Scritto da Nicolò Marretta (Specialista in marketing e pubbliche relazioni presso Studydata Solution) con il supporto tecnico di Alessio Calvio (Direttore Divisione Sistemi e Sicurezza)
Il tema della virtualizzazione aziendale è tornato a far parlare di sé, in seguito all’acquisizione di VMware da parte di Broadcom, colosso internazionale attivo nel campo dell’informatica: questo non solo ha portato le aziende a porsi nuovi interrogativi sulla validità delle funzionalità, ma anche sui cambiamenti che riguardano la gestione delle licenze, la disponibilità di soluzioni ad hoc e i costi elevati per aziende che non sempre dispongono di budget per l’IT illimitati.
Questo ha aperto la strada ad un nuovo modo di pensare le macchine virtuali per le aziende: Proxmox Virtual Environment, una piattaforma open source implementata in diverse realtà internazionali e il suo rispettivo hypervisor.
Ma come scegliere la migliore infrastruttura virtuale? E soprattutto, quale soluzione conviene veramente alle PMI italiane oggi in termini di affidabilità e di performance?
Modelli a confronto: VMware vs PROXMOX
VMware ha rappresentato, per la maggior parte delle imprese che ha investito in IT tra il 2020 e il 2022, la scelta stabile e sicura per lo sviluppo di virtual environment. VMware vSphere è considerato il precursore della virtualizzazione x86 e a tutti gli effetti il must IT per ogni impresa fino a pochi anni fa. Sono proprio VMware e il suo hypervisor ESX la filosofia portante della società. Se da una parte, però, l’acquisizione del gigante statunitense Broadcom sembrava che potesse rivoluzionare in positivo questo sistema, così non è stato: i cambiamenti più grandi hanno riguardato modifiche massive ai modelli di licenza, incremento dei costi e prodotti che non sembrano più adatti ad un gran numero di imprese.
Dall’altra parte, invece, troviamo Proxmox VE, una piattaforma creata nel 2008, totalmente open source basata su tecnologie Linux: in questo campo rientrano gli hypervisor KVM, rispettivamente una per la virtualizzazione completa e una per la gestione il sistema. Essendo una piattaforma open source, Proxmox elimina i costi di licenza e offre un’elevata possibilità di personalizzazione dell’infrastruttura.
Proxmox (KVM) vs VMware vSphere(ESX)
Architettura
L’infrastruttura di VMware dispone di una struttura solida ed omogenea: l’installazione viene eseguita direttamente sull’hardware, abbandonando così il supporto di un sistema operativo esterno. Inoltre, è sviluppato esclusivamente da VMware e dispone di driver certificati tramite VMware Compatibility Guide. L’hypervisor di cui dispone è ESX e si basa su VMKernel, un microkernel estremamente leggero ed ottimizzato per carichi enterprise, capace di garantire prestazioni prevedibili e grande stabilità anche sotto stress. Questo sistema è stato pensato per aziende che devono gestire VM con carichi elevati e di grande dimensione.
L'hypervisor di Proxmox (KVM) si basa invece su Linux Kernel: il sistema in questo caso ha già tutto quello che serve per virtualizzare. Anche KVM, così come ESX, lavora direttamente nel kernel (bare-metal). Il fatto che si basi sul kernel Linux garantisce stabilità e maturità, oltre a un’elevata compatibilità con quasi qualsiasi hardware, senza la necessità di driver proprietari.
Prestazioni
VMware ha ottimizzato ESX per anni strutturandolo, appunto, per aziende di grandi dimensioni: grazie all’enorme lavoro di ottimizzazione dei driver Windows, le VM Microsoft performano in modo ottimale senza necessità di configurazione specifiche, specialmente su carichi I/O pesanti. Questo significa che in ambienti con database e carichi importanti, ESX può offrire una gestione più semplice e più performante, grazie alle sue ottimizzazioni dedicate.
Proxmox, dall’altra parte, è cresciuto in termini di prestazioni nell’ultimo decennio su VM Microsoft, mettendosi alla pari di VMware e non solo, risultando in alcuni casi anche più veloce in termini di CPU e memoria. Inoltre, è a tutti gli effetti un software all’avanguardia: usa tecnologie QEMU + KVM + VirtIO, niente di meno dei cloud utilizzati anche da Google ed Amazon. Un discorso a parte è quello per la virtualizzazione delle macchine Linux: qui KVM gioca in casa (Linux su Linux).
