Destiny Quest - La Legione delle Ombre: la recensione del librogame

Grazie a Giochi Uniti, giunge finalmente anche in Italia questa nuova serie di librogame Destiny Quest, che in madrepatria ha già raggiunto il quarto titolo pubblicato. La Legione delle Ombre è il primo volume della serie scritto nel 2011 da Michael J. Ward, nel lungo lasso di tempo che potremmo definire “letargo” dei librogame.

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a cura di Jonny Fontana

Grazie a Giochi Uniti, giunge finalmente anche in Italia questa nuova serie di librogame Destiny Quest, che in madrepatria ha già raggiunto il quarto titolo pubblicato.La Legione delle Ombre è il primo volume della serie scritto nel 2011 da Michael J. Ward, nel lungo lasso di tempo che potremmo definire “letargo” dei librogame. L’epoca d’oro era infatti ormai trascorsa da diversi anni, ed il cosiddetto rinascimento dei librogame era ben lungi dal divenire realtà.Destiny Quest, pertanto, può essere considerata una delle serie che hanno fatto da apripista al fenomeno. La sua maggiore particolarità è avere unito le meccaniche dei librogame old school a quelle di un medium ben più attuale, evolutosi nel frattempo, ovvero i videogame.La Legione delle Ombre si presenta come un librogame dalle dimensioni voluminose, con più di 500 pagine e 900 paragrafi. E’ privo di illustrazioni, ma all’interno dello stesso è presente un cartoncino a colori, che ripropone l'immagine di copertina e le mappe di gioco.

Gli ispiratori di Destiny Quest

Per stessa ammissione di Ward, Destiny Quest è una serie di librogame che trae le sue origini, più che da altri librogame, dai videogame, in particolare quelli del cosiddetto genere action RPG/hack’n slash, il cui primo e più famoso esponente è comunemente ritenuto essere Diablo (e che ha a sua volta ispirato numerosi epigoni, tra cui Titan Quest e Sacred), nonché dai MMORPG, primo fra tutti World of Warcraft.Uno dei cardini di tali videogiochi è il cosiddetto “loot”, ovvero l’acquisizione del bottino composto dagli oggetti che vengono rilasciati (o “droppati”) dai nemici che eliminiamo e che acquistano migliore qualità mano a mano affrontiamo avversari più potenti.In Destiny Quest, viene riproposto su carta questo concetto. Il punto focale del librogame, infatti, non è tanto la personalizzazione della storia secondo le nostre scelte (che, al contrario, hanno uno scarso impatto su una trama già definita a monte dall’autore stesso), bensì la personalizzazione del nostro alter ego.Va subito detto che questa non è certo una novità nel campo dei librogame: sono infatti numerose le serie che, invece di un anonimo avventuriero scarsamente personalizzabile, ci permettono di scegliere con meticolosità le caratteristiche del nostro personaggio, vuoi tramite la scelta di determinate caratteristiche (come avviene ad esempio in Lupo Solitario) o tramite l’aumento di livello grazie a punti esperienza (tra tutte, viene in mente Blood Sword).

In Destiny Quest, questo avviene in modo decisamente diverso ed originale. Il nostro personaggio è, in sostanza, completamente privo di caratteristiche e capacità, che gli vengono esclusivamente conferite tramite la scelta e l’utilizzo degli equipaggiamenti che potremo trovare lungo la nostra avventura. Esattamente come avviene in un videogame, più i nemici che affrontiamo sono potenti, migliore è l’equipaggiamento che potranno fornirci, che a sua volta ci permetterà di affrontare sfide di difficoltà crescente.Non è un caso, quindi, che Destiny Quest sia stato spesso descritto come un “videogioco su carta”, in quanto è uno dei librogame che più ha fatto sue le dinamiche tipiche dei videogame. Oltre al loot, infatti, un’altra caratteristica presa in prestito dai videogiochi, è il cosiddetto “respawn”: qualora dovessimo venire sconfitti da un nemico, infatti, la nostra avventura non sarà finita. Al contrario, il nostro personaggio tornerà immediatamente in vita, con l’intera salute, e potrà decidere se affrontare nuovamente il nemico che l’ha ucciso o se cercare prima di potenziarsi, scegliendo un’altra posizione sulla mappa.Una soluzione del genere potrebbe fare storcere il naso ai puristi del librogame, ma non si tratta di un mero espediente, in quanto l’autore ha ben pensato di inserire una spiegazione per l’immortalità del nostro protagonista che si amalgama perfettamente alla trama… ma a proposito, chi è il nostro protagonista? (Se non vi piacciono gli spoiler, non leggete la descrizione del volume sul sito dell’editore!)

