Fear Street Parte 2: 1978, la recensione del secondo capitolo dell'horror Netflix

Quest'estate Netflix ha deciso di puntare su una trilogia horror spaventosamente ambiziosa. Ecco la recensione Fear Street Parte 2: 1978.

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a cura di Giovanni Arestia

Quest'estate Netflix ha deciso di puntare su una trilogia horror spaventosamente ambiziosa con nuovi incubi pubblicati ogni settimana. Ispirata ai famosi romanzi di R.L. Stine, la trilogia di Fear Street racconta la maledizione della piccola cittadina di Shadyside la quale genera un orribile massacro seriale a cadenza decennale. Vi abbiamo già parlato del primo capitolo, ovvero Fear Street Parte 1: 1994, che ha dato il via agli eventi principali della storia mostrandoci un gruppo di adolescenti alla ricerca dei segreti e del passato della loro città. Fanno tutto questo mentre vengono inseguiti da una serie di serial killer non morti controllati da una strega malvagia. Ora tocca parlare di Fear Street Parte 2: 1978 che ci riporta indietro nel tempo in un'estate selvaggia ricca di inenarrabili omicidi. Lo faremo, come sempre, senza spoiler.

Uno sguardo più ravvicinato ai rapporti personali

Rispetto al primo capitolo, il sequel della regista Leigh Janiak offre una storia horror sempre in stile slasher, ma completamente nuova poiché attinge ai classici di un decennio diverso. Tuttavia la vicenda principale è la stessa di quella avviata nel 1994, per la quale il primo capitolo ha fatto un grande lavoro in termini di costruzione del mondo e introduzione delle città di Shadyside e Sunnyvale insieme alla leggenda della strega Sarah Fier. Si torna, quindi, indietro nel tempo per svelare ulteriori retroscena riguardanti il terribile mistero degli omicidi.

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Riprendendo dopo il cliffhanger finale del primo capitolo, Deena (Kiana Madeira) e suo fratello Josh (Benjamin Flores Jr.) rintracciano la misteriosa C. Berman (Gillian Jacobs) e convincono la donna a raccontare la storia di come è sopravvissuta al massacro di Camp Nightwing nel 1978. Berman prende il ruolo di mentore nella nuova ondata di omicidi, ma era già qualcosa di prevedibile. In Fear Street Parte 1: 1994, è lei che avverte Deena che la strega non ha finito con Sam (Olivia Scott Welch) ed è sempre lei a spiegare alcuni misteri storici.

Tra il sole estivo e una colonna sonora anni '70, ritroviamo le due sorelle Berman. La prima è Ziggy (Sadie Sink di Stranger Things), una ragazzina problematica molto coraggiosa e intraprendente che, di contro, vede la sua vita in grave pericolo. La seconda è la sorella maggiore Cindy (Emily Rudd) la quale cerca di sopravvivere a una notte di omicidi mortali commessi da uno dei suoi amici. Mentre Ziggy è impegnata a salvare sua sorella, con l'aiuto del giovane Nick Goode (Ted Sutherland), Cindy indaga sulla maledizione della strega con la sua amica di vecchia data Alice (Ryan Simpkins) nella speranza di trovare un modo per porvi fine.

Un piccolo passo indietro inaspettato e poco piacevole

Come la prima parte, Fear Street Parte 2: 1978 divide il suo tempo tra il rendere omaggio ai classici film horror e continuare a sviluppare la trama di Sarah Fier, che culminerà nella Parte 3: 1966. L'intreccio delle due sfaccettature molto diverse tra di loro diviene, in questo secondo capitolo, più semplificato, aiutato anche dal fatto che la parte ambientata nel 1994 ha permesso di scoprire la maggior parte dell'ambientazione. In questo secondo capitolo, quindi, si dà più peso ai personaggi anche se purtroppo osserviamo un poco gradito passo indietro: l'inserimento di stereotipi e cliché del genere. Infatti, laddove il primo film aveva rifiutato l'inserimento di questi elementi, Fear Street Parte 2: 1978 li abbraccia ritrovando il disadattato, la ragazza vergine timida e impacciata, l'atleta sexy e gli adolescenti spericolati il ​​cui amore per il sesso e la droga si riveleranno pacchiani allestimenti per il massacro.

