Ed è davvero una coincidenza degna di nota che anche i marziani siano ghiotti del medesimo, prezioso fluido rosso. L'opera dell'ex-proletario inglese (Wells) e quella del piccolo burocrate irlandese (Stoker) escono peraltro in stretta sequenza, Dracula nel 1897, The War of the Worlds nel 1898 (a dire il vero, la pubblicazione a puntate era anch'essa iniziata nell'aprile del 1897), fissando così un ideale sodalizio, forse il vero atto di nascita della Fantascienza Nera.
Nera come i fumi delle ciminiere nell'iper-celebrata Londra vittoriana, ma soprattutto come i presagi che porta con sé: ombre dell'imminente epidemia dell'immaginario, del flagello che spazzerà via l'euroamerica, in quel Tramonto dell'Occidente che il linguaggio sibillino e farneticante di Oswald Spengler comincerà a descrivere subito dopo la catastrofe globale, nel 1918.
In effetti, sarebbe ardito definire il romanzo di Stoker come un reperto genuinamente fantascientifico (ma del resto bastano davvero alieni, astronavi e Raggi della Morte a farne uno?), eppure non si può negare che in esso scorra già il brivido febbricitante della velocità futurista. La stampa, il fonografo a cilindro, i trasporti ferroviari, l'automobile, la macchina per scrivere e persino una trasfusione di sangue ante litteram... Il mondo in cui il Conte e i suoi avversari si muovono è un mondo governato dalla téchne.
"La superstizione di ieri può divenire la realtà scientifica di oggi", afferma un più che mai sentenzioso Van Helsing (per bocca dell'attore Edward Van Sloan) nel Dracula cinematografico di Tod Browning (1931) e - posto che il credo illuministico tende abitualmente a leggere la faccenda in termini inversi (la "realtà" scientifica cancella le superstizioni) - si tratta di un punto di vista che non sarebbe dispiaciuto all'anticonformismo filosofico di un Paul K. Feyerabend.