Un risveglio traumatico

La risposta relativa all’identità del nostro personaggio dovrà attendere… Questo perché, quando iniziamo il libro, ci siamo completamente dimenticati chi siamo e da dove veniamo!La nostra avventura, infatti, si apre nel peggiore dei modi… Ci risvegliamo di colpo da un incubo, con gli ultimi strascichi del sogno che già stanno fuggendo dalla nostra memoria. La prima cosa che sentiamo è la pioggia costante che cade sul sottobosco tutt’intorno a noi dal cielo notturno.Non appena ci accorgiamo di ciò che ci circonda, balziamo in piedi, scivolando sul terreno fangoso: tutt’intorno ci sono cadaveri, pile di corpi completamente carbonizzati e disposti in un cratere, al centro del quale ci troviamo noi.Il movimento improvviso ci provoca un dolore sordo alla nuca; non appena ci tocchiamo, però, ci rendiamo conto di non avere stranamente alcuna ferita. Quello che abbiamo, invece, è uno strano marchio color porpora lungo il braccio: tre serpenti dal corpo di cristallo intrecciati fra di loro, in un motivo a spirale e circondati da strani sigilli. Non abbiamo però assolutamente idea del significato di tale marchio: anzi, quel che è peggio è che ci rendiamo conto di non sapere praticamente nulla su noi stessi. Abbiamo dimenticato il nostro nome, la nostra provenienza ed il motivo per cui ci troviamo in questo luogo.

Un grugnito ci distoglie dal marchio luminescente e dai nostri pensieri confusi. Afferriamo la prima arma che troviamo e ci avviciniamo con circospezione al luogo da cui abbiamo sentito provenire il rumore. Tra i cespugli, giace un uomo, anzi un ragazzo, chiaramente ferito: dalla sua cotta di maglia, sporge la coda di una freccia. Quando gli chiediamo spiegazioni, il giovane si dimostra stupito dalla nostra amnesia.Nei suoi ultimi momenti, ci spiega come il nostro campo improvvisato sia stato attaccato da alcuni banditi: dopo essere stati colpiti alla testa, il marchio sul nostro braccio si è attivato, uccidendo tutti i nemici nei dintorni, tranne il capo che è riuscito a fuggire, non prima di colpire mortalmente il giovane con una freccia avvelenata.Il cavaliere ci rivela che si stava dirigendo al villaggio di Thitebury Cross, per iniziare l’apprendistato con il suo nuovo maestro, il famoso Avian Dale: tuttavia, ormai non ci sono più speranze per lui. Sebbene la nostra conoscenza risalga solo a ventiquattro ore prima, il giovane ci consegna la sua lettera di presentazione, invitandoci a fingerci lui e a ricominciare una nuova vita, ora che non ci ricordiamo più la nostra.Mentre il ragazzo esala l’ultimo respiro, un branco di arpie si getta sui cadaveri, costringendo il nostro eroe senza nome a fuggire con la lettera di presentazione. Senza alcun’altra possibilità in mente, decidiamo di dirigerci verso Thitebury e incontrare Avian Dale, sperando lungo il viaggio di poter ricordare qualcosa sulla nostra identità e il nostro strano marchio.

Il sistema di gioco

Il fulcro attorno al quale ruota tutto Destiny Quest è il combattimento, pertanto il sistema di gioco non poteva che riflettere questo aspetto. Tutte le nostre caratteristiche, infatti, riguardano il combattimento.Queste ultime sono la velocità (che contribuisce a determinare chi fra i combattenti riesce a vincere il round di combattimento), il vigore e la magia (la maggiore fra le due verrà aggiunta al punteggio di danno inflitto al nemico), l’armatura (i danni che riceveremo in combattimento – tranne eccezioni – verranno ridotti da questa) e la salute (corrispondente ai punti vita, una volta giunta a zero il nostro eroe sarà sconfitto ma, come già detto, non ucciso).Il combattimento si svolge in round, ed è decisamente facile da comprendere. All’inizio del round, ciascuno dei combattenti lancia due dadi a 6 facce e somma al risultato il punteggio di velocità, ottenendo così la propria velocità d’attacco: chi ottiene il totale maggiore ha vinto il round di combattimento e potrà danneggiare il nemico. Il danno viene calcolato lanciando un solo dado a sei facce e sommando il punteggio maggiore fra i propri vigore e magia (i nemici avranno uno solo fra questi): una volta ottenuto il cosiddetto punteggio di danno, allo stesso andrà sottratto il valore di armatura dell’avversario, e la differenza risultante verrà a sua volta sottratta alla salute nemica. Avrà poi inizio un nuovo round, fino a quando la salute di un contendente giungerà a zero.Come si vede, si tratta di un sistema decisamente “classico” e facilissimo da applicare. Per renderlo, quindi, più completo e strategico, oltre alle nostre caratteristiche potremo disporre (a seconda del nostro equipaggiamento) delle cosiddette capacità speciali.

