Mentre in Europa si moltiplicano i test sulla settimana lavorativa di quattro giorni, un modello diametralmente opposto sta guadagnando terreno. È spinto da una hustle culture che trova sostenitori tanto negli Stati Uniti quanto in Cina, riportando in voga regimi di lavoro estremi. L'obiettivo è la massima produttività, come nel caso del controverso modello 996 (dalle 9 di mattina alle 9 di sera, per 6 giorni alla settimana).
Questa mentalità è esemplificata nelle dichiarazioni di alcuni fondatori di startup e dirigenti, in un controverso reportage di The Telegraph. Gli intervistati difendono l'idea che lavorare dalle 9:00 alle 21:00, sei giorni su sette. sia l'unica via per l'eccellenza.
Questa tendenza si scontra frontalmente con l'attuale dibattito sul benessere. In un momento in cui i trial sulla settimana corta sembrano dimostrarne l'efficacia, queste posizioni appaiono anacronistiche. Sahil Dhingra, fondatore della startup AI DeepReel, è esplicito: "In Europa stiamo andando nella direzione sbagliata, parlando di settimane di quattro giorni. Non c'è da stupirsi che Cina e Stati Uniti stiano dominando". Una posizione che ignora i risultati positivi di diversi esperimenti, e va controcorrente anche rispetto ad alcune proposte di legge (qualcosa c'è anche in Italia).
La giustificazione addotta è la velocità della competizione, specialmente nel settore dell'intelligenza artificiale, che negli ultimi anni ha attirato miliardi di investimenti. "La più grande minaccia è che qualcun altro ci raggiunga", afferma Roei Samuel, fondatore di Connectd.
Questo approccio richiede un sacrificio personale totale. Dhingra, che si paga uno stipendio di 30.000 sterline, lavora regolarmente 14 ore al giorno. Samuel ammette di aver finto di essere malato il giorno di Natale per poter lavorare e di aver perso matrimoni e compleanni, riducendo la sua vita sociale a tre amici che "capiscono".
Per sostenere questi ritmi, alcuni di questi fondatori adottano regimi di "bio-hacking" tanto fantasiosi quanto estremi. Samuel racconta di aver digiunato per 85 ore consecutive per "sbloccare un altro livello di concentrazione". Scelte che non tengono conto dei rischi a lungo termine di simili regimi lavorativi, ampiamente documentati dall'OMS.
Non tutti, per fortuna, seguono questa linea. Il reportage cita anche Harry Molyneux, fondatore di Buiild AI, che pur lavorando fino alle 23 e nei weekend, cerca di bilanciare l'impegno con la sua famiglia. Ma la tendenza del "sacrificio totale" sembra essere la più rumorosa.
Una visione parziale, sbagliata e autoritaria
Un fondatore ha tutto il diritto di dedicarsi interamente alla sua passione, alla società che ha creato, assumendosene il rischio. È eticamente inaccettabile, tuttavia, pensare di imporre lo stesso regime a collaboratori stipendiati. Specialmente collaboratori che, in caso di successo, non essendo soci non ricevono alcun beneficio aggiuntivo.
Si può proporre di lavorare molte ore in cambio di stipendi molto alti, naturalmente, e chi vorrà accettare potrà farlo (sempre che sia legale). Ma pretendere che tutti abbiano la stessa visione è un passo troppo lungo.
Il concetto di lavoro corretto è quello dove la persona può anche riposare, passare del tempo con la famiglia, fare altro.
Alcune persone d'altra parte non hanno altro che il lavoro nella loro vita, e si sentono felici così. Buon per loro, ma secondo me hanno un problema psicologico da risolvere e una vita vuota, mascherata da medaglia al valore. Anche in questo caso, va bene finché non si tenta di imporre agli altri la propria visione - sopratutto se non si vogliono poi condividere in ugual misura i successi e i meriti.
L'affermazione secondo cui chi lavora di più "sta vincendo" poi è tutta da dimostrare. Alcune startup con questa cultura stanno andando bene e stanno attirando investimenti, ma è ancora una volta la solita sindrome del sopravvissuto; ignoriamo tutti quelli che sono affondanti nel frattempo, e ci immaginiamo che il successo di alcuni sia il risultato proprio di quella singola strategia.
Vogliamo far finta che altre variabili non esistono, raccontarci ancora e ancora, fino alla nausea, che basta lavorare tanto (non bene, non con intelligenza) per aver successo. Sappiamo che è una storia falsa, però vogliamo insistere perché non sappiamo dove altro sbattere la testa.
Il settore in questione, quello delle startup tecnologiche e dell'intelligenza artificiale. è inoltre drogato da investimenti poco giustificati, così come è poco giustificato l'investimento di risorse umane del modello 996. Girano un mucchio di soldi e non è ben chiaro perché, ma intanto ci sono e qualcosa bisogna pur fare.
Ci siamo persi qualcosa per strada ma forse non è troppo tardi: fino a poco tempo fa il mantra era "work smarter, not harder". È ancora la scelta più sensata. Non ha valore passare ore infinite a fare attività di poco valore, meglio metterci la testa per poco tempo.
Infine, bisognerebbe anche domandarsi cosa fanno queste persone 12 ore al giorno in ufficio, e qual è la loro idea di "lavoro". Stanno 12 ore in ufficio a bere cappucino aromatizzato e a fare 10.000 passi al giorno sul tapis roulant, ma quando si "dice" lavoro non significa la stessa cosa per tutti.
Ci sono cose che, se le fai anche solo otto ore, ti stancono molto di più che chiacchierare per 12 ore.