Intervista a Lorenzo Silva: il Deus Ex Machina di Horrible Games

Intervista a Lorenzo Silva, fondatore e CEO di Horrible Games. Scopriamo l'azienda ed in anteprima i progetti per il futuro!

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a cura di Roberto Richero

Lorenzo Silva, classe 1982, corso di studi in Scienze Naturali ma background artistico, co-fondatore nel 2009 di Cranio Creations, decide nel 2014 di aprire una nuova casa editrice di giochi da tavolo, la Horrible Games.

TantaCON2019 è stata l’occasione per parlare un po’ con Lorenzo e fargli qualche domanda sul mondo dei giochi, visto dall'interno.

Grazie Lorenzo per il tempo che ci dedichi proprio durante l’evento (quest’intervista ha ritardato la Gara degli Unicorni NdR). Partiamo subito con una domanda difficile: come ci si sente a soli 37 anni ad aver fondato due realtà importanti nel mondo dei giochi da tavolo in Italia come Cranio Creations e Horrible Games?

In effetti è una cosa a cui non faccio molto caso: per me questa è la mia vita, è normale fare quello che faccio e non mi sono mai fermato a pensare che fosse qualcosa di particolare, però capisco che dall'esterno possa sembrare una cosa molto particolare, diversa: nel 2009 quando insieme a Lorenzo (Tucci Sorrentino NdR) abbiamo fondato Cranio Creations sapevo che questo era il lavoro che volevo fare, ovviamente senza sapere come sarebbe andata.

Nel 2014 ci siamo resi conto che volevamo crescere in modo diverso e quindi ho deciso di aprire una nuova realtà. È stata una separazione molto serena e siamo rimasti in ottimi rapporti, tant'è che ora Horrible Games sta lavorando sul rifacimento di Horse Fever, il nostro primo gioco, e sarà Cranio a distribuirlo. Oggi ci sono anche dei ragazzi di Cranio qui alla CON. Ci tengo a precisare che non è tutto rosa e fiori: è un lavoro duro, continuo e non si stacca mai. Il gioco, in senso stretto, è solo una parte del lavoro; quando c’è di mezzo un’azienda ci sono anche tanti altri aspetti da considerare: contratti, dipendenti, paghe…

Quindi nel 2014 decidi di seguire la tua strada e fondi la Horrible Games. La domanda è spontanea, e credo te l’avranno già fatta mille volte: perché la scelta è caduta proprio sul termine Horrible?

[ride] È una parola scelta con due scopi: da una parte doveva spiccare, essere memorabile. Quando qualcuno sente Horrible Games automaticamente si chiede “Ma questi cosa fanno?”… bisognava attirare l’attenzione. Dall’altra esprime tutta la goliardia, l’autoironia che mettiamo nel lavoro: ci mettiamo in gioco, non siamo seriosi, vogliamo divertirci e divertire. Questi aspetti sono nel nostro DNA e si riflettono anche in questo evento che non è solo un evento promozionale, ma anche e soprattutto un modo per divertirsi (stiamo per partire con la corsa degli unicorni), promuovere il gioco in generale, fare network.

Il fatto che non sia stato scelto a caso, unito a quello che abbiamo visto qui oggi, in termini di prototipi, di idee e di organizzazione, fa capire che hai una strategia, un progetto per Horrible Games.

Sì. Principalmente noi vogliamo innovare il gioco ed esplorare nuove frontiere. Lo abbiamo fatto fin da subito e continuiamo a farlo: sia con elementi fisici come le biglie in Pozioni Esplosive e la plastilina in Fantastiq, sia con la grafica, sia con il gameplay. Non ci vogliamo imporre limiti di genere o di target: qualsiasi idea ci sembri vincente la portiamo avanti, sempre con il massimo impegno. Quest’anno alla TentaCON direi che abbiamo due esempi significativi: due giochi che saranno presentati a Essen e Lucca ad ottobre, da una parte Similo, gioco di carte a basso prezzo, party game per giocatori occasionali, e dall’altra The King’s Dilemma, gioco legacy per giocatori hard core ad alto investimento.