Queste ultime sono suddivise in quattro categorie. Le capacità speciali di velocità (indicate con la sigla “ve”) possono essere utilizzate solo quando si calcola la velocità d’attacco: se ne può usare solo una per turno. Le capacità speciali di combattimento (indicate con la sigla “co”) vengono solitamente utilizzate durante la fase di calcolo del punteggio di danno: se ne può usare solo una per turno. Le capacità speciali modificative (sigla “mo”) sono invece in grado di modificare, in positivo o negativo, le caratteristiche nostre o del nemico: si possono usare quante se ne vogliono in ogni round. Infine, le capacità speciali passive (sigla “pa”) hanno un’applicazione automatica, solitamente alla fine del round.Poiché le capacità speciali utilizzabili dal nostro eroe sono circa 150 (anche se alcune palesemente più utili di altre), ce n’è davvero per tutti i gusti. Ma attenzione, anche i nostri nemici più ostici disporranno di capacità speciali spesso davvero pericolose!Una volta preso atto di come gli “slot” di equipaggiamento del nostro eroe siano undici (mantello, testa, guanti, mano principale, torace, mano sinistra, talismano, piedi, collana e 2 anelli), a cui si aggiungono uno zaino con 5 spazi (in cui inserire oggetti consumabili, come pozioni e simili) ed una borsa per il denaro, ci si rende conto di come le combinazioni per la costruzione del nostro personaggio siano davvero tantissime.Le combinazioni aumentano ancora se si pensa che, alla fine del I atto, dovremo scegliere quale percorso far seguire al nostro personaggio, tra i classici archetipi del Guerriero, del Mago e della Canaglia. Il primo vedrà più spesso equipaggiamenti che potenziano vigore e armatura; il mago – ovviamente – si specializzerà nella magia, mentre la canaglia è solitamente più veloce degli altri personaggi.Negli atti successivi, se lo desidereremo, avremo poi la possibilità di far scegliere al nostro personaggio una professione (ce ne sono almeno 5 disponibili per ogni percorso), che ci garantirà l’utilizzo di due ulteriori capacità speciali uniche, che si aggiungeranno a quelle forniteci dal nostro equipaggiamento. Per esempio, un guerriero potrebbe scegliere la professione di gladiatore o di cavaliere, un mago quella di alchimista o piromante, una canaglia quella di borseggiatore o assassino.

Tre mappe per tre Atti

Come si può evincere dall’inserto in cartoncino colorato al centro del volume, Destiny Quest si sviluppa in tre diversi atti, ciascuno rappresentato da una mappa diversa.Il primo Atto, come già detto, è ambientato nel villaggio di Tithebury e aree circostanti: come si intuisce dalla mappa, si tratta di un ambiente bucolico, ricco di campi coltivati e abitazioni di pacifici contadini, ma che nasconde insidie nei suoi luoghi più isolati.Il secondo Atto è ambientato nella Blackmarsh, ovvero una tetra palude di acqua stagnante abitata da ogni genere di mostri. Nel cuore della stessa, però, si trova anche una impenetrabile foresta, il Mistwood.Il terzo Atto, infine, vede come scenario il luogo dall’inquietante nome de i Campi di Ossa, dove mille anni prima dell’inizio della storia si è tenuta una devastante battaglia fra l’esercito di Valeron e le forze del male.Su ogni mappa sono presenti diversi simboli, di forma e colore diversi, all’interno del quale sono presenti dei numeri, che si riferiscono al paragrafo relativo al quale dirigerci quando vorremo esplorare un dato luogo. Il movimento in Destiny Quest, infatti, è libero; basta scegliere una posizione sulla mappa e recarsi al paragrafo corrispondente.Come indicato sulla pratica legenda, vi sono almeno tre diversi tipi di icone. Le icone “villaggio” rappresentano i cosiddetti “hub” della mappa, ovvero i luoghi visitabili più volte, dove è solitamente possibile reperire informazioni sui dintorni, nonché fare scorta di pozioni e di altri oggetti utili. Spesso, però, anche esplorando questi luoghi sarà possibile trovare ulteriori missioni.I simboli a forma di “scudo”, sono quelli relativi alle missioni, appunto, ovvero sequenze di scontri più o meno lunghe contro diversi avversari nel quale il nostro eroe avrà la possibilità di ottenere l’equipaggiamento necessario per procedere ad affrontare sfide sempre più impegnative.