Funzionalità
Sul piano delle funzionalità, VMware offre un ecosistema molto maturo a patto dell’acquisto delle licenze per ogni funzionalità: il file system VMFS e lo Storage vMotion permettono di spostare VM tra dischi senza downtime e garantiscono il pieno supporto a tecnologie enterprise come SAN, NFS e vSAN. Proxmox, dal canto suo, punta sulla flessibilità: supporta numerosi backend di storage (directory, NFS, iSCSI, LVM, ZFS e Ceph) e dispone di strumenti nativi come la replica ZFS per garantire ridondanza immediata, inoltre tutte le funzionalità di livello enterprise sono incluse nel pacchetto principale.
Discorso a parte per lo storage iperconvergente: VMWare con vSAN assicura una soluzione enterprise di facile implementazione ma a un costo estremamente elevato tra hardware certificato e licenze; Proxmox con Ceph fornisce uno storage enterprise con prestazioni elevate senza costi di licenza e con una configurabilità che lascia libertà ai team IT.
Entrambe le piattaforme consentono la live migration delle VM: VMware tramite vMotion, Proxmox tramite QEMU/KVM, a condizione di avere storage condiviso o replica ZFS attiva.
Fino a qui, sembra che i sistemi siano entrambi solidi e collaudati. Entrambe le soluzioni offrono prestazioni di alto livello provviste di patch costanti e migrazioni live. Ma allora perché stiamo vivendo un abbandono di massa da VMware di PMI e grandi aziende?
|
Aspetto |
VMware vSphere (ESX) |
Proxmox VE (KVM) |
|
Filosofia |
Software Proprietario (Closed Source). Standard consolidato per grandi imprese. |
Piattaforma Open Source. Basata su community e tecnologie Linux standard. |
|
Hypervisor e Architettura |
ESX (VMKernel): Microkernel proprietario. Installazione bare-metal diretta. Richiede driver certificati e hardware specifico. |
KVM (Linux Kernel): Kernel Linux standard. Installazione bare-metal. Compatibilità hardware molto ampia senza driver proprietari. |
|
Modello di Licenza |
Subscription (Abbonamento): Canone annuale ricorrente (modello stile Netflix). Fine delle licenze perpetue. |
Nessuna licenza obbligatoria: Software gratuito. Si paga solo (opzionalmente) per il supporto enterprise e l'accesso ai repository stabili. |
|
Calcolo dei Costi |
Basato su Core Fisici: Più core ha la CPU, più paghi. I costi aumentano drasticamente con l'hardware moderno. |
Nessun costo per core: Illimitato. I costi di supporto (se sottoscritti) sono prevedibili e slegati dalla potenza della CPU. |
|
Vendor Lock-in |
Alto: Formati proprietari, difficile migrare via, dipendenza totale dal listino prezzi del fornitore (Broadcom). |
Basso/Nullo: Formati aperti (QEMU), macchine virtuali facilmente esportabili, nessuna dipendenza hardware. |
|
Prestazioni |
Enterprise: Ottimizzato per carichi massivi e prevedibili. Gestione memoria molto fluida. |
Eccellente: Alla pari o superiore a VMware su CPU/Memoria. Usa tecnologie cloud (QEMU/VirtIO) usate da Google/Amazon. |
|
Storage e Flessibilità |
Ecosistema Maturo: VMFS, vSAN (costoso). Ottimo per SAN enterprise. Storage vMotion senza downtime. |
Massima Flessibilità: Supporta ZFS (nativo), Ceph, NFS, LVM, iSCSI. Replica ZFS integrata per ridondanza immediata. |
|
Sicurezza |
Superficie ridotta: Il microkernel limita i vettori d'attacco. Driver certificati. |
Rapida: Aggiornamenti kernel Linux veloci. Richiede hardening manuale (es. configurazione Firewall/AppArmor). |
|
Target Ideale (2025) |
Grandi Enterprise con budget elevati e necessità di standardizzazione rigida. |
PMI che cercano indipendenza, controllo dei costi e flessibilità senza sacrificare le performance. |
Licenze e abbonamenti: il vero nodo del lock-in
Per gli usufruitori di ESX vSphere il vero problema è rappresentato non dalla qualità del servizio ma dalla modalità di erogazione dello stesso. Con l’acquisizione di Broadcom si è passati da un modello basato su perpetual license ad un modello di subscription. Vediamo più nel dettaglio cosa significa.