Cosa comporta questa ricerca di elementi nuovi?

Sicuramente sforzi e rischi. Quando abbiamo deciso di inserire i pennarelli con cancellino in Railroad Ink abbiamo avuto qualche problema all'avvio; la plastilina di Fantastiq non è stata facile da trovare: non potevamo usare prodotti qualsiasi, pena vendere un gioco che dopo pochi mesi sarebbe risultato inutilizzabile. Quando fai da apripista e vedi poi le tue idee riprese da altri è sempre un sentimento misto: ne sei orgoglioso e allo stesso tempo un po’ ti dispiace.

Non vi date vincoli di genere o target, hai detto. Perché? Molti cercano un’identità proprio su questi aspetti.

Da una parte perché crediamo nel gioco a 360 gradi: specializzarsi implica solo precludersi aspetti di un mondo molto variegato; dall'altra perché il mercato si sta sviluppando in una direzione ben precisa: escono oramai milleseicento giochi ogni anno ed il mercato ha quindi un’offerta molto molto ampia. Il ciclo di vita stesso dei giochi è cambiato di conseguenza: un gioco medio non ha più una vita di circa un anno, ma oramai di soli tre mesi. I grandi titoli arrivano a cicli di uno-tre anni al massimo. Pensare di rimanere su un solo segmento non ha più molto senso, soprattutto per società delle nostre dimensioni.

Da questo punto di vista voi siete già presenti anche all'estero, il mercato internazionale aiuta?

Il mercato internazionale è importantissimo e per affrontarlo è importantissimo il ruolo dei partner. Noi preferiamo lavorare con distributori più piccoli: questo ci permette di avere un rapporto più stretto, meno “formale”, e soprattutto ci garantisce un’attenzione maggiore da parte del partner. Al momento i nostri principali distributori sono Ghenos in Italia, Luma Games per il Nord America e Heidelbaer per la Germania.

Un distributore che ha un catalogo di centinaia di titoli, alcuni magari in sovrapposizione con quello che stai proponendo, porrà un’attenzione minore al tuo prodotto. Un partner di dimensioni più contenute sarà più invogliato ad investire sul tuo gioco al fine di valorizzare la tua idea e questo, proprio per l’innumerevole quantità di prodotti nuovi, è fondamentale per il successo. Il successo di un gioco lo determinano idea ed originalità ma la visibilità è indispensabile per avviare le vendite. Le fiere sono importantissime in questo senso.

Quanto aiutano i siti di riferimento, Boardgamegeek su tutti?

Dipende. I voti li guardano soprattutto gli appassionati, che si informano molto prima di acquistare; effetto questo dovuto ancora una volta alla quantità di offerta. Un voto è tanto più importante quanto il gioco è per un target specifico e tanto più il gioco è costoso; un 7.5 invece di un 8 può avere un impatto importante sulle vendite. Il gioco ad alta diffusione, magari venduto attraverso canali non specializzati come supermercati o grosse catene di rivendita, risente molto meno di questi aspetti.

A proposito di canali, come vi ponete nei confronti di Kickstarter, che oramai è un veicolo importante nel mondo dei giochi?

Abbiamo usato Kickstarter solo due volte, fino ad oggi. La prima volta per Alone e la seconda volta per la sua ristampa, con elementi aggiuntivi. Molto spesso si pensa che Kickstarter permetta di lavorare con un minore rischio di investimento sui progetti; in realtà questo non è sempre vero. Alone ha avuto una gestazione di diversi anni, e solo alla fine siamo approdati sulla piattaforma di crowdfounding: il grosso del lavoro era già stato fatto. In futuro comunque vogliamo usarlo di più; questo perché ha delle caratteristiche importanti che vorremmo riuscire a sfruttare: fornisce molta indipendenza rispetto alla scelta dei progetti da perseguire, inoltre è molto seguito dagli appassionati e quindi è un canale diretto. Allo stesso tempo è una vetrina importante che ci aiuta, soprattutto considerando che la nostra idea è quella di non usarlo come strumento alternativo ai nostri distributori standard: dovrebbe essere invece un canale che si affianca.