Le missioni, infatti, sono suddivise in base alla loro difficoltà, data principalmente dalle caratteristiche dei nemici che andremo ad affrontare. Le missioni di colore verde possono essere affrontate senza troppi problemi anche dagli eroi che hanno appena cominciato un atto. Le missioni arancio richiedono di possedere un equipaggiamento già di livello più elevato. Le missioni blu, ed infine quelle rosse, mettono il nostro eroe di fronte ad avversari che richiederanno un ottimo equipaggiamento (nonché la dovuta dose di fortuna) per poter essere sconfitti e portare quindi a termine la missione.Infine, vi sono le icone “mostro”. Quelle a forma di ragno rappresentano i cosiddetti mostri leggendari, ovvero creature di tutti i tipi dalle capacità particolarmente ostiche e dalle caratteristiche elevate, ma che se sconfitti potrebbero fornirci un equipaggiamento di rilevante importanza.L’icona a forma di teschio, invece, che è presente una sola volta per ogni atto, è quella che dà il via alla missione finale del rispettivo atto, nonché l’unica missione che va necessariamente portata a termine per passare alla mappa successiva. Al termine di questa missione, affronteremo, proprio come in un videogame, un nemico “boss”, che richiederà l’utilizzo dell’equipaggiamento migliore nonché quello di ogni nostra caratteristica per venire sconfitto (anche se spesso i mostri leggendari, essendo opzionali, sono ben più pericolosi del mostro boss).Una volta eliminato questo nemico, come detto, ci sposteremo sulla mappa relativa all’atto successivo, mentre quella precedente diventerà inaccessibile.

Il gameplay nel dettaglio

La progressione della storia de La Legione delle Ombre è sostanzialmente lasciata al giocatore. In pratica, come già visto, ci si può muovere liberamente all’interno della mappa relativa all’Atto in cui ci si trova, decidendo quando e se intraprendere le missioni presentate (nonché l’ordine delle stesse) e quando gettarsi contro il mostro boss per procedere all’atto successivo.Nulla, pertanto, ci evita di iniziare dalle missioni più difficili, se non l’amara realizzazione che il nostro equipaggiamento non è all’altezza dei nemici che dovremo affrontare; è quindi consigliato – per evitare diverse ore di frustrazione – intraprendere le missioni secondo l’ordine di difficoltà in cui sono presentate.Il principale problema di questa libertà di progressione nella trama, è che quest’ultima è giocoforza poco sviluppata. Le varie missioni facoltative – essendo, appunto, non necessarie per la vittoria – potrebbero non essere affrontate dal giocatore: ne consegue che la trama è portata avanti esclusivamente dai paragrafi “obbligatori”, mentre tutti gli altri avvenimenti che si svolgono all’interno dell’Atto sono spesso slegati dalla trama principale, o comunque vi si riallacciano in modo molto tenue.Del resto, è chiaro fin da subito che La Legione delle Ombre non è – né vuole essere – un librogame basato su un grande arco narrativo: lo scheletro del libro, infatti, è dato dai combattimenti e dagli innumerevoli oggetti con cui equipaggiare il nostro alter ego.Ma quanto funziona bene tutto questo? Un giocatore esperto – leggendo come funzioni il sistema di combattimento – si sarà indubbiamente accorto del principale problema di Destiny Quest: l’estrema importanza di avere un ottimo punteggio di velocità, idealmente sempre superiore di quello del nostro nemico. Infatti, chi fra i due contendenti possiede la velocità d’attacco maggiore vince il round di combattimento, e può quindi infliggere danni all’avversario. La conseguenza di ciò è che, idealmente, il punteggio di armatura è del tutto secondario, in quanto entra in campo soltanto nell’eventualità che il nemico vinca un round di combattimento.

