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La società dei draghi del tè: la recensione del fumetto saldaPress dedicato ai più piccoli

Saldapress presenta La società dei draghi del tè: un prodotto per avvicinare i giovani lettori al mondo dei fumetti con un’opera meritevole pensata con una certa attenzione alla sensibilità dei più piccoli

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Avatar di Manuel Enrico

a cura di Manuel Enrico

Pubblicato il 05/12/2019 alle 10:45

Non di soli alieni e sparatorie vive saldaPress, casa editrice che negli ultimi tempi abbiamo apprezzato per prodotti come Robocop: Vivo o morto e Die!Die!Die!. Nel variegato catalogo di saldaPress, infatti, trovano spazio anche delle pubblicazioni più delicate, come Brindille, ed opere dedicate a lettori più giovani.  A quest’ultima categoria appartiene La società dei draghi del tè.

Avvicinare giovani lettori al mondo dei fumetti è un’opera meritevole, che deve essere fatta, però, con una certa attenzione alla sensibilità dei più piccoli. Un delicato gioco di incastri tra storia e impatto visivo che deve incuriosire i lettori del domandi stuzzicandoli con stimoli che siano facilmente ricevibili. Katie O’Neill, autrice di La società dei draghi del tè, sembra padroneggiare bene questi aspetti della narrazione, costruendo un mondo magico con cui offrire insegnamenti ad un pubblico a cavallo tra infanzia e adolescenza.

Giovani apprendisti, draghi e bevande magiche

Greta è destinata ad esser un fabbro, proprio come la madre. Intenzionata a seguire le orme materne, Greta si dedica a questo apprendistato, sino al giorno in cui incontra una creaturina perduta. L’esserino si rivela esser un raro drago del tè, e quando Greta lo riporta al suo custode entra in un mondo che non avrebbe mai immaginato.

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I draghi del tè sono una razza molto particolare, dato che grazie alle loro peculiari foglie consentono di creare una bevanda capace di svelare a chi la sorseggia i ricordi che gli animaletti hanno vissuto con i propri padroni. Saper accudire un drago del tè e preparare il magico infuso sono arti complesse da padroneggiare, ma Greta rimane affascinata da questo modo magico, impegnandosi per diventare una custode.

Per raggiungere il suo scopo, Greta verrà istruita da Hesekiel e Erik, proprietari della bottega del tè e custodi di draghi, che dopo una vita da avventurieri hanno deciso di vivere un’esistenza più tranquilla. In questa bottega, Greta troverà anche un’amica particolare, Minette.

La società dei draghi del tè, una storia con due anime

La società dei draghi del tè parte da uno spunto originale decisamente interessante. L’idea di utilizzare un elemento che avvicini individui diversi condividendo le esperienze passate è una dinamica avvincente con cui mostrare una voglia di superare barriere e avvicinare le persone. La narrazione della O’Neill è ricca di queste spinte, vuole esser un messaggio di apertura e non nasconde questo sua intenzione, anche arrivando al punto di perdere parte della solidità narrativa. E qui, forse, si incontra la prima netta separazione anagrafica tra chi legge e il pubblico a cui è rivolto il volume.

Il difetto principale de La società dei draghi del tè, per un lettore adulto, è quello di non avere dato maggior consistenza a figure chiave della trama, in primis la stessa protagonista. Introdurre un personaggio in media res può essere un buon espediente per generare curiosità nel lettore, ma diventa poi necessario fare luce su un background che ne caratterizzi gli aspetti essenziali. Una mancanza di profondità che si estende anche a Minette, figura particolarmente ispirata ma che rimane vagamente tratteggiata, senza una definizione che ne mostri l’essenza più pura. Al punto che si potrebbe quasi riscontrare un’eccessiva lunghezza della storia, che si sarebbe potuta condensare in meno pagine, per non dare la sensazione di essere di fronte ad un’eccessiva introduzione alla piccola guida alla creazione dei tè presente in fondo al volume.

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Questa critica nasce dall’abitudine ad un fumetto ‘adulto’ in cui tutte queste dinamiche sono utilizzate al meglio per dare maggior consistenza ad una storia, ma un lettore giovanissimo ha davvero bisogno di questi elementi per apprezzare e comprendere le forze ispiratrici de La società dei draghi del tè? Credo di no.

Specialmente nell’infanzia l’emotività è più spontanea e meno vincolata a delle gabbie che vengono quasi naturali con l’età. La società dei draghi del tè non ha una solidità narrativa basata sulla conoscenza di passati o vissuti, li utilizza come strumenti per avvicinare le persone, ma basa la propria essenza sul vivere le emozioni in modo istintivo, sincero, senza canoni da rispettare ma con il semplice scambio di una parola o di un sorriso

Ed ecco che l’assenza di un background solido dei personaggi viene colmato dal loro modo di gustarsi le emozioni in modo naturale. Una scelta narrativa che, ironicamente, trova la sua piena espressione in uno dei momenti chiave de La società dei draghi del tè, ovvero il racconto dell’avventuroso passato di Hesekiel e Erik. In questo istante si può vedere come non sia tanto il passato di un individuo quanto la scelta di come vivere le proprie emozioni a definire la persona.

Una storia di apertura e sentimenti

La O’Neill è insolitamente brava ad inserire elementi come l’accettazione dell’altro e la presenza di amore, amicizia ed apertura in una storia rivolta ad un giovane pubblico. Si tratta di un racconto emotivo sincero e puro, che vede nei protagonisti un modo di prendere vita, senza preoccuparsi di una spiegazione o di una strutturazione più complessa. Che sarebbe necessaria ad un pubblico adulto per poter esser maggior apprezzata.

Alla sensibilità infantile e della prima adolescenza basta la delicatezza con cui la O’Neill dona vita al suo mondo. Un tratto morbido e dolce, privo di spigoli e con una colorazione semplice ma mai banale, mira a dare al tutto una sensazione di poetica tenerezza, sia nelle movenze e nelle espressioni dei personaggi, che nella realizzazione dei veri protagonisti, i draghi. Abituati a concepirli come animali possenti, a volte malvagi altre di nobile spirito, vederli in una dimensione così tenera e delicata sorprende, rendendoli delle creature fragili bisognose di attenzione.

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Dopo la lettura de La società dei draghi del tè ammetto di esser stato diviso su come giudicare il volume di saldaPress. A darmi la soluzione è stato il modo in cui la mia nipotina di sette anni ha divorato con gli occhi le belle immagine della O’Neill, oltre al modo in cui si è persa nella storia e ne ha parlato per qualche giorno, facendo domande e immaginando come sarebbe stato avere un draghetto con quei poteri come amico. Se un volume riesce a far breccia nel cuore di una bimba come è riuscito a fare La società dei draghi del tè, allora bisogna riconoscere a saldaPress di aver giustamente dato fiducia ad una storia che potrebbe deludere gli adulti, ma esser essenziale per l’emotività e la fantasia dei più piccoli.

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