Dylan Dog 426 - La Morte in palio, recensione

In Dylan Dog 426 - La Morte in palio, la Morte e Dylan Dog si scontrano nuovamente con una posta in palio decisamente diversa dal solito.

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a cura di Massimo Costante

Senior Editor

L’iconica partita a scacchi con la Morte è un evento che ha varcato molteplici porte del panorama artistico, che si parli di cinema, letteratura e quindi di fumetti, uno scontro epico che in diverse occasioni ha visto alla scacchiera anche il nostro Dylan Dog. Questo mese, riprendendo di certo la narrativa “classica dylandoghiana”, la storia in un certo senso si ripete con questo Dylan Dog 426 - La Morte in palio scritta da Rita Porretto e Silvia Mericone, mail passato non torna mai come ci si aspetta e questa storia vuole tenere il lettore all’oscuro di tutto nel mare nero degli incubi della povera Ruth Palmer.

Dylan Dog 426 e La Morte in palio

Solo leggendo La Morte in palio, ci si rende conto non solo di quanto sia azzeccato il titolo, ma anche di come questa nuova storia si discosti dalle sfide che Dylan ha sostenuto con la Morte nelle sue precedenti avventure.

Infatti, quando Claudio Chiaverotti omaggiava la pellicola de Il Settimo Sigillo diretta da Ingmar Bergman (1957) in Partita con la Morte (Dylan Dog 66 del 1992) o lo stesso Tiziano Sclavi riproponeva due anni dopo con Oltre la Morte (anche se il soggetto di Mauro Macheselli non prevedeva una partita a scacchi, ma una sfida a tempo per la salvezza dell’indimenticabile Bree Daniels n.d.r.), il duello con l’Oscura Signora metteva sempre la vita in palio… e non la morte. Quindi vi anticipiamo subito che l’idea di Rita Porretto e Silvia Mericone è diametralmente opposta. Ma dopo avervi rinfrescato la memoria sui precedenti “match” tra Dylan e la Morte, andiamo con ordine perché le sorprese sono molte, partendo dal principio di questa storia.

Ruth Palmer è una regista e vecchia fiamma di Dylan che, oltre a condividere con lui la dipendenza dall’alcol, sta passando un periodo personale e professionale angoscioso. La sua vita sembra finalmente sorriderle quando Sandra Martin entra nella sua esistenza. Una sera Sandra viene trovata in fin di vita nella sua abitazione e la principale indiziata di Scotland Yard è proprio Ruth. Cosa avrebbe spinto Ruth a ucciderla? E cosa nasconde esattamente il passato oscuro di Sandra?

Inutile dirvi che Dylan è l’unica persona in grado di dare fiducia a Ruth in un momento talmente tragico, eppure, seguendo gli indizi e le prove raccolte dalla polizia, qualcosa non quadra. Senza farvi spoiler inopportuni, vi possiamo anticipare solo che davanti all’implacabile Mietitrice siederà Sandra per una partita a scacchi che anziché permetterle di riavere la sua vita in cambio, lei ne approfitterà per toglierla a tutta una serie di personaggi facenti parte della sua vita e di quella di Ruth, provocando quindi nella realtà delle morti inspiegabili.

Cosa c’è di reale tra la vita e la morte

Nel corso della storia viene adoperato dagli sceneggiatori un backtracking in minima parte su Dylan – opportuno per spiegare il legame tra l’indagatore e Ruth, con alcuni riferimenti sul suo passato da alcolista e da poliziotto – mentre in maggioranza e più necessari sull’infanzia di Ruth, in modo da dare un quadro però lineare e completo sulla personalità della donna, sui suoi sogni e le incertezze nutrite da chi le stava vicino. Riflettendo in ultimo che era “destino” che Ruth incontrasse Sandra, gli autori hanno spinto su una caratterizzazione di questo personaggio davvero eccellente, utile per riservare i colpi di scena di questa storia.

Dylan è più coinvolto che mai, in parte emotivamente, ma soprattutto dal punto di vista di un’indagine che rivela poi risvolti impossibili e inaspettati, dove “una volta eliminato l'impossibile ciò che rimane, per quanto improbabile, dev'essere la verità” come direbbe un altro celebre indagatore. Ma questo alle autrici di questo albo non basta.

La narrazione prevede anche incursioni della realtà nell’irrealtà (Dylan che interviene nella partita tra Sandra e la Morte) e viceversa (con gli omicidi), rendendo il tutto lineare chiamando in causa la Sospensione dell’Incredulità, dove si esercita la volontà di ignorare le incongruenze secondarie di una storia per crederci veramente, rendendo vero ciò che potrebbe non esserlo.

In tutte queste scene protagoniste assolute sono le tavole di Paolo Armitano, cariche di un dinamismo tipico dei comics d’oltreoceano che raramente troviamo nelle pagine del nostro Dylan, con chiaroscuri azzeccatissimi, scene tenui sui fashback e un dark layout molto apprezzato sulle scene cruciali. I personaggi, degnamente rappresentati, ripropongono uno dei nostri Dylan più apprezzati (lo avevamo visto in Dylan Dog – Chi muore si rivede, albo 398).

La copertina dei fratelli Cestaro rispecchia pienamente la volontà di questo albo: rievocare dei grandi classici, prendendo però una soluzione molto personale e diversa rispetto al passato. Dylan non è il giocatore di fronte alla Morte nella partita a scacchi, ma uno dei pedoni. Una cover che sicuramente resterà impressa nella memoria dei lettori.

Dopo qualche incertezza dei mesi precedenti, giunge in edicola un albo che sembra ricalchi quel percorso di rievocazione moderna dei primi albi di Dylan, un percorso iniziato col curatore della testata Roberto Recchioni con il 401 L’alba Nera e poi un po’ perso subito dopo la fine del mini ciclo 666. Dylan Dog 426 - La Morte in palio è un’avventura forte, profonda e old style che siamo certi piacerà ai lettori della “vecchia guardia” e a quelli dell’ultima ora, col piacere di seguire un’indagine ai confini della realtà – tipico del nostro Dylan – e di scoprire com’è profonda la psiche umana, stupendo fino all’ultima pagina e spingendo il lettore, per mero divertimento, a rileggerla daccapo per poi chiedersi: cos’è reale e a cosa avrei dovuto credere?

In ultimo, condividiamo la scelta del curatore e consigliamo a nostra volta l’ascolto della cantata scenica di Carmina Burana, composta da Carl Orff tra il 1935 e il 1936, la stessa opera che ispirò Ingmar Bergman autore de Il Settimo Sigillo.