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Wall Street: cresce il rischio debito per l'AI

Gli analisti avvertono: la corsa agli investimenti AI sta creando un debito enorme che potrebbe mettere in crisi l’intero ecosistema tech.

Avatar di Antonello Buzzi

a cura di Antonello Buzzi

Senior Editor @Tom's Hardware Italia

Pubblicato il 21/11/2025 alle 14:15

La notizia in un minuto

  • Le maggiori aziende AI come OpenAI, Nvidia e Microsoft stanno accumulando debito massiccio per finanziare infrastrutture da centinaia di miliardi, creando secondo Morgan Stanley e BNY un potenziale rischio sistemico per l'intero settore
  • Il paradosso emerge quando società finanziariamente solide ricorrono comunque a prestiti per investimenti AI, mentre la redditività concreta dell'intelligenza artificiale generativa deve ancora materializzarsi su scala industriale
  • Il mercato si trova nella fase critica "show me the money", con investitori sempre più cauti e un divario crescente tra valutazioni stellari e profitti effettivi che ricorda le bolle tecnologiche del passato

Riassunto generato con l’IA. Potrebbe non essere accurato.

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Il settore dell'intelligenza artificiale potrebbe trovarsi a un punto di svolta critico. Dopo anni di crescita esponenziale alimentata da investimenti miliardari e valutazioni stellari, alcuni tra i più influenti istituti finanziari globali stanno lanciando segnali d'allarme sulla sostenibilità del modello economico che sta sostenendo l'espansione infrastrutturale dell'AI. La preoccupazione centrale riguarda l'accumulo massiccio di debito da parte dei principali attori tecnologici, un fenomeno che secondo analisti di punta come Morgan Stanley e BNY potrebbe portare a conseguenze sistemiche per l'intero comparto.

I dati parlano chiaro: nel corso del 2025, aziende come OpenAI, NVIDIA, Microsoft, Anthropic e Oracle hanno siglato accordi dal valore di centinaia di miliardi di dollari per costruire e ampliare l'infrastruttura necessaria ai loro sistemi di intelligenza artificiale. Questi investimenti hanno finora prodotto effetti positivi sulle quotazioni azionarie delle società coinvolte, creando un circolo virtuoso apparente in cui ciascuna azienda sembra sostenere finanziariamente le altre attraverso partnership incrociate e flussi di entrate interconnessi.

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Tuttavia, questa interconnessione rappresenta anche una potenziale vulnerabilità strutturale. Come ha sottolineato il responsabile degli investimenti per la gestione patrimoniale di Morgan Stanley, l'espansione dell'ecosistema ha progressivamente incluso società con bilanci meno solidi, come Oracle e CoreWeave, che hanno dovuto ricorrere massicciamente all'indebitamento per mantenere il passo con i giganti del settore. Questo fenomeno introduce quello che gli analisti definiscono "rischio sistemico": una rete di dipendenze finanziarie reciproche che potrebbe amplificare drasticamente l'impatto di eventuali difficoltà di una singola società.

Quando aziende che non avrebbero necessità di indebitarsi ricorrono comunque a prestiti per effettuare investimenti, questo stabilisce un livello minimo di rendimento atteso su tali investimenti

La questione fondamentale, secondo Bob Savage, responsabile della strategia macro per i mercati presso BNY, è che il settore si trova ora in una fase critica definita "show me the money". L'esperto evidenzia un paradosso significativo: società finanziariamente solide che potrebbero autofinanziarsi stanno invece accumulando debito per espandere le proprie capacità AI. Questa scelta strategica implica che gli investitori e i creditori si aspettano ritorni economici proporzionalmente elevati, ma il problema è che la redditività concreta dell'intelligenza artificiale generativa deve ancora materializzarsi su scala industriale.

Le recenti fluttuazioni nei prezzi azionari delle principali aziende tech suggeriscono che la fiducia degli investitori potrebbe iniziare a vacillare. Dopo anni in cui ogni annuncio di partnership o espansione infrastrutturale veniva accolto con entusiasmo dai mercati, si stanno moltiplicando i segnali di una maggiore cautela. Gli analisti osservano che il divario tra le valutazioni di mercato e i profitti effettivamente generati dalle applicazioni di AI sta diventando sempre più difficile da giustificare.

Il contesto ricorda per certi versi altre fasi di euforia tecnologica seguite da correzioni di mercato, dalla bolla delle dot-com all'inizio degli anni 2000 fino ai più recenti eccessi nel settore delle criptovalute. La differenza sostanziale è che in questo caso gli investimenti riguardano infrastrutture fisiche costose e complesse: data center, acceleratori AI specializzati, sistemi di raffreddamento avanzati e reti ad alta capacità che richiedono anni per essere ammortizzati.

Per il mercato europeo, queste dinamiche hanno implicazioni particolari. Le società del Vecchio Continente stanno cercando di mantenere il passo con i giganti americani e cinesi, ma operano in un contesto caratterizzato da costi energetici più elevati e un quadro normativo più stringente con il Digital Markets Act e le nuove regolamentazioni sull'AI. L'eventuale rallentamento degli investimenti oltreoceano potrebbe paradossalmente creare opportunità per una crescita più sostenibile e meno speculativa nel panorama europeo.

La questione centrale rimane invariata: le aziende tecnologiche riusciranno a trasformare gli ingenti investimenti infrastrutturali in modelli di business profittevoli prima che i mercati finanziari perdano definitivamente la pazienza? La risposta determinerà non solo il futuro di singole società, ma potenzialmente la traiettoria dell'intera industria AI nei prossimi anni.

Fonte dell'articolo: www.tomshardware.com

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