Stiamo ancora studiando come usarlo, ma vorremmo evitare l’uso smodato di Stretch Goal che tanto va di moda, per cercare di dare un prodotto che sia uguale a quello che poi verrà distribuito nei negozi, lavorando invece sugli add-on. Nel 2020 vorremmo provare ad usarlo per Unicorn Fever e Vampire: the Masquerade – Vendetta, il nostro primo gioco su licenza.

Ultima domanda. Ci parli un po’ di The King’s Dilemma? È il fiore all'occhiello di questo evento e da quello che abbiamo capito nasconde un lavoro importante fatto da Horrible Games. C’è qualcosa che vuoi condividere con noi?

The King’s Dilemma rappresenta l’ultima incarnazione della nostra idea di provare qualsiasi genere, sempre con il massimo impegno e cercando di rilasciare un prodotto della massima qualità. È il nostro primo legacy, ma siamo andati oltre, costruendo un sistema di gioco nuovo, che si integrasse con la componente narrativa che, per noi, era il punto di partenza. Costruire un gioco in cui i partecipanti fossero i protagonisti, in un viaggio coinvolgente che lasciasse il segno. È stato un processo creativo completamente diverso da tutti i precedenti dove la coerenza fra meccaniche e ambientazione ci ha fatto soffrire: dopo due anni di lavoro abbiamo capito che le meccaniche erano bellissime, ma non sostenevano la parte narrativa e di storia, non c’era quella sinergia che serviva. Abbiamo buttato tutto e siamo ripartiti da capo: oggi il gioco è completo ed è passato un altro anno e mezzo.

Un po’ come faceva la Blizzard, Gameplay First.

Sì, è importantissimo. Questo ha significato anche molte altre cose. Abbiamo fatto realizzare novanta illustrazioni ad alta qualità, pur sapendo che alcune di queste potrebbero non essere mai viste dai giocatori, perché esclusivamente usate in capitoli della storia in cui i giocatori, data la natura “a bivi” del gioco, a seconda delle scelte che faranno durante la partita, non arriveranno mai.

Abbiamo realizzato ben tre software di appoggio: uno per la verifica dei testi e della coerenza delle storie, uno per il calcolo delle probabilità degli eventi ed infine un terzo, che servirà dall’uscita del gioco per il supporto ai giocatori. Il gioco è stato progettato per non avere vicoli ciechi ma è possibile commettere errori, giocando, e può essere che un errore non sia notato se non qualche partita dopo: in questo caso il software, ponendo ai giocatori alcune domande specifiche, è in grado di calcolare in quale punto abbiano commesso un errore e fornirà loro la soluzione per uscire dall’empasse.

Dietro questo prodotto c’è quindi un lavoro impressionante…

Sì. È stata una decisione importante, probabilmente non ci eravamo nemmeno resi conto completamente di quanto fosse complesso e lungo. Lo stesso processo di localizzazione e traduzione si è rivelato molto più impegnativo rispetto a ogni esperienza passata.

Mi sembra che le premesse per un prodotto di qualità ci siano tutte. Non vediamo l’ora di avvistarlo sugli scaffali di tutti i negozi vicino agli altri prodotti Horrible Games. Grazie per la disponibilità e per il tempo concesso. Andiamo a vedere la gara degli unicorni…

Grazie a voi. Vado a prepararmi che partecipo alla gara; ci vediamo l’anno prossimo alla TentaCON 2020.
Siete curiosi di scoprire i giochi Horrible Games? Sono tutti disponibili a portata di click.