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Sulle orme di Jack lo Squartatore: 130 anni di film, giochi e fumetti

In concomitanza dei 130 anni dall'ultimo omicidio di Jack lo Squartatore abbiamo deciso di analizzare alcune delle opere che maggiormente hanno tratto ispirazione dalla figura del noto serial killer londinese.

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Avatar di Lorenzo Quadrini

a cura di Lorenzo Quadrini

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Pubblicato il 27/01/2019 alle 10:30

Il 9 novembre del 1888, a Whitechapel - nella modesta stanza in affitto che utilizzava come abitazione - venne trovato il corpo orribilmente mutilato di Mary Jane Kelly, ultima delle cinque vittime accertate di Jack lo Squartatore. Il torso aperto e parzialmente vuotato degli organi interni, la faccia completamente sfigurata: questo fu, in apparenza, l’ultimo macabro lascito dell’assassino più famoso di tutti i tempi.

A distanza di anni però, sussistono ancora molti dubbi circa la natura del killer, nonché circa il numero effettivo di vittime. Nel luglio del 1889 infatti Alice McKenzie venne trovata esanime in un vicolo, la gola recisa e il corpo parzialmente mutilato. Si tratta di uno dei casi più dubbi e plausibilmente più corrispondenti al modus operandi di Jack. Per questo motivo, in concomitanza dei 130 anni (che si voglia contare il 1888 o il 1889) dall’ultimo omicidio, abbiamo deciso di dedicare un articolo alla figura del noto omicida, il quale ha influenzato non solo la cronaca nera dell’epoca, ma anche decine di altri medium, dalla letteratura fino al cinema e i videogiochi.

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Chiaramente si deve prendere le distanze da personaggi di questo tipo i quali, pur scatenando una particolare curiosità nel pubblico e nella fantasia di svariati autori, hanno compiuto gesta deprecabili e, si spera, mai più ripetibili.

La vera storia di Jack

Jack the Ripper agì principalmente a Whitechapel, quartiere dell’East End londinese e cuore pulsante della metropoli vittoriana. Il sobborgo popolare rappresentava il terreno più adatto per le azioni del killer, il quale infierì sempre e solo sulle prostitute, con una scelta che, a prescindere dagli eventuali risvolti psicologici, palesava una pianificazione diabolicamente scaltra. La prostituta, soprattutto nell’epoca vittoriana - nota già da Dickens per lo scarso interesse, ai limiti del disprezzo, che veniva attribuito alle classi povere - era un obiettivo che non scomodava le alte sfere, permettendo al killer di agire quasi indisturbato. Certo, l’efferatezza dei crimini e il breve intervallo di tempo entro il quale gli stessi vennero concatenati finirono per destare l’opinione pubblica, ma al tempo stesso gli sforzi della polizia non poterono definirsi fruttuosi.

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Come già accennato, tra l’autunno e l’estate del 1888, Jack recise la gola di ben cinque donne, per poi mutilarne in maniera macabra le spoglie, infierendo sui genitali ed asportando per poi posizionare, quasi come in un rituale, alcuni organi interni. L’incapacità della polizia, che si affacciava solo in quegli anni ad un approccio metodologico moderno, spinse ad un primo sforzo nel tentativo di formulare un profilo criminale che potesse risalire all’identità del killer. In tal senso di grande importanza fu il parere del medico forense Thomas Bond, che descrisse lo Squartatore come un misogino, con evidenti disturbi sessuali (la cosiddetta “satiriasi”) mascherati però da un atteggiamento imperturbabile.

In parte anche per nascondere il tremendo buco nell’acqua delle istituzioni inglesi, Jack venne considerato come un soggetto di buona estrazione sociale, intelligente e ben vestito. Un individuo, quindi, ben capace di gabbare Scotland Yard. Al caso collaborò anche Joseph Bell, medico e insegnante del più noto Conan Doyle, il quale si ispirò proprio al suo mentore per la caratterizzazione di Sherlock Holmes. In tempi contemporanei l’FBI - che per prima ha adottato la figura del profiler per combattere gli omicidi seriali - ha descritto Jack the Ripper come un uomo di pelle bianca, giovane, di modesta estrazione sociale e con un evidente difetto fisico, tale da dover giustificare gli accessi di rabbia incontrollata e violenta.

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A partire dal 2014 alcune analisi condotte su uno scialle attribuito alla quarta vittima di Jack, rivenduto durante un’asta, condussero ad accusare un immigrato polacco, Aaron Kominski, già sospettato ai tempi degli omicidi. In realtà, sebbene la stampa - anche italiana - abbia accarezzato per mesi l’idea che i potenti mezzi scientifici del 21 secolo avessero incastrato the Ripper, quasi tutti gli esperti hanno avanzato non pochi dubbi sia sulla serietà delle analisi del DNA, sia sul profilo criminale di Kominski. Con ogni probabilità quindi, il vero Jack lo Squartatore è ancora “a piede libero”, almeno per quel che concerne le condanne dei posteri.

