La storia di successo di una startup che ha raggiunto una valutazione di un miliardo di dollari si è trasformata in un caso con seri interrogativi etici e legali. Fireflies, azienda specializzata nella trascrizione automatica di riunioni tramite intelligenza artificiale, ha recentemente visto uno dei suoi co-fondatori confessare pubblicamente che agli inizi l'attività non aveva nulla di artificiale o intelligente: erano semplicemente i due creatori che trascrivevano manualmente le conversazioni.
Sam Udotong, uno dei fondatori di Fireflies, ha condiviso su LinkedIn con tono orgoglioso come la loro presunta tecnologia IA fosse in realtà costituita da "due ragazzi che sopravvivevano a pizza" e battevano a mano le trascrizioni che i clienti credevano fossero generate automaticamente. Un servizio per il quale, peraltro, facevano pagare ben 100 dollari al mese. La rivelazione arriva in un momento particolare per l'azienda, che quest'anno ha lanciato l'applicazione "Talk to Fireflies" raggiungendo una valutazione impressionante per quella che era nata come iniziativa di due imprenditori squattrinati.
Le reazioni della comunità professionale non si sono fatte attendere, e sono tutt'altro che entusiaste. Esperti di vari settori hanno puntato il dito contro le implicazioni legali di quella che definiscono una violazione della privacy e un tradimento della fiducia dei clienti. Il punto cruciale della questione riguarda il fatto che i partecipanti alle riunioni credevano di avere un sistema automatizzato ad ascoltarli, mentre in realtà c'erano due persone fisiche non autorizzate che prendevano nota di ogni parola.
Umar Aftab, esperto di automazione, ha sintetizzato il problema in termini chiari: i clienti volevano un bot nelle loro riunioni, non persone sconosciute che ascoltavano senza permesso. Altri commentatori hanno previsto conseguenze legali significative, con messaggi che auguravano sarcasticamente "buona fortuna con tutte le cause" che potrebbero seguire questa rivelazione pubblica.
L'ingegnere software Mauricio Idarraga ha definito il post di Udotong come "una delle dichiarazioni più sconsiderate e prive di sensibilità" viste recentemente nel panorama imprenditoriale. Quello che dovrebbe sembrare una storia di determinazione imprenditoriale si rivela invece un esempio di pratiche commerciali quantomeno discutibili, soprattutto considerando che ora milioni di persone ne sono venute a conoscenza attraverso la diffusione virale della confessione.
Non mancano tuttavia i sostenitori di questo approccio estremo al concetto di "fingi finché non ce la fai". Alcuni CEO e imprenditori hanno commentato lodando la storia come "super ispiratrice", difendendo i fondatori dalle critiche e sostenendo che chi non ha costruito un'azienda da zero non può capire cosa significhi sopravvivere mentre si tenta di creare qualcosa. Uno di questi ha persino affermato che Fireflies avrebbe "cambiato il mondo", liquidando i detrattori come semplici invidiosi.
La questione solleva interrogativi più ampi sul confine tra intraprendenza e inganno nel mondo delle startup tecnologiche. Mentre la narrazione imprenditoriale celebra spesso storie di risolutezza e creatività nel superare ostacoli apparentemente insormontabili, esiste una linea sottile tra l'ottimizzare le risorse disponibili e il vendere ai clienti un servizio completamente diverso da quello che ricevono effettivamente. Nel caso di Fireflies, quella linea sembra essere stata abbondantemente oltrepassata.
Con la crescente visibilità della confessione di Udotong sui media internazionali, è probabile che alcuni dei primi clienti dell'azienda vengano a conoscenza di come siano stati effettivamente ingannati. La reazione di chi ha pagato per un servizio di intelligenza artificiale scoprendo che in realtà persone sconosciute ascoltavano le loro conversazioni private potrebbe non essere delle più favorevoli. Resta da vedere se il vecchio adagio secondo cui "non esiste cattiva pubblicità" si rivelerà valido anche in questo caso, o se invece Fireflies dovrà affrontare conseguenze concrete per le sue pratiche iniziali.