Per tale ragione questo sequel sembra dare più importanza agli omaggi rispetto all'innovazione. Tuttavia è facile comprendere perché siano state scelte figure così familiari. La sceneggiatura di Zak Olkewicz e della regista della trilogia Leigh Janiak utilizza questa sorta di semplificazione introducendo personaggi standard per impostare rapidamente il mondo di Camp Nightwing, mentre nel '94 la rivalità tra Shadyside e Sunnyvale sfociava in tensioni di classe che esplodevano in scontri violenti e quindi meritavano un approfondimento maggiore. Grazie alla classificazione R-rating (in Italia vige solo il divieto di guardare il film per i minori di 14 anni), Janiak oltre alla violenza dà molta importanza anche alle scene di sesso e a un linguaggio forte per dare enfasi alla narrazione.

Le scene di violenza diventano ancora più forti rispetto al primo capitolo, anche se la regista ha deciso di limitarsi quando si tratta di mostrare le uccisioni di bambini forse per non peggiorare ulteriormente le limitazioni di pubblico. Queste avvengono fuori dall'inquadratura, lasciando agli spettatori solo una macabra immaginazione. Quelle sugli adolescenti, invece, sono ancora più raccapriccianti ed esplicite. Nel complesso, quindi, si tratta di una pellicola molto più cupa rispetto alla prima, non solo esteticamente (le tonalità al neon del centro commerciale, del liceo e del supermercato sono sostituite da una foresta e da grotte umide e buie) ma anche dal punto di vista tonale prendendo ispirazione dal celebre Venerdì 13 di Sean S. Cunningham.

Un omaggio di transizione

Altra differenza rispetto al primo capitolo è che nella seconda parte della trilogia cinematografica di Fear Street, la vita sembra stranamente più tranquilla. Ad esempio le sorelle Ziggy e Cindy, nonostante debbano riuscire a salvarsi costantemente, non si fanno scrupoli a entrare in boschi oscuri o in grotte misteriose. Alla fuga rocambolesca segue un incontro amoroso tra Ziggy e Nick, e a un vecchio ritorno di fiamma tra Cindy e la sua ex migliore amica Alice. Questi espedienti sono utili per continuare le tematiche dell'amore adolescenziale, della droga, del legame femminile e delle tensioni tossiche tra Shadyside e Sunnyvale. Tuttavia, essendo un ponte tra le parti 1 e 3, la seconda parte tende a concentrarsi un po' troppo sui contorni che sul piatto centrale.

In definitiva, Fear Street Parte 2: 1978 è un vero e proprio capitolo di transizione che, non dovendo fare molto per introdurre gli spettatori nel suo mondo, si rilassa decidendo di rendere interamente omaggio ai film horror più classici. In realtà, mentre gli slasher degli anni '90 sono più recenti nella cultura pop e quindi possono essere omaggiati con un occhio più critico, il 1978 fa riferimento a film usciti due decenni prima difficili anche da identificare da parte degli spettatori meno attenti. Il tutto, però, viene rafforzato da una colonna sonora nuovamente impeccabile che utilizza alcune delle musiche più popolari dell'epoca per aiutare a creare un'atmosfera nostalgica, scambiando Nine Inch Nails e Radiohead degli anni '90 con Blue Öyster Cult e The Runaways.

Conclusioni

Tutto ciò rende comunque l'esperienza visiva abbastanza divertente, portando avanti con dovizia di particolari ciò che ha funzionato in Fear Street Parte 1: 1994 e offrendo un ulteriore sviluppo della storia della trilogia. Purtuttavia, raccontando una storia che abbraccia 300 anni in tre film, Leigh Janiak e gli showrunner hanno intrapreso una selezione decisamente audace. È proprio per questa ragione che la parte centrale diventa un po' traballante con una sceneggiatura piena zeppa di cliché, stereotipi e qualche buco di trama.

I suoi personaggi mancano di raffinatezza e anche le scene più violente sono privi di guizzi registici che le avrebbero rese memorabili. Menzione d'onore va data al direttore della fotografia Caleb Heymann che è riuscito ugualmente a donare enfasi e drammaticità anche ai momenti meno espliciti. Insomma, dopo un primo capitolo davvero forte, la seconda parte è calata un po' troppo sotto le aspettative. Speriamo che si possa rialzare con il terzo e ultimo capitolo.