Prima dell’acquisizione del gigante americano, le aziende acquistano una licenza una volta sola (perpetual license). Era un modello per molte imprese vantaggiose poiché veniva effettuato un investimento iniziale e il prodotto rimaneva tuo per sempre. A livello di manutenzione e supporto VMware aveva messo a disposizione un pacchetto acquistabile (SnS – Support and Subscription), il quale costava tra il 20-25% del valore della licenza all’anno. Se l’azienda decideva di disdire l’abbonamento, la licenza continuava a funzionare, con l’unica remora che gli aggiornamenti venivano distribuiti e potevano essere applicati, a patto di restare nella stessa major release. Un’altra grande caratteristica era che la licenza veniva vendute a socket: contava la CPU fisica, non la potenza dei core. Ma cosa vuol dire? Una CPU a 16 Core costava esattamente come una a 64.
Questo vuol dire che le aziende potevano gestire e prevedere l’investimento iniziale con un budget preciso ed utilizzare VMware ad un costo accessibile e controllato. Inoltre, non era previsto nessun rinnovo obbligatorio e nessun lock-in rispetto all’abbonamento annuale.
La situazione è totalmente cambiata rispetto alla situazione attuale, dove le aziende soffrono il lock-in e per questo stanno abbandonando la nave. Ma cos’è il lock in?
Si parla di lock in quando un'azienda diventa dipendente da un unico fornitore al punto che cambiare diventa quasi impossibile. Questo perchè cambiare prodotto o sistema porterebbe a costi estremamente elevati, a rischi inattesi e ad un investimento di tempo e risorse che molte PMI non possono permettersi. Questo rappresenta a tutti gli effetti una situazione di immobilità che per molte aziende (soprattutto di piccole dimensioni) è difficile da gestire.
Il cambio di modello apportato da Broadcom (avvenuto nel giro di poche settimane) ha reso VMware una piattaforma costosa e scomoda da gestire. Questo perchè la licenza non diventa più tua una volta acquistata, ma si paga un canone annuale, esattamente come lo si fa con Netflix e ciò causa una dipendenza diretta con il fornitore (VMware). Questo fu il primo grande dispetto che Broadcom fece ai suoi clienti perdendo una parte della loro fiducia. Inoltre, il costo della licenza non varia più a seconda del socket ma varia a seconda del core fisico; questo significa che l’aumentare dei core porta le aziende ad aumentare drasticamente il costo della propria licenza. Un ulteriore difetto è dato dal fatto che molte funzionalità sono correlate a pacchetti più onerosi, per non parlare della migrazione da un VMware ad un altro hypervisor: conversione delle VM, modifica dei driver, procedure operative totalmente da modificare. Una soluzione che per le PMI non è più sostenibile, soprattutto considerando il budget limitato che le aziende di questa dimensione possono permettersi.
Proxmox lavora in modo diverso, più accessibile ma allo stesso modo performante. La piattaforma è totalmente open-source e non prevede licenze obbligatorie. Non obbliga le aziende a rispettare un tempo minimo di utilizzo dell’hypervisor. Le VM inoltre sono facilmente esportabili e non vincola le aziende ad hardware certificato da casa madre come VMware. La soluzione si propone come una via d’uscita alle aziende che vogliono evitare lock-in e tassi di abbonamento elevati. Il vantaggio è che la qualità del servizio non muta, le performance mantengono i livelli di VMware e molte volte alcune funzionalità superano EXS.
Un ultimo passo falso da parte di Broadcom è stato il ritiro delle licenze ESXi free, rilasciate con funzionalità limitate ma che permetteva a centinaia di migliaia di tecnici IT di formarsi e di sponsorizzare le loro soluzioni verso i clienti. Questo permetteva anche alle PMI di avere un server di virtualizzazione a costi davvero contenuti ritirando questa possibilità da un giorno all'altro ha perso anche la fiducia dei tecnici IT.
Per concludere, VMware resta una piattaforma solida e completa, ma Proxmox rappresenta un'alternativa matura, flessibile e sostenibile. A fare la differenza sarà la capacità delle PMI di scegliere la soluzione che meglio bilancia costi, competenze interne e autonomia tecnologica.