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Immagine di Dylan Dog 409, Ritorno al buio, la recensione
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Dylan Dog 409, Ritorno al buio, la recensione

Certi incubi sono duri a morire. Soprattutto se si tratta di Dylan Dog e uno dei suoi più acerrimi nemici: Mana Cerace che fa sprofondare Londra in un… Ritorno al buio.

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Avatar di Massimo Costante

a cura di Massimo Costante

Senior Editor

Pubblicato il 07/10/2020 alle 15:12
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In sintesi

Certi incubi sono duri a morire. Soprattutto se si tratta di Dylan Dog e uno dei suoi più acerrimi nemici: Mana Cerace che fa sprofondare Londra in un… Ritorno al buio.

  • Pro
    • - Le origini di un Mana Cerace ancora più crudele;
    • - L’albo è un perfetto “ponte” tra il vecchio e il nuovo Dylan;
    • - Personaggi storici si incastrano bene nella nuova trama
  • Contro
    • - Troppe differenze stilistiche tra i due disegnatori.

Il verdetto di Tom's Hardware

“Sguardo cieco e riso torvo, l’han sepolto e non è morto!” È lui. È tornato. Mana Cerace è il protagonista indiscusso di questo nuovo ciclo di tre avventure in una chiave che più horror non si può. Dylan Dog affronta ancora una volta (?) il mostro venuto dal buio, il serial killer Philip Crane, con una nuova chiave di lettura che, pur restando fedele all’orrore raccontato da Chiaverotti nel 1989, introduce una nuova genesi del personaggio, con l’ausilio di flashback, vecchie conoscenze e nuovi elementi che faranno sprofondare Londra in una spirale del buio. Un ritorno in grande stile di Claudio Chiaverotti, con i suoi testi che ancora una volta affascinano e mitizzano con la bellezza di una favola nera, mentre Dall’Agnol e Cattani imprimono sulle tavole l’orrore del buio e del mostro ispirato a Freddy Krueger, seppur con qualche diversità di troppo nello stile dei personaggi da loro rappresentati. Un inizio mozzafiato che lascia ben sperare per i prossimi due albi del ciclo.


Informazioni sul prodotto

Immagine di Dylan Dog #409 – Ritorno al buio

Dylan Dog #409 – Ritorno al buio

L’indagatore dell’incubo continua a ripercorre le sue origini dal numero 401, riscrivendo alcuni passaggi importanti della sua storia e degli albi che hanno reso celebre il fumetto di Dylan Dog a cavallo tra gli anni ’80 e gli anni ’90. All’appello non poteva mancare di certo una delle nemesi più oscure affrontate dall’Old Boy, il sanguinario Mana Cerace, nato dalla mente geniale del maestro Claudio Chiaverotti, uno degli autori storici e più prolifici dell’inquilino di Craven Road. Siete pronti per una nuova trilogia dedicata all’uomo nero?

Dylan Dog, se nel buio tutto tace…

Era l’estate del 1989 quando l’albo di  Il Buio arrivava nelle edicole italiane, con i testi di Claudio Chiaverotti, appena giunto nella scuderia di Sergio Bonelli e le tavole di Pietro Dall’Agnol. Un mostro che uccide agendo tra il buio e gli incubi delle sue vittime, come un genio del male evocato attraverso le filastrocche dei bambini che giocano in cortile. Ma per le sue vittime e Dylan Dog non si è trattato solo di un incubo: Mana Cerace alias Philip Crane è un serial killer in carne e ossa,  che l’han sepolto e non è morto… pronto per un nuovo ritorno al buio in questo nuovo universo dylandoghiano.

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Se nel buio tutto tace sentirai Mana Cerace arrivar senza rumore con il passo del terrore! Sguardo cieco e riso torvo, l’han sepolto e non è morto! Uno, due, tre e quattro, ha gli artigli come un gatto! Tre e quattro e cinque e sei, fossi in te io scapperei! Sei e sette e otto e nove, vorrei tanto essere altrove! Ma se il buio ancora dura possiam solo aver paura, ché soltanto può la luce ammazzar Mana Cerace!