La narrativa dello Squartatore

Nonostante l’orrorifica modalità con la quale il serial killer ha operato alla fine del 1800, non si può negare alla sua figura l’incredibile capacità di aver influenzato la fantasia di numerosi artisti dell’epoca e contemporanei, i quali hanno trovato in Jack una fortissima ispirazione. Una prima menzione va alla pletora di romanzi che hanno preso di peso il personaggio, sfruttandolo come antagonista principale all’interno dell’opera. Sagittarius (1962) di Ray Russell, White Chappell, Scarlet Tracings (1987) di Iain Sinclair e The Pit (1993) di Neil Penswick sono solo alcuni della lunga lista appena citata.

Con un approccio leggermente diverso, ispirandosi in parte alle tre lettere attribuite all’omicida (vi invitiamo a leggerne il testo integrale e tradotto sulla pagina Wikipedia dedicata), si mosse il genio del fumetto Alan Moore. From Hell, graphic novel che deve il suo nome all’omonima (pur se probabilmente falsa) terza lettera dello Squartatore, introduce un punto di vista fantasioso, inesatto ma anche dolorosamente efficace per quel che concerne l’analisi e la critica alla società vittoriana.

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Nel lavoro di Moore i numerosi assassinii vengono collegati non alla “semplice” follia di uno squilibrato, ma ad un più complesso e oscuro complotto, coinvolgente la stessa casa Reale. Il fumetto, che potrebbe essere grossolanamente diviso lungo due distinti punti di vista, offre sia uno spaccato delle idiosincrasie della Londra vittoriana, tanto appariscente quanto moralmente vuota, sia un’analisi profonda - pur se molto romanzata - della biografia di William Gull, parzialmente usato da Moore come vera e propria incarnazione delle ingiustizie sociali dell’epoca.

Al complesso lavoro di From Hell, uscito tra il 1991 e il 1996, fece da contraltare il film omonimo (ma tradotto in italiano come La vera storia di Jack lo Squartatore). La pellicola, che vedeva come protagonista assoluto un Johnny Depp in stato di grazia, fu un buon successo commerciale ma non volle riproporre, se non superficialmente, nessuno dei profondi temi affrontati da Moore, preferendo attestarsi sui più classici binari del genere thriller. Pur rimanendo un film godibile, anche grazie all’ottima fotografia, risulta indubbiamente una delle opere di fantasia meno ispirate per quel che concerne la figura di Jack.

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L'influenza di Jack sul gioco

Jack the Ripper, grazie anche alla particolare narrativa creatasi attorno alla sua (probabilmente distorta) figura, compare in moltissimi board game. D’altronde l’innegabile fascino del periodo vittoriano, trasformatosi oggi in uno stravagante mix di elementi gotici ed esoterici, è tanto scorretto quanto efficace.

Tra i più meritevoli di essere giocati spicca indubbiamente Lettere da Whitechapel, boardgame italiano (ma prodotto e pubblicato anche all’estero) nel quale i giocatori, da 2 a 6, possono impersonificare Jack o la polizia. Gli obiettivi sono, chiaramente, compiere i 5 omicidi senza essere catturati o alternativamente catturare il killer prima che compia tutti i delitti. Il titolo presenta un interessantissimo gameplay, basato sulla scelta nascosta del proprio percorso e delle proprie vittime, alternato al tentativo di stendere una “rete” di cattura efficace.

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Molto interessante, anche se sicuramente meno originale, è anche Mystery Rummy: Jack the Ripper. Come suggerisce il nome, il gioco propone una variante del più generico e conosciuto Rummy, ovverosia il classico Ramino. Si tratta quindi di un card-game, attraverso il quale i giocatori devono costruire un “caso” per poter incastrare il noto serial killer. Mettendo da parte i semi e introducendo invece dei set ad hoc, quali i sospettati, le vittime e le prove, lo scopo del titolo rimane pur sempre scendere per primi la propria mano, battendo in velocità l’avversario.

Una menzione finale va fatta anche al medium più diffuso del momento, quello del videogioco, che non ha mancato di trattare ed elaborare, a suo modo, la figura del noto serial killer. Una prima avventura grafica, uscita nel 1987 per Commodore 64 e ZX Spectrum, intitolata Jack the Ripper, rimane ad oggi nota non tanto per la qualità del gameplay quanto per essere stato il primo gioco in assoluto a ricevere un bollino di “vietato ai minori di 18 anni” dalla British Board of Film Classification.

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In Shadowman, uno dei giochi più importanti della generazione del Nintendo 64 e PlayStation 1, Jack the Ripper è l’antagonista principale, che si staglia contro il protagonista omonimo in un vero e proprio delirio fatto di azione, misteri e magia Vodoo. Un vero e proprio classico senza tempo, nel quale la figura dell’assassino vittoriano si inserisce come un tassello perfetto, nonostante la notevole differenza con le vicende reali. Il personaggio compare infine anche in numerose altre opere, pur magari non rivestendo la stessa importanza (tra questi si segnala il DLC dedicato di Assassin’s Creed Syndicate, uno dei boss di Splatterhouse e il nemico-coccodrillo di Medi-Evil 2).

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