestione termica, chimici dei materiali per batterie, piuttosto che i tradizionali meccanici e fluidodinamici dei motori termici. Mentre la Cina investiva da quasi due decenni nella formazione di queste figure professionali, Europa e Stati Uniti continuavano a puntare sulle competenze consolidate, creando oggi un gap che va ben oltre la semplice concorrenza commerciale.
Questa trasformazione ha generato quello che potremmo definire un paradosso della transizione: paesi come Germania e Stati Uniti, storicamente leader nell'automotive, si trovano ora nella posizione di dover operare tagli massicci del personale specializzato in tecnologie tradizionali, mentre faticano a reperire le competenze necessarie per competere nel nuovo scenario elettrico.
Il controllo delle "nuove materie prime"
Se il petrolio ha definito gli equilibri geopolitici del XX secolo, litio, cobalto, nichel, grafite e terre rare stanno assumendo un ruolo analogo nell'era della mobilità elettrica. La Cina ha compreso questa dinamica con largo anticipo, costruendo dal 2000 in poi una filiera integrata che va dalla proprietà delle miniere in Africa, America Latina e Australia, fino alla raffinazione e lavorazione finale dei materiali.
I numeri parlano chiaro: Pechino raffina oltre il 60% del litio mondiale, il 70% del cobalto e quasi il 90% delle terre rare, rendendo qualsiasi produttore di auto elettrica sostanzialmente dipendente dalla catena di fornitura cinese.
Questa concentrazione ha trasformato componenti apparentemente tecnici come batterie e motori elettrici in strumenti di leva geopolitica. Non è casuale che il tema delle terre rare sia finito al centro delle trattative commerciali tra Cina e Stati Uniti, anticipando di fatto le tensioni che si sono intensificate con il ritorno di Trump alla Casa Bianca.
Geografie diseguali
I dati del 2024 rivelano un panorama tutt'altro che omogeneo. Mentre in Cina i veicoli elettrici rappresentano una realtà consolidata, negli Stati Uniti le 1,6 milioni di unità vendute corrispondono appena al 10% del mercato, con una crescita in rallentamento. L'Europa si colloca in una posizione intermedia, con una crescita modesta (1,8%) fortemente dipendente da incentivi statali e con marcate differenze tra Nord e Sud del continente.
Particolarmente significativa è l'espansione nei paesi emergenti: in America Latina e Africa le vendite sono cresciute rispettivamente del 100% e 120%, con una preponderanza schiacciante di modelli cinesi. In Brasile, oltre l'85% delle auto elettriche vendute nel 2024 proveniva da importazioni cinesi, segnalando come Pechino stia utilizzando la mobilità elettrica anche come strumento di penetrazione commerciale nei mercati emergenti.
Tuttavia, definire la partita come già chiusa sarebbe un errore di valutazione. L'evoluzione verso le batterie allo stato solido, su cui stanno lavorando intensamente aziende come Toyota, QuantumScape e la stessa cinese CATL, potrebbe rappresentare una discontinuità tecnologica capace di rimescolare le carte. Queste nuove tecnologie promettono densità energetica superiore, ricarica più rapida e, soprattutto, una minor dipendenza da litio e cobalto, riducendo potenzialmente l'influenza dei paesi oggi dominanti in queste risorse.
La corsa tecnologica rimane quindi aperta, con Giappone e Corea del Sud in posizione di rilievo nello sviluppo delle batterie di nuova generazione. Ciò dimostra come la geopolitica della mobilità elettrica si muova lungo coordinate altamente dinamiche, dove innovazione tecnologica, instabilità internazionale e politiche pubbliche interagiscono in modo non lineare, rendendo cruciale la capacità dei governi di comprendere e anticipare le traiettorie tecnologiche emergenti.