Ciò porta il giocatore a dover prediligere gli oggetti che gli permettano di mantenere una velocità almeno pari o comunque non troppo inferiore a quella del nemico, a meno che gli stessi garantiscano qualche capacità speciale talmente vantaggiosa (come comando, sopraffare o ingannare) che valga la perdita di qualche punto velocità.Dato che, spesso, scegliere se sostituire un oggetto con un altro si rivela decisamente complicato, sarebbe stato meglio permettere al giocatore di avere una “riserva” in cui inserire qualche oggetto (cosa che viene poi fatta nei numeri successivi della serie, ancora inediti in Italia), in modo da permettere di sostituirli in base al nemico che dovremo affrontare.Ciò fa sì che la nostra immortalità possa rivelarsi un’arma a doppio taglio. Se da un lato evita di dover ricominciare da capo ad ogni sconfitta (e ne capiteranno!), continuare il gioco con un equipaggiamento che si è rivelato insufficiente a sconfiggere i nemici che possiamo affrontare, potrebbe portarci a far i conti con un cul-de-sac, la cui unica via di uscita è comunque quella di cancellare il nostro personaggio e ricominciare da capo, con scelte più oculate in materia di equipaggiamento dettate dall’esperienza acquisita.Altro punto negativo del bilanciamento è come i nemici nelle fasi finali del gioco, abbiano un punteggio di salute anche 3 o 4 volte superiore al nostro (evidentemente per bilanciare la pletora di capacità speciali di cui disporremo nel frattempo); ciò comporta inequivocabilmente una certa lunghezza ai combattimenti, che ci vedranno lanciare decine e decine di volte i dadi mentre abbattiamo poco a poco la salute nemica. Prima di finire La Legione delle Ombre (dato anche l’elevato numero di paragrafi, quasi un migliaio), di conseguenza, avremo lanciato letteralmente centinaia di dadi.Ultima nota, infine, in merito alla traduzione italiana, decisamente sottotono e con diverse imprecisioni. Alcune espressioni tipiche della lingua inglese sono state tradotte in modo troppo letterale, spezzando la fluidità del testo in diverse occasioni. Inoltre, la versione italiana presenta diverse modifiche che sono state pensate direttamente dall’autore, per migliorare il bilanciamento e la giocabilità della sua prima opera, grazie all’esperienza maturata negli anni successivi. Tuttavia, sono presenti altre modifiche non approvate dall’autore e che paiono essere frutto di imprecisioni e sviste da parte di Giochi Uniti.

Conclusioni

La Legione delle Ombre è il primo volume della serie Destiny Quest, che si presenta come una sorta di ibrido tra librogame e videogioco di ruolo d’azione. In particolare, da questi ultimi il libro prende in prestito il sistema di loot, ovvero di potenziamento del proprio personaggio tramite l’acquisizione di un equipaggiamento sempre più potente per affrontare in sequenza nemici sempre più impegnativi. Altro aspetto ottenuto dai videogiochi, è il respawn del nostro personaggio: qualora dovessimo perdere uno scontro, non saremo costretti a ricominciare da capo l’avventura, ma potremo riprendere da dove siamo arrivati.

A queste particolarità, si affianca, invece, un sistema di gioco decisamente old school, che fa del combattimento il centro nevralgico di tutto il librogame. Nonostante l’attenzione necessaria per personalizzare il nostro eroe tramite l’utilizzo dell’equipaggiamento più adatto, non va dimenticato che il sistema di gioco si basa comunque sui lanci di dado, che saranno decisamente numerosi.Nonostante l’originalità, quindi, La Legione delle Ombre dimostra comunque le sue origini che non si discostano troppo rispetto ai classici del passato, al contrario dei numerosi e recenti librogame di autori italiani, che evitano sempre più l’utilizzo del caso nelle proprie opere.Se cercate una storia particolarmente emozionante, che si evolva a seconda delle nostre scelte, non la troverete in Destiny Quest. Se amate i combattimenti (a costo di lanciare centinaia di dadi) e andate pazzi quando si tratta di scegliere quale fra due spade sia la migliore per il vostro personaggio, La Legione delle Ombre è proprio quello che fa per voi.