Infatti, nell’albo Ritorno al buio, appena giunto nelle nostre edicole, Dylan ha già affrontato anche in questo nuovo universo la minaccia di Mana Cerace, quando il giovane Dylan era ancora nelle forze di Scotland Yard. Ma come vedremo in questa nuova storia, il mostro chiaramente ispirato al mitico Freddy Krueger, tornerà in un modo assolutamente inedito grazie alle azioni pericolose e cieche di un gruppo di adoratori del buio, dando inizio a una trilogia dedicata e denominata “Mana Cerace”, come recita anche la cover di questo mese.

Leggi anche Dylan Dog vs Old Boy: l’indagatore dell’incubo che piace a tutti

Al principio della storia, Dylan verrà messo in allarme da Jeremy Badland, proprio dopo l’omicidio di un noto collezionista di oggetti appartenuti ai serial killer, e la contestuale sparizione del ferro con cui Philip Crane si tolse la vita in carcere.

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L’albo riveste una particolare rilevanza storico-narrativa, poiché, oltre ad aggiungere un ulteriore tassello nella vita di Dylan e dell’esperienza nei ruoli della polizia, ripercorre proprio la genesi di Mana Cerace, la sua infanzia, rivelando i suoi legami familiari, fino a giungere al carcere e alla sua trasformazione nello spietato mostro di Mana Cerace. Il tutto viene raccontato come una sorta di magica rinascita, proprio come avviene col già citato mitico Freddy ideato da Wes Craven.

Uno, due, tre e quattro, ha gli artigli come un gatto!

Quello che questo mese possiamo stringere tra le mani è un ottimo tentativo di celebrare uno dei cattivi più noti della storia di Dylan Dog. Per l’occasione sono stati richiamati alle armi proprio gli stessi autori che nel 1989 si occuparono dell’albo in cui fece la sua prima apparizione Mana Cerace, ovvero Chiaverotti ai testi e come originale ideatore dello stesso personaggio, mentre troviamo ancora Pietro Dall’Agnol che al tempo si occupò delle tavole (qui con la partecipazione di Francesco Cattani). Ma non è finita qui.

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Probabilmente, per non snaturare quanto visto nel corso di oltre trent’anni, Chiaverotti invita alla festa in onore di Mana Cerace altri personaggi minori visti nelle altre storie dove il mostro era protagonista, mentre un altro personaggio già noto ai lettori occuperà un ruolo di primo piano, regalando a tutti i lettori un “ponte” tra il vecchio e nuovo canone di Dylan Dog. E forse è questo il migliore pregio della sceneggiatura messa in atto e che vedremo nei prossimi due albi. L’autore non ha perso lo smalto di un tempo: Mana Cerace terrorizza e affascina in questa sua nuova mitizzazione, facendo da collante con tutti i nuovi tasselli inediti di questo nuovo corso dell’indagatore dell’incubo, cercando di far collimare, quanto più possibile i suoi multiversi. Un esempio lampante sono le scene ricorrenti (un espediente già visto in altri albi n.d.r.) dove Dylan ha delle “intuizioni” o quella sensazione di déjà vu… come se avesse già vissuto alcuni eventi.

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Certi di non fare particolari spoiler, il finale forse è la scena più evocativa, un trionfo di poesia nera, che vede una Londra in preda al buio di Mana Cerace. Applausi.

La cover è una splendida rappresentazione del sunto di quanto racchiuso nell’albo: Mana Cerace insieme a un giovane Crane che lo ha originato e, ovviamente, il nostro Dylan. Un’altra incredibile prova di Gigi Cavenago. Mentre le tavole in generale si attestano su un discreto livello: forse alcuni modelli rappresentati da Dall’Agnol e Cattani risultano troppo eterogenei tra loro.

Leggi anche Dylan Dog tra Old Boy e il nuovo incubo, l’intervista a Roberto Recchioni

Siamo di fronte a uno dei mini cicli più promettenti dopo il primo del “666”, con tutte le carte in regola per soddisfare i palati più esigenti e della “vecchia guardia” dell’indagatore, mentre chi è capitato solo di recente dalle parti di Craven Road, potrà assistere alla rinascita del male. Siete stati avvertiti: “Non restate soli al buio”.  Se siete soliti all’ascolto della musica mentre leggete, non posso fare altro che consigliarvi “Dancing in the Dark”, di Bruce Springsteen nell'album “Born in the U.S.A”.

Su Amazon è appena arrivato il secondo volume di Dylan Dog de I Racconti di Domani: Della Morte e del Cielo di Tiziano Sclavi.
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