Il rasoio: i licantropi e la luna

Il rasoio di Luca Barbieri: breve storia del mito dei licantropi, i celebri lupi mannari, dalla tradizione folkloristica al cinema

Avatar di Luca Barbieri

a cura di Luca Barbieri

Il 2019 è stato un anno davvero importante per la Luna: ricorreva, infatti, un rotondissimo anniversario, i cinquant’anni dal momento in cui il primo uomo vi ha posto piede. Dunque, con l’eccezionale tempestività che mi caratterizza, a metà del 2020 ho deciso di dedicare qualche riga all’argomento, usando il mio rasoio per andare a sviscerare un argomento che sta a cuore a tutti gli astrofisici, matematici, informatici, ingegneri e scienziati in genere che hanno dedicato la loro vita allo studio del nostro amato satellite, ovvero come la luna influenzi la mutazione dell’essere umano in lupo, dando vita ai licantropi, altrimenti noti come lupi mannari.

E’innegabile che certune persone, se fissano l’argenteo disco lunare, tendano a cambiare un po’ il proprio aspetto, riempiendosi di peli e diventando l’incubo per ogni estetista, ma devono ricorrere due condizioni necessarie affinché questo avvenga. Anzitutto, la luna dev’essere piena (e, infatti, parlavo di “argenteo disco”), e quindi dobbiamo trovarci in quella particolare condizione nota come “plenilunio”, in cui l’emisfero lunare è totalmente visibile. In secondo luogo, la persona in questione deve essere un lupo mannaro.

L’assenza di una di queste condizioni rende impossibile una trasformazione che il demonologo francese Jean Bodin (severissimo e intransigente giudice dell’Inquisizione francese del XVI secolo) definiva “certissima”. Ecco come si espresse nel proprio trattato La Dèmonomanie des Sourciers, pubblicato nel 1580:

“La cosa più difficile e incredibile cui credere è la trasformazione della forma e del corpo umano in quello di un animale. Tuttavia i processi tenuti contro le streghe, le storie divine, quelle umane, e le storie di tutti i popoli, provano che è cosa certissima.”

Nè possibile né probabile, attenzione, ma addirittura certissima: con un imprimatur di questo genere, non possiamo che andare avanti serenamente in questa dissertazione sui danni della luna piena.

Un po’ di storia…

 Ora arriva la parte noiosa, ma non saltatela, perché potrebbe servirvi per far bella figura di fronte a un licantropo particolarmente dotto; prima che cominci a mangiarvi, certo…

Il primo autore ad associare la trasformazione licantropica alle fasi lunari è stato probabilmente lo scrittore medioevale Gervasio di Tilbury, ma l’idea è sempre stata legata al mito del lupo mannaro: la luna, infatti, governa la notte e le creature che la abitano, soprattutto i lupi, che all’argenteo disco inchiodato al nero della notte rivolgono il coro dei propri ululati. O almeno così si è sempre raccontato. Secondo una poetica leggenda dei nativi americani, l’ululato dei lupi non sarebbe altro che un commosso ringraziamento alla luna che, all’inizio dei tempi, dilatandosi e diventando proporzionalmente sempre più luminosa, aveva aiutato un capobranco a ritrovare il proprio cucciolo più piccolo, disperso nelle tenebre.

E’ dunque questa la soluzione? Per la trasformazione ci vuole la luna piena perché, secondo il folklore, è a essa che i lupi si rivolgono? Sarebbe troppo facile, sbagliato (i lupi non ululano alla luna), e, soprattutto, esaurirebbe l’articolo in troppo poche righe; per cui vediamo di tagliare più fondo, con il nostro rasoio…

Esiste un altro legame – più solido – tra licantropia e luna, e passa attraverso i deliri dei pazzi, degli insani, dei “lunatici”, appunto. Già i medici romani, ad esempio, nello studiare la licantropia nella sua accezione di malattia nervosa, avevano avanzato l’ipotesi che i raggi lunari causassero crisi cerebrali e, in particolare, fossero responsabili degli attacchi epilettici. Anche il mito se ne convinse: si cominciò a raccontare che Selene, dea della luna, punisse chi peccava contro di lei procurandogli violenti attacchi di epilessia.

Secoli dopo Paracelso scrisse che la luna “aveva il potere di strappar via la ragione dalla mente di un uomo” e, d’altro canto, non possiamo certo scordare che anche Astolfo ritrovò il senno perduto dal paladino Orlando proprio sulla luna.

“Stregati dalla luna” sono dunque coloro che perdono il senno se colpiti dai suoi raggi, romanticamente come nell’omonimo film del 1987 oppure cruentamente come in molti casi di crimini efferati avvenuti durante i pleniluni. I criminologi hanno infatti riscontrato un’incidenza di delitti durante la luna piena molto più elevata rispetto agli altri periodi. La luna, allora, accrescerebbe l’aggressività dell’uomo, soprattutto in soggetti psichicamente deboli?

La gente comune lo ha sempre sospettato; la legge, invece, se n’è occupata assai più di recente. Nel XVIII secolo, il noto giurista inglese sir William Blackstone creò la categoria del “lunatico”, comprendendovi tutti gli autori di crimini la cui capacità d’intendere variava “a seconda delle fasi della luna”. Stimolato da questa imbeccata, il Parlamento inglese varò nel 1845 il Lunacy Act, il cui effetto principale fu quello di mutare lo stato giuridico dei criminali riconosciuti incapaci di intendere e di volere: da comuni delinquenti (da rinchiudere in galera) divennero pazienti da internare (nei manicomi giudiziari). Qualcuno potrebbe obiettare di non scorgere grandi differenze, ma farò finta di nulla…

Nel testo del Lunacy Act si recupera la classificazione di Blackstone, che definiva il “lunatico” come una persona lucida durante le due settimane precedenti il plenilunio e pericolosa nelle successive, riconoscendo dunque giuridicamente i nefasti influssi del nostro satellite sull’equilibrio mentale degli esseri umani. Questa teoria, sebbene zeppa di falle come una vecchia barca, non è mai stata abbandonata del tutto.

Nel 1978, ad esempio, venne dato alle stampe The lunar effect: biological tides and human emotion, testo nel quale l’autore, Arnold Lieber, si impegnava a spiegare al prossimo che l’attività ormonale nel cervello è soggetta all’azione gravitazionale della luna, nell’identica maniera delle maree (qui si spiega il “biological tides” del titolo). Queste “maree biologiche” influenzerebbero le azioni umane che, pertanto, quando la luna è piena, non sarebbero del tutto controllabili, soprattutto da parte di soggetti mentalmente poco lucidi.

Riassumendo, la luna piena influenza in modo negativo il comportamento di alcune persone: ecco perché i licantropi cacciano durante il plenilunio.

Tutta colpa della luna, dunque? Il cantante partenopeo Edoardo Bennato avrebbe scosso malinconicamente il capo, facendo oscillare il voluminoso ciuffo, e si sarebbe calato i Ray-Ban sulla curvatura del naso.

Ma lei è luna. E sa quello che deve fare, lei deve colorare il cielo ed i tuoi sogni di bambina, e addormentarsi lì vicino a te (…) lei deve attraversare i sogni di chi la guarda e si innamora, di chi vuole restare sola con lei”.

Altro che trasformare gli uomini in orripilanti creature selvagge e assetate di sangue.

Così è (se vi pare)

 A proposito di Italia, anche un premio Nobel si è occupato del “male di luna”: Luigi Pirandello, con l’omonima novella pubblicata per la prima volta nel 1913 sul Corriere della Sera e poi inserita nel volume Dal naso al cielo, l’ottavo delle Novelle per un anno.

 Il tema viene affrontato come una “melanconia cerebrale” che costringe il malcapitato a comportarsi periodicamente come un lupo, non tanto pericoloso quanto estremamente fastidioso nella sua vistosa anomalia, e dunque insopportabile per chi gli è accanto. Protagonista è la giovane Sidora, innamorata del cugino perdigiorno Saro ma costretta dalla madre a sposare un tipo taciturno e solitario, un certo Batà, inviso alle comari del paese ma considerato dalla madre di Sidora un buon partito per via delle sue proprietà, che poi si rivelano essere appena una povera cascina circondata da un po’ di terra arsa dal sole e qualche magro animale da soma. Batà è scostante con la gente ma non per indole bensì per la malattia che lo affligge fin dalla nascita, il mal di luna, appunto, e che aveva taciuto alla moglie per vergogna; ma nasconderla non si può, e alla prima luna piena Batà comincia a smaniare.

Con una prosa incredibilmente efficace, Pirandello si destreggia nell’evocare la terribile rabbia di un lupo inferocito senza però mai suggerire che una trasformazione fisica sia davvero avvenuta; perché il suo non è un racconto horror, ma un piccolo spaccato di quotidiane disgrazie umane, di “accidenti” rurali che funestano una campagna già tormentata da siccità e miseria. Batà non è mai stato visitato da un dottore, non lo si sa ma lo si presume, né ha letto trattati di medicina; cerca le ragioni del suo disturbo nella tradizione, e allora racconta che

“la madre, andata a spighe, dormendo su un’aja al sereno, lo aveva tenuto bambino tutta la notte esposto alla luna; e tutta quella notte, lui povero innocente (…) ci aveva giocato con la bella luna, dimenando le gambette, i braccini. E la luna lo aveva incantato”.

Secondo una solida tradizione popolare, infatti, per diventare un licantropo sarebbe sufficiente dormire in aperta campagna e a volto scoperto sotto la luna piena. Nelle campagne intorno a Palermo, si specificano anche i giorni “giusti” in cui questo deve accadere: mercoledì o venerdì; per non restare “allunati”, però, basta coprirsi volto e occhi con un mantello. Chi non è stato così accorto, ogni notte di luna piena sarà costretto a rotolarsi nella polvere o nel fango, colto da dolori atroci, e, ululando come un lupo, si metterà a correre a quattro zampe.

Tutto ciò mi fa venire in mente che sarebbe interessante parlare un po’ delle leggende italiane sui lupi mannari, ma questo ci allontanerebbe fatalmente dall’argomento principe di questa “rasoiata”: la luna. Magari lo faremo in futuro.

Il cinema dei lupi

 Ora torniamo alla luna: l’avevamo lasciata splendente, nel cielo, a chiedersi se davvero è in grado di trasformare un uomo in un lupo. Perché, a onor del vero, tutti coloro di cui abbiamo parlato finora, possono anche essere stati influenzati dalla luna piena nel loro comportamento, ma non uno solo si è trasformato in una bestia zannuta e pelosa.  Ma è qui che sfodero il mio asso nella manica, e cioè la prova provata dei veri poteri della luna piena: esistono dei filmati che dimostrano, al di là di ogni ragionevole dubbio, che essa trasforma le persone.

Si tratta dei film sui lupi mannari. Suvvia, lo abbiamo visto con i nostri stessi occhi, al cinema, e il cinema non mente mai!

La trasformazione al chiar di luna (piena) ci viene mostrata, per esempio, sia ne “L’Uomo Lupo” (1941, George Waggner) che nel suo remake (beh, se no che remake sarebbe stato?), girato nel 2010 da Joe Johnston. La racconta anche Stephen King (e al Re del Brivido non si può certo non credere: sarebbe lesa maestà!) nel suo fulminante romanzo breve “Unico indizio la luna piena” (1983), poi trasformato in film da Daniel Attias nel 1985. Ancora, la vediamo nello sconvolgente e sinceramente terrificante “Dog Soldiers” di Neil Marshall (2002), ma anche in quello che è forse il miglior film sui licantropi della storia del cinema: “Un lupo mannaro americano a Londra”, diretto da John Landis nel 1981.

La magia della pellicola sta in gran parte nella stupefacente trasformazione a vista del protagonista, David, trasformazione effettuata direttamente davanti alla macchina da presa grazie a tutta una serie di trucchi geniali. Il muso del licantropo che si allunga, ad esempio, venne creato usando maschere di un materiale innovativo (elastomero uretano altamente plastificato, o almeno così dichiara Rick Baker, il geniale curatore degli effetti speciali del film, in un’intervista); bastò dunque riprendere il muso del lupo mentre la gomma si espandeva.

Per gli arti, mani e piedi, si ricorse invece a protesi meccaniche i cui inserti venivano abilmente “tagliati” fuori dall’inquadratura. Landis, in sostanza, chiese a Baker un mezzo miracolo, una trasformazione in diretta e in piena luce “fluorescente e cruda”, senza che si potesse nascondere nulla né oscurarlo, ma il truccatore fu ampiamente all’altezza del compito: i risultati parlano da soli.

In conclusione

 La luna ti cambia dentro: questo ormai è chiaro a tutti. Prendete per esempio Armstrong, il primo a metterci piede (nel 1969, come detto in apertura): dopo che è stato sulla luna, nessuno lo ha più sentito suonare la tromba. Una coincidenza? Io non credo.

 

E ricordate: L’unico modo per andare a fondo alle cose… è tagliarle! Arrivederci alla prossima